di Leandro Ficarra
FOCUS PALERMO
Palermo, spine Dionisi: passo di lumaca, retaggi di mercato e dilemmi irrisolti…
Ennesima goccia di delusione e perplessità. Stilla che alimenta l'oceano di frustrazione ed incognite. Passettini incerti ed abbozzati a cadenzare una prima parte di stagione claudicante. Solo un pari al Barbera per il Palermo di Dionisi, alla costante e tardiva ricerca di sé stesso, contro una rabberciata e dimessaSampdoria. Il "Vorrei ma non posso, ci provo ma non riesco!" sta ormai divenendo pericoloso leitmotive nell'affannoso percorso della compagine rosanero. Cercasi identità, continuità, dimensione, risultati conformi alle ambizioni della vigilia. Monito periodico nei propositi palesati settimanalmente da management, tecnico e calciatori, che non trova tangibile riscontro sul rettangolo verde. Diciotto punti in quattordici gare, tredici lunghezze di gap dalla battistrada Sassuolo, dodici da Pisa e Spezia appaiate al secondo posto in graduatoria. Una vittoria interna su sei uscite al Barbera, tre pareggi e ben due sconfitte davanti al proprio pubblico. Numeri che fotografano un rendimento marcatamente al di sotto delle aspettative iniziali in questo travagliato scorcio di annata. Performance altalenanti e controverse. Limiti, incongruenze, errori individuali hanno spesso mortificato sprazzi di buon calcio e discrete porzioni di partita. Lampi, spesso troppo fiochi ed intermittenti, mai adeguatamente capitalizzati con la dovuta dose di qualità, lucidità e concretezza. Davvero troppo poco fin qui, per una squadra che evidenzia sul manto erboso lacune, equivoci tattici, scompensi ed omissioni. Dazi retaggio di un mercato estivo poco funzionale alle esigenze primarie della rosa, già emerse nitidamente nel corso della precedente stagione. Impegno, principi di gioco, identità e tracce codificate affiorano in embrione, ma risultano vane se mortificate da una costante evanescenza in fase conclusiva.
L'analisi post match di Dionisi non fa una piega. Il Palermo ha fatto e dominato la sfida contro i blucerchiati. Ci mancherebbe altro, verrebbe da sottolineare. In considerazione dell'attuale stato di precarietà, criticità e modestia che ha caratterizzato il cammino della formazione genovese in questa prima parte di campionato. Una Sampdoria giunta al Barbera falcidiata da assenze, timori ed una condizione psicologica, al pari della classifica, a dir poco deficitaria. Intensità, indole propositiva e fluidità nello sviluppo della manovra, almeno fino alla trequarti offensiva, sono certamente stati tratti caratterizzanti lodevoli della prestazione di Ranocchia e compagni. Raramente in questa stagione il Palermo si era mostrato così armonioso, volitivo e tambureggiante nel tessere la sua tela, peccando tuttavia di cinismo, precisione e risolutezza in sede di rifinitura e finalizzazione. Veemente ed autorevole l'approccio alla gara, rosa alti, corti, aggressivi in sede di pressione e riconquista. Padroni di casa lineari, arrembanti a tratti, ma desolatamente sterili. Capaci di complicare la propria gara con la consueta topica difensiva, senza la quale difficilmente la Sampdoria avrebbe gonfiato la rete di un promettente ma ancora acerboDesplanches. Consapevole di poter comandare la gara e menare le danze nella contingenza, Dionisi ha optato per uno schieramento più audace del consueto. Rinunciando a filtro, dinamismo e schermatura di Gomes per iniettare una cospicua dose di fosforo e qualità in zona nevralgica, con il binomio pensante Ranocchia-Verre coadiuvato da Segre in versione gregario. Gara preparata ed interpretata bene dal tecnico toscano, molto meno convincente nella lettura e conseguente gestione dei cambi in corso d'opera. Ranocchia ha sfoderato una performance monstre, interpretando a modo suo il ruolo di playmaker. Esplosivo, gagliardo ed ispirato, ha dettato tempi e tracce della manovra, elevato cifra tecnica e di pensiero in fase di transizione, innescato con il contagiri i tagli degli aculei del tridente sul lungo, concluso con grande pericolosità dalla media distanza. Esperimento positivo e funzionale nella circostanza, ma possibilmente da rimodulare, reintegrando al suo fianco Gomes nel reparto, con avversari di altro lignaggio e diversa caratura offensiva rispetto ai blucerchiati. Un Ranocchia come quello ammirato ieri potrebbe essere devastante nell'ultimo terzo di campo, ma l'assenza di un playmaker puro in organico ha costrettoDionisi ad innescare questo processo di metamorfosi tattica per il numero 10 rosanero. Verre, cagionevolezza e discontinuità pari al suo talento cristallino, ha steccato la sfida con la sua e squadra. Idem Insigne, decisamente in giornata di luna storta. Finalmente brillante e più incisivo Di Francesco, al netto della perla balistica del pari. Sgusciante, elettrico e cattivo nell'uno contro uno, ha fraseggiato con profitto con Ceccaroni e Verre sulla catena mancina, convergendo sovente dentro al campo, per provare ad accendere la luce tra le linee e non solo in ampiezza. Un 4-3-3 solo sulla carta quello proposto ieri da Dionisi contro la Sampdoria, modulo elastico declinato sovente in un 4-1-4-1 e talvolta 4-2-3-1 con Henry terminale centrale. L'ex Hellas è boa fisicamente strutturata e laboriosa, copre la sfera ed alza il baricentro, spizza e pulisce palle sporche nel gioco aereo, funge da apriscatole al fine di smagliare le linee difensive avversarie a vantaggio degli attaccanti esterni. Lavoro funzionale alla causa qualora gli estremi del tridente risultassero determinanti e decisivi a referto. Cosa raramente accaduta nei momenti focali fin qui. Tuttavia, ad oggi, Henry fatica a conferire profondità e prolificità nei sedici metri. Centravanti potente quanto macchinoso che non mostra stimmate da bomber di razza. Ranocchia dalla media distanza, più spettacolari che miracolose le parate di Silvestri, e Baniya con un paio di sortite aeree sono stati gli uomini più pericolosi del Palermo contro i doriani. Il subentrato Le Douaron, in preda ad un lento processo di integrazione e dimensionamento nel nostro calcio, ha sfiorato il gol con una bella giocata in the box nel finale. Appuah, prospetto da formare e scoprire, non sembra pronto per incidere e spostare gli equilibri nell'immediato. Circostanze oggettive che fanno deflagrare prepotentemente l'affaire Brunori, con l'italobrasiliano protagonista di una sempre più enigmatica eclissi tecnica in seno alla squadra. Il bomber riteneva il suo ciclo in rosanero chiuso in estate, la sua voglia di Serie A è stata frustrata da proposte timide e flebili dalla massima serie in relazione alle ambizioni di plusvalenza del club. L'offerta di cinque milioni della Cremonese per il suo cartellino stata stoppata dal veto, discutibile, della dirigenza rosa che non voleva potenziare una diretta (?) concorrente. Il calciatore, con annessa intervista riparatrice ai canali ufficiali del club, è rimasto in Sicilia da serio ed encomiabile professionista, non certo settato al top sotto il profilo psicologico e motivazionale. Tutto chiaro. Vicenda non gestita dal club nel migliore dei modi in termini strategici e mediatici. Assodato ciò, difficilmente comprensibile come si possa totalmente rinunciare all'apporto di un attaccante che ha realizzato sessantasette gol nelle ultime tre stagioni. Investito a più riprese da dirigenza e allenatore, almeno sul piano dialettico, di un ruolo centrale nell'ambito del nuovo progetto tecnico. Specie con un reparto offensivo allo stato attuale monocorde e asfittico. Ultimo cambio in una gara casalinga da vincere, dopo Vasic, Le Douaron. Di Mariano ed Appuah. Quattro minuti, più recupero, di cui risulta complesso carpire il senso concettuale. Scelta calcisticamente autolesionistica. A meno che non sia in atto una gestione di marginalizzazione nelle gerarchie tecniche, consapevolmente e tacitamente condivisa tra le parti, in attesa di una definitiva separazione a gennaio. Ipotesi alquanto remota conoscendo ego famelico ed amor proprio dell'ormai ex capitano. Querelle spinosa che fa il paio con una serie di interrogativi irrisolti. Perché non si è ingaggiato un esterno mancino basso di acclarato spessore in categoria che fungesse da alternativa o competitor a Lund? Mistero che si infittisce alla luce della recente titolarità nel ruolo, con buoni risultati, di un centrale difensivo adattato come Ceccaroni. In rosa non vi è un regista classico in mezzo al campo, né un trequartista puro, elementi che potrebbero ispirare anche soluzioni tattiche alternative. Nikolaou, al netto dello svarione di ieri, fa il suo con pregi e difetti ormai noti. Il solo Baniya, pur più rapido ed esplosivo dei compagni di reparto, non sembra bastare a garantire un marcato salto di qualità alla retroguardia. L'eventuale, ragionevolmente possibile, partenza di Brunori potrebbe imporre almeno un innesto di assoluto livello in avanti. La sessione invernale non è lontana, ma le prime risposte devono arrivare dal campo. Prossimo, arduo, scoglio al Barbera l'imbattuto Spezia di D'Angelo. Urge che Dionisi trovi la chiave per imprimere una svolta: servono con impellenza tre punti che corroborino i sistematici buoni propositi.
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