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Siviglia, Lopetegui: “Allenamenti anti-Coronavirus, svelo come si svolgono. Rischi inevitabili, ma dobbiamo pensare a una cosa”

Le dichiarazioni rilasciate dal tecnico del Siviglia, Julen Lopetegui, a poche ore dall’inizio degli allenamenti individuali in Liga durante l’emergenza Coronavirus

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Il calcio spagnolo si prepara a ripartire.

Mentre alcuni Paesi europei – come Francia Belgio – hanno già preso una decisione definitiva in relazione al futuro delle loro competizioni a seguito dell’emergenza Coronavirus, decretando la chiusura anticipata e la cristallizzazione delle classifiche, ed altri come la Germania e l’Inghilterra stanno valutando tempi e modalità tramite cui avviare la ripresa, in Italia, come in Spagna, non si ha ancora la certezza che i tornei potranno riprendere. Intanto, però, nell’attesa di disposizioni ufficiali da parte dei Governi, le squadre italiane e spagnole sono tornate in campo per svolgere allenamenti individuali nel rispetto delle misure di sicurezza necessarie per evitare eventuali contagi.

Julien Lopetegui, attualmente alla guida del Siviglia, in un’intervista rilasciata ai microfoni di SFC Radio, ha raccontato il ritorno in campo a seguito di quasi due mesi di stop: “In un primo momento avevamo grande speranza, voglia di incontrarci e tornare a lavorare, anche se in una forma un po' strana, però almeno avremmo iniziato in qualche modo e ci saremmo adattati alle nuove regole perché tutto andasse nel migliore dei modi. Con la stessa speranza del primo giorno di allenamento e con la novità di un protocollo al quale ci adatteremo. Al momento la parola d'ordine è speranza. Siamo arrivati intorno alle 8 meno un quarto e hanno iniziato ad allenarsi i primi tre giocatori. Hanno fatto un percorso su due campi e sono entrati i giocatori finché non ne avevamo nove su due campi e due portieri in un altro campo. Una volta entrati, escono dall'altro lato ed è tutto organizzato bene per essere la prima volta che ci si allena individualmente. È un passo avanti rispetto a quando si allenavano da soli in casa e sono sensazioni più vicine a quelle di un calciatore, anche se siamo ancora lontani perché non recupereremo quelle sensazioni finché non torneremo ad allenarci in gruppo”.

A proposito, invece, della drammatica situazione che la Spagna sta vivendo: “I giocatori sono uomini e non sono estranei alla realtà sociale. Il calcio è uno sport di contatto e ci saranno sempre dei rischi. I giocatori sanno che sono molto protetti. Al di là della paura ci sono l'ambizione e la voglia di vincere, e poco per volta cresceranno e miglioreranno. L'11 maggio 2004 a Madrid sono morti 190 morti, è come se ogni giorno ci fosse un 11 maggio. Non voglio andare troppo oltre, ma in questa situazione c'è spazio per la speranza. I dati migliorano, però dobbiamo parlare con grande dolore finchè ci sarà un solo morto in più. Se si stanno riducendo i rischi per tutti i lavori, dobbiamo pensare a dare il meglio di noi stessi. Quanto più tempo riusciremo ad allenarci insieme, maggiore sarà la normalità che riusciremo a raggiungere nelle partite e nella mentalità dei giocatori”.