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Bologna, Mihajlovic e il Covid-19: “Haters? Li chiamo in un altro modo. Il virus è pericoloso, ora parlo io…”

Lo sfogo del tecnico del Bologna

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Uomo tutto d'un pezzo, dal carisma contagioso e dalla tempra indomabile. Guerriero indomito, prima sul campo, poi in panchina e da sempre nella vita.

Sinisa Mihajlovic, ha ricevuto il sostegno incondizionato e l'affetto di tutto il mondo del calcio e non solo, nella sua ardua lotta contro la leucemia che continua quotidianamente a combattere con coraggio, dignità ed encomiabile voglia di non perdersi un solo attimo della sua esistenza. Come se non bastasse questa probante e durissima sfida a cui la vita lo ha sottoposto, è purtroppo arrivata per l'ex Lazio ed Inter anche la positività al Covid-19. Altro scoglio che Mihajlovic ha superato di slancio, tanto da tornare sul terreno di gioco a guidare il suo Bologna che scalda i motori in vista dell'imminente avvio della prossima stagione calcistica. Il tecnico serbo non nasconde l'amarezza, per una serie di critiche aspre e talvolta irrispettose ricevute sui social in un momento estremamente delicato da gestire sul piano fisico e psicologico, nel corso di un'intervista concessa a La Gazzetta dello Sport.

"Dopo quello che ho passato da luglio a gennaio nei sei mesi di lotta quotidiana contro la leucemia, con tre ricoveri, altrettanti cicli di chemioterapia e un trapianto di midollo, sconfiggereil Covid-19 è stato come bere un bicchiere di acqua. Questo non significa che la malattia non esista. Non faccio parte dei negazionisti o di chi sostiene che sia solo una influenza o anche meno. Dati e numeri di ricoveri e decessi, dimostrano che sicuramente il virus oggi è molto meno violento di prima, ma considero grave e irrispettoso nei confronti di chi ha sofferto, di chi è morto e di chi ha perso amici e familiari, sostenere che il Covid-19 non sia un virus che può essere molto pericoloso. C'è tanta invidia e tanta cattiveria in giro. Non solo in Italia, dappertutto. Com’è che vengono chiamati sui social? Haters, odiatori? Io faccio una traduzione più spicciola: li definisco merde... ho letto un sacco di cose: tutte cazzate, che per altro hanno ferito molto la mia famiglia. Sono fortunato a non avere profili e a non passare il mio tempo sui social network. Però non si possono ricevere badilate di fango senza replicare. Sono andato in vacanza come ogni estate in Sardegna dopo la fine del campionato. Ho una casa lì da più di 20 anni. L’isola era Covid free in quel momento, neanche un contagiato. Non vedevo la mia famiglia da due mesi, l’ho raggiunta per riabbracciarla. Ho preso tutte le precauzioni che dovevo prendere. Mettevo la mascherina quando andavo in un locale, un bar, un supermercato o un ristorante. Al tavolo poi la toglievo, altrimenti come potevo mangiare? In spiaggia non sono praticamente mai sceso perché andavo in barca o rimanevo in piscina in casa. In 20 giorni avrò cenato al ristorante sei, sette volte, all’aperto e al chiuso: nei soliti posti noti della Costa Smeralda. Non sono mai andato in discoteca, non mi piaceva da ragazzo, figurarsi a 51 anni. Cosa ho fatto di così diverso da chi è andato in Puglia, Sicilia o Calabria. O il problema è la Costa Smeralda, in quanto ritrovo di gente ricca e famosa? Cos’è, allora, invidia?"