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Monza, Brocchi si racconta: “Lavoro e pazienza pagano sempre, guardate Locatelli. Matuzalem? Vi spiego tutto”

Il tecnico del Monza, Christian Brocchi, si racconta a 360°

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Parla Christian Brocchi.

Intervenuto nel corso della trasmissione radio di TMWil giovane tecnico con un passato al Milan, è tornato a parlare del suo Monza,  fresco di promozione in Serie B, soffermandosi, nello specifico, sullo sviluppo del settore giovanile, sul quale Silvio Berlusconi Adriano Galiani, rispettivamente patron e amministrato delegato del club lombardo, hanno fortemente investito: "Se la prima squadra è partita con degli obiettivi importanti come la Serie B, il settore giovanile si sta ricreando dopo anni difficili, in cui sono stati persi tanti ragazzini. Si vuole ricostruire un settore giovanile che un tempo ha tirato fuori tanti talenti". 

Sul suo recente passato da allenatore dei rossoneri: "I giocatori della Primavera del Milan che ricordo con più favore? Io sono legato a tutti i miei ragazzi. Non sono presuntuoso e non voglio prendermi i meriti, che sono da dare a Filippo Galli e gli altri dirigenti del Milan. La qualità che ho avuto io in quegli anni era di non pensare al mio percorso di allenatore per arrivare in alto, ma a formare i calciatori. E secondo me questo è l'obiettivo che devono avere tutti gli allenatori dei settori giovanili. Il mio obiettivo non era arrivare subito in alto, ma volevo fare il lavoro che mi era stato chiesto. L'ho fatto e sono riuscito comunque ad allenare e fare il mio percorso. Non è detto che un allenatore del settore giovanile deve vincere per arrivare in alto. I settori giovanili sono importanti anche per gli allenatori, che possono crescere e mantenere una percentuale di formatore anche quando si arriva ad allenare i più grandi".

Nota dolente, invece, il fallo di Matuzalem che costò il ritiro a Christian Brocchi nel 2013: "Matuzalem per me è stato un compagno forte, che ha fatto meno di quanto poteva fare per il suo talento. Fa del temperamento la sua maggior qualità, ma a volte gli si chiude la vena. Sono stato talmente fortunato nella mia carriera che non fa niente se ho chiuso così, anche se ovviamente avrei preferito decidere io quando smettere. Adesso voglio fare bene nel mio lavoro e dare ai ragazzi qualcosa di importante".

Chiosa finale sull'importanza del lavoro e della pazienza: "Lavoro e pazienza pagano? Sì, per me sì. Pensate a Locatelli, un calciatore che in un settore giovanile nessun allenatore può pensare di lasciare fuori. Invece io l'ho fatto, e non perché ero matto, ma perché stavo provando a formare in Locatelli una mentalità vincente, quella che poi gli ha permesso di arrivare in prima squadra. A volte i giovani non capiscono se tu parli e non fai i fatti. Con i calciatori bisogna fare come con i figli. Io lasciavo fuori Locatelli, Cutrone, anche altri. Ma avevo un rapporto stupendo con tutti. Così loro hanno capito cosa vuol dire far parte di un gruppo. Erano più forti, ma io gli ho fatto capire che devono sempre impegnarsi, allenarsi, lavorare, perché poi in prima squadra non sarebbero più stati i più forti. Gli ho fatto capire che non basta il talento".