Come annunciato mesi fa, la querelle tra i soci fondatori del Palermo F.C., squadra che attualmente milita nel campionato di Serie C, è finita in tribunale.
Il caso
Palermo, l’italo-americano Di Piazza chiede 11.9 mln al presidente Mirri per il recesso
L'ex vice presidente del Palermo vuole essere risarcito per il 40% delle sue quote con una cifra il doppio di quella investita inizialmente
L’italo-americano Tony Di Piazza ha trascinato il presidente e ormai ex socio Dario Mirri in tribunale per ottenere la liquidazione delle quote in seguito al diritto di recesso richiesto nei termini di legge.
Il motivo che ha spinto l'imprenditore italo-americano a esporsi in tal senso è legato al mancato accordo tra le parti, in merito al valore della quota da liquidare al socio recedente entro il mese di dicembre. Il presidente Mirri non ha mai nascosto che la valutazione fatta da Di Piazza non la ritenesse congrua e che sarebbero stati i tribunali a occuparsi di dare la corretta quotazione.
Da una parte Di Piazza sostiene che far rinascere il Palermo e portarlo dalla Serie D alla Serie C abbia fatto alzare il valore iniziale della società, dall’altra Mirri rigetta completamente questa tesi sostenendo che i fatturati e la crisi Covid insieme ad altri fattori abbiano invece abbassato il valore delle quote inizialmente investite dalle parti, e comunque tutto va quantificato in relazione alla situazione del Palermo nel dicembre 2020, ovvero data in cui Di Piazza ha chiesto il recesso.
L'ormai ex dirigente rosanero che deteneva il 40% della società ha deciso di non far più parte del progetto a causa di reiterate divergenze gestionali ed operative, costellate da aspre e continue incomprensioni con l'attuale numero uno del Palermo e adesso chiede la liquidazione della propria parte. Tra le questioni messe in primo piano da Di Piazza vi sono il ridimensionamento del ruolo di Gianluca Paparesta, la gestione della vendita del club e la realizzazione del nuovo centro sportivo in quel di Torretta.
Secondo quanto riportato da "Il Sicilia.it, stando alle pagine relative al documento in questione, uno dei punti su cui si è posto l'accento concerne proprio il mancato rinnovo dell'ex arbitro, direttore operativo e figura di riferimento di Di Piazza, al quale sarebbe stato offerto un contratto con condizioni peggiorative rispetto alla stagione trascorsa. Altra questione spinosa sarebbe l'aumento del tetto di spesa per la delega conferita all'amministratore delegato, Rinaldo Sagramola, passata dai centomila euro iniziali a ben seicentomila euro. L'immobiliarista statunitense definisce questa decisione un atto di forza a danno della minoranza. Altro capitolo dibattuto ed oggetto del disappunto dellìex consigliere di amministrazione del club rosanero la gestione del piano di investimento relativo alla costruzione del centro sportivo di Torretta. La tesi sostenuta dal team di legali di Di Piazza evidenzia una spesa previsionale per l’acquisto del terreno e dell'immobile stimata dalla maggioranza inizialmente in 1,2 milioni di euro più altri 2,5 milioni da utilizzare per la realizzazione di due campi di calcio e delle infrastrutture attigue e contigue: club house, spogliatoi, palestra in primis. Quadro mutato in un secondo momento, secondo il ricorso presentato dai legali di Di Piazza: Dario Mirri e Sagramola avrebbero proposto la costituzione di una società a responsabilità limitata per definire l'operazione, riscontrando la ferm,a opposizione dell'ex vicepresidente del Palermo. Nel testo del documento, i legali di Di Piazza fanno riferimento anche ad un intervento del Presidente del Collegio sindacale che avrebbe riferito di un'interlocuzione con Rinaldo Sagramola, datata 25 marzo 2021, in cui il dirigente romano avrebbe comunicato all'organo di controllo che la società Palermo FC non si sarebbe fatta carico di alcun investimento destinato alla realizzazione di impianti sportivi.
Secondo quanto si apprende dal ricorso degli avvocati di Di Piazza, quindi, l'immobiliarista italoamericano, diversamente da quanto deliberato in precedenza, avrebbe appreso da Sagramola che consiglieri delegati di Hera Hora non avrebbero rimodulato il budget triennale in funzione dell'investimento legato al centro sportivo. Nella fattispecie, gli impegni finanziari in questione sarebbero stati a carico di una costituenda società immobiliare aperta alla partecipazione di terzi soggetti. Proposta approvata, nonostante il voto negativo di Di Piazza, in difformità a quanto deliberato nella seduta del Cda svoltasi il 27 novembre 2020.
© RIPRODUZIONE RISERVATA