La goleada per 5-0 sul Pescara ha rappresentato un punto di svolta non solo tecnico, ma soprattutto mentale per il Palermo. A confermarlo è Jacopo Segre, centrocampista e ormai punto fermo della squadra, che in un'intervista esclusiva a La Repubblica analizza la reazione del gruppo dopo le recenti sconfitte. Segre esordisce tagliando corto sulle statistiche personali, per concentrarsi sulla necessità della reazione: "Dopo due sconfitte pesanti — dice il vice capitano — serviva una reazione vera, non solo tecnica ma soprattutto mentale. Siamo stati bravi a restare lucidi, analizzare gli errori senza cercare alibi. Inzaghi ci ha chiesto di ritrovare la nostra identità, quella fatta di compattezza, intensità e spirito collettivo. Contro il Pescara si è vista la voglia di dominare ogni duello e di non concedere nulla, ma anche di divertirci e ritrovare la leggerezza che ci aveva contraddistinto: così diventa difficile per chiunque affrontarci". Il 5-0, arrivato proprio in occasione dei 125 anni del club, non è un caso, secondo il giocatore: "Viene naturale pensare a quanto sia speciale questa vittoria: 5-0 con lo stadio pieno in una giornata di festa. Non giochiamo per fare la storia, ma la storia, quando giochi con passione e rispetto per la maglia, a volte si scrive da sola».

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Palermo, Segre: “Studiare mi aiuta. Palermo mette alla prova ma ripaga con l’affetto”
Il forte legame con la piazza è un tema centrale per il centrocampista, che descrive la coreografia della curva come "un brivido lungo novanta minuti" e ricorda il supporto ricevuto anche nei momenti difficili: "Palermo non è una piazza qualunque: qui il calcio è identità, appartenenza, vita quotidiana. E il pubblico lo dimostra sempre, anche quando i risultati non arrivano. Dopo la sconfitta con il Monza la gente ci ha incoraggiato". Tale passione si riflette nel ruolo di capitano, che Segre ricopre con crescente frequenza, pur ribadendo che "il nostro capitano è Matteo Brunori. Esserlo del Palermo non vuol dire solo scegliere il campo o parlare con l’arbitro: significa essere un punto di riferimento e dare l’esempio con i comportamenti, con gli sguardi e con i silenzi". Gran parte del merito per la ritrovata mentalità va al tecnico. Il numero 8 dipinge Inzaghi come una guida autorevole e instancabile: "Con lui abbiamo un rapporto diretto e stimolante. È un allenatore che ha vissuto il calcio da protagonista ad altissimo livello e lo si percepisce. Trasmette la sua fame e la sua mentalità da vincente. Non si accontenta mai e ci insegna che le partite si vincono prima in allenamento con la cura dei dettagli".
Segre, laureato in Scienze Motorie, parla anche della sua vita fuori dal campo, che gli ha valso il soprannome di "Dottore": "Lo studio, la curiosità e la voglia di imparare ti accompagnano per tutta la vita. Studiare aiuta a capire meglio te stesso e gli altri, a gestire le pressioni, a mantenere equilibrio e ti insegna a pensare. E poi la testa è un muscolo come gli altri: va allenata ogni giorno".
Infine, chiamato a guardare al futuro, l'obiettivo è chiaro, a partire dalla prossima, "sporca, difficile" trasferta contro la Juve Stabia: "Dobbiamo fare di tutto perché lo diventi. C’è un’energia nuova, una consapevolezza diversa. Ma sappiamo che le parole non bastano, servono fatti. Dobbiamo meritare l’obiettivo che sogniamo. Spero che il 2026 sia l’anno giusto per realizzare il nostro sogno più grande, per noi, per la città e per tutta la gente che ci segue con amore e passione", ha concluso.
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