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“Figli di…”, l’importanza di chiamarsi ‘Ancelotti’: Carlo e Davide, una panchina per due e il sogno di Anfield

Mediagol22

Carlo Ancelotti è un educatore e, alla base del suo pensiero, che sia di padre, calciatore o allenatore, c'è prima di tutto la famiglia. Una famiglia che, in realtà, non è intesa come strettamente connessa ai legami di sangue, ma che si estende a tutti coloro con i quali egli ha instaurato in questi anni un filo rosso conduttore indissolubile.

Carletto nasce a Reggiolo, in provincia di Reggio Emilia, il 10 giugno 1959 da mamma Cecilia, che faceva la casalinga, e papà Giuseppe, un mezzadro che in campagna si spaccava la schiena per portare a casa il pane. In un ambiente umile, talvolta economicamente indigente ma ricco di significati, il ragazzino e la sorella Angela crescono raccogliendo valori e testimonianze di vita, che anni dopo riporteranno ai loro figli con orgoglio.

[quote_regular name="" icon_quote="no"]È la cultura contadina che mi hanno impartito mio padre Giuseppe e mia madre Cecilia. Loro mi hanno insegnato a tenere sempre i piedi ben piantati per terra, ad apprezzare i valori forti della vita a cominciare dal lavoro, quello lo stagionale che ti viene pagato dopo dodici mesi. Anche nel calcio raccogli i frutti dopo un anno, quindi io aspetto sereno[/quote_regular]

Il giovane di casa Ancelotti frequenta le scuole elementari e medie nel paese d'origine, mentre studia per i primi due anni delle superiori all'istituto tecnico di Modena, per poi trasferirsi nel collegio dei salesiani a Parma, dove continua ad assimilare una disciplina rigida ma educativa. A Roma, infine, consegue il diploma di perito elettronico, ma sa già che quella non è la sua strada. A far vagare il ragazzo da una città all'altra, seppur senza mai abbandonare gli studi, infatti, è una passione ben precisa: il calcio. Carlo inizia a giocare come centrocampista nella squadra di Reggiolo, dove entra a far parte della formazione Juniores, ma a soli sedici anni si ritrova già tra le fila del Parma, club con cui esordisce in Serie C nella stagione 1976-77. Nelle due annate successive egli diviene, collezionando 55 presenze e 13 reti da attaccante arretrato alle spalle delle punte di ruolo, un tassello fondamentale nella formazione crociata guidata da Cesare Maldini, che conquista anche la promozione. Nella serie cadetta, tuttavia, la neo-promessa non giocherà mai, poiché a contendersela sono Inter e Roma, due squadre che militano nei massimi livelli del calcio italiano.

Al termine di una trattativa estenuante, ad aggiudicarsi il giocatore sono i giallorossi, che versano nelle casse del club crociato 750 milioni di lire per la metà del cartellino. Carletto, ad appena vent'anni, esordisce il 16 settembre 1979 tra i grandi della Serie A come mediano, in una posizione arretrata che ne esalta le doti, in occasione di un match contro il Milan, squadra che da avversario gli concesse una prima gioia ma che pochi anni dopo gliene avrebbe regalato molte altre. Con la maglia dei Capitolini, che ha vestito per otto lunghe stagioni portando al braccio anche la fascia di capitano, il talento della famiglia Ancelotti conquista uno scudetto e quattro Coppe Italia, seppur afflitto da numerosi infortuni al ginocchio e con una sigaretta spesso accesa.

[quote_regular name="" icon_quote="no"]Ad inizio carriera alla Roma mi infortunai seriamente e mia madre mi disse che se non avessi più potuto giocare un posto per me nella lavorazione del latte ci sarebbe sempre stato. Il destino ha voluto che tornassi più forte di prima[/quote_regular]

Nel 1987, il Milan, proprio la squadra contro la quale aveva esordito nella massima serie, lo preleva dai capitolini per una cifra pari a 5,8 miliardi di lire. Il club di via Aldo Rossi diviene terra fertile per il mediano, che con la maglia rossonera, in cinque stagioni, conquista due scudetti, una Supercoppa italiana, due Coppe dei Campioni, una Coppa Intercontinentale e una Supercoppa europea. A trentatré anni, infine, chiude la sua carriera da giocatore.

Carletto, però, non riesce a stare lontano dai campi, tanto che soltanto pochi mesi dopo aver appeso le scarpette al chiodo inizia la carriera di allenatore, come vice di Arrigo Sacchi alla guida della nazionale italiana, avventura da apprendista che dura tre annate. La sua carriera da tecnico, tuttavia, è destinata ad avere inizio nella terra d'origine della famiglia Ancelotti: nel 1995 l'ex giocatore si pone alla guida della Reggiana, in Serie B, panchina dalla quale, dopo una sconfitta contro il Pescara e quattro gol subiti, si rivolge al suo vice esclamando: “Ho deciso, smetto”, ma – per fortuna – non lo farà mai, e chissà se ci abbia mai ripensato nei mesi e negli anni successivi, a partire dalla promozione nella massima serie conquistata con i granata. La stagione seguente si ritrova al Parma e, in due anni, conduce gli emiliani a qualificarsi in Champions League prima e in Europa League dopo, entrando nella storia del club.

[quote_regular name="" icon_quote="no"]L'allenatore di calcio è il più bel mestiere al mondo, peccato che ci siano le partite[/quote_regular]

Al termine dell'avventura con i crociati, Carlo Ancelotti tenta di fare il salto di qualità, forse azzardato o fin troppo sfortunato, subentrando in corsa a Marcello Lippi nel 1999 alla guida della Juventus. Qualcosa, fin dall'inizio, va storto: mai apprezzato dai tifosi, i quali lo accolsero con uno striscione con scritto “Un maiale non può allenare” e lo contestavano per i trascorsi da giocatore alla Roma e al Milan, l'allenatore sosta sulla panchina del club di Torino soltanto 853 giorni, con il timore continuo che essi possano dare una brutta svolta alla sua carriera o incepparla. Una delusione dopo l'altra: la semifinale di Champions League persa contro il Manchester United, il quinto posto in campionato che condusse allo spareggio – perso – di fine campionato contro l'Udinese, la vittoria della Coppa Intertoto contro i rumeni del Ceahlaul Peatra Neamt che condusse la squadra in Europa League, qualificazione vanificata soltanto pochi mesi dopo, quando i bianconeri subirono una rimonta agli ottavi per mano degli spagnoli del Celta Vigo e vennero eliminati dalla competizione. Nelle due annate successive la Juventus colleziona due secondi posti in campionato, alle spalle della Lazio prima e della Roma dopo. L'apice negativo della storia tra le due parti, tuttavia, si ha a settembre del 2000 in Grecia, quando i bianconeri, già eliminati in Coppa Italia dal Brescia, vengono annientati dal Panathinaikos, posizionandosi all'ultimo posto del girone di Champions League e mancando, dunque, anche la retrocessione in Europa League. Dopo quella che i giornali definirono “tragedia greca”, Carlo Ancelotti presenta le dimissioni alla dirigenza bianconera, che tuttavia lo convince a tornare sui suoi passi e a restare – alla ricerca di uno scudetto che non conquisterà mai – fino a giugno, quando gli fece firmare il contratto del rinnovo e due settimane dopo lo licenziò.

Carlo Ancelotti rimane senza una panchina, ma qualcuno – a cui in passato ha regalato gioie e da cui ha ricevuto accoglienza – crede ancora in lui: il 5 novembre 2001 il Milan, quando il tecnico era a un passo dal Parma, lo chiama a sostituire in corsa l'esonerato Fatih Terim. Il patron rossonero Silvio Berlusconi in persona interferì nell'accordo con i crociati per condurre a sé l'ex mediano, e il cavalier Calisto Tanzi non poté dirgli di no. Da quella giornata fredda ha inizio una carriera gloriosa che durerà otto lunghi anni e farà diventare Carletto, con le sue 420 partite da allenatore, il secondo per numero di presenze nella storia del club rossonero. La prima stagione si conclude con il posizionamento al quarto posto in campionato, ma a partire dall'annata successiva, quando sfiora il triplete conquistando la Champions League ai rigori proprio contro la Juventus e la Coppa Italia in finale contro la Roma, il tecnico raccoglierà – quasi – soltanto trofei: uno scudetto, due Coppe dei Campioni, due Supercoppe italiane, una Supercoppa europea e un Mondiale per club. Al termine della stagione 2008-09, però, con il Milan qualificato in Champions League, la società e l'allenatore emiliano comunicano di aver deciso di interrompere consensualmente, con un anno di anticipo, il rapporto contrattuale. Il Grande Carlo conserva le sue cose e, con gli occhi gonfi, saluta i beniamini che alla sua corte hanno tentato con successo imprese prestigiose. Egli non esce di scena come un noto attore, ma chiude la porta di casa come un uomo vero, ponendo fine con tristezza alla parentesi – forse – più importante della sua carriera.

[quote_regular name="" icon_quote="no"]Ho passato 8 anni bellissimi, ringrazio tutti. Rimarrà affetto e stima per quelli che in questi anni hanno partecipato a questa bellissima avventura. C’è un affetto incondizionato. Non resterò in Italia[/quote_regular]

 ATHENS, GREECE - MAY 23: Carlo Ancelotti, the manager of AC Milan tosses the trophy into the air in celebration following his teams 2-1 victory during the UEFA Champions League Final match between Liverpool and AC Milan at the Olympic Stadium on May 23, 2007 in Athens, Greece. (Photo by Jamie McDonald/Getty Images)

ATHENS, GREECE - MAY 23: Carlo Ancelotti, the manager of AC Milan tosses the trophy into the air in celebration following his teams 2-1 victory during the UEFA Champions League Final match between Liverpool and AC Milan at the Olympic Stadium on May 23, 2007 in Athens, Greece. (Photo by Jamie McDonald/Getty Images)

Il tecnico italiano così inizierà a vagare come un esule per l'Europa, divenendo alcune volte sui giornali “Carlo V” oppure tra le bocche degli spagnoli “Carlo Magno”, ma sempre lasciando un'impronta insostituibile. Chelsea, Real Madrid, Paris Saint-Germain e, infine, Bayern Monaco. È l’unico allenatore ad aver trionfato almeno in un campionato in quattro paesi diversi, ma questo non lo ha risparmiato dalle critiche. A Madrid, ad esempio, rischiò il posto in nome della famiglia: lo accusarono di avere creato un “clan”, perché nello staff tecnico c'era il figlio Davide, il preparatore atletico era un suo amico ed il nutrizionista era il marito di sua figlia Katia, ma poi quella gestione patriarcale condusse a numerose vittorie e, in particolare, alla conquista della “Decima”, dunque non importava.

[quote_regular name="" icon_quote="no"]Non immaginate che gioia vincere la coppa assieme a Davide. Un padre e un figlio in cima all’Europa. Meraviglioso[/quote_regular]

L'allenatore di Reggiolo, con la passione per la cucina, un po' scaramantico che scarica la tensione giocando al “solitario” sullo smartphone e porta sempre con sé un'immaginetta di Padre Pio, è tornato da poco in Italia, perché tutti gli emigranti, dopo essere scappati da qualcosa, fanno ritorno in patria in cerca di gloria. È approdato al Napoli per completare la missione, portata avanti in precedenza da Maurizio Sarri, di rendere nuovamente grandi i partenopei. Ci proverà a cominciare da stasera, quando gli azzurri da lui guidati scenderanno in campo di Anfield per conquistare gli ottavi di finale di Champions League. Un “leader calmo” che torna a casa per ripartire da zero, pur sapendo che incontrerà qualche difficoltà, ma mai senza coraggio e con la voglia di crescere passo dopo passo.

[quote_regular name="" icon_quote="no"]Io prima di tutto non sono un allenatore, ma un uomo leale, un educatore di campo che cerca di fare il suo lavoro al meglio e di migliorarsi continuamente come persona[/quote_regular]

Dopo ventitré anni di carriera, Carletto è sempre lo stesso: un uomo che si commuove quando parla con i suoi giocatori, che si rivela per questi un padre e trova un posto riservato nella loro anima, seppure adesso lontani. Perfino un duro come Zlatan Ibrahimovic ha ammesso che per quel tecnico buono, che ha la sensibilità di capire chiunque, sarebbe stato disposto a fare qualunque cosa. I segreti di Carlo Ancelotti, nonché punti di partenza e di arrivo di una storia straordinaria, sono un cuore nobile e due braccia aperte nei confronti di coloro che si appresteranno alle sue fila.

[quote_regular name="" icon_quote="no"]Ho cura delle persone. I giocatori “fanno” i giocatori, non “sono” giocatori. Sono persone. La questione è di avere a che fare con degli uomini, non con dei bambini. Io sono un allenatore di uomini[/quote_regular]

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