Di Nicholas Barone


L'Analisi
Palermo, l’analisi di un anno fallimentare: dal tecnico ai giocatori, tutti colpevoli
Il Palermo ha appena concluso la sua stagione, con la solita prestazione fatta di pochi acuti. Quella contro la Juve Stabia è solo l'ultima delle magre figure fatte dai rosa quest'anno che hanno dato l'impressione costante di un'impotenza quasi surreale. Inefficace in attacco, nonostante i più di 10 milioni spesi solo per questo reparto, inadeguato in fase difensiva. Il Palermo di Dionisi ha riportato alla luce tutti i difetti della vecchia gestione e ne ha limitato i pochi pregi, creando una macchina "perfetta" che ha prodotto nei tifosi solo delusione e rassegnazione. Ogni elemento dell'area sportiva ha le sue colpe per il disastro avvenuto quest'anno.
L'ALLENATORE
—L'ex tecnico del Sassuolo non ha mai dato l'impressione di avere in mano la squadra, se non nel pre campionato - che ha una valenza nulla - e in pochi scorci di match isolati, andando poi a ripetere gli stessi errori nelle gare successive. Oltre questo, pesa una gestione poco comprensibile di una parte dell'organico: non solo il caso Brunori, appare quantomeno curiosa la scelta di puntare ancora su Ranocchia vertice basso, vista l'inadeguatezza al ruolo dimostrata dal numero 10. Non convince neanche la gestione delle seconde linee con elementi di assoluto valore - Le Douaron ne è un esempio - relegati a spezzoni minimi di partita, e saltuariamente anche in posizioni del campo non consone alle caratteristiche tecniche del calciatore. Non è stato, però, solo un problema di gestione dello spogliatoio: continuare e perseverare su un modulo mai usato in carriera ha portato frutti, com'era prevedibile, disastrosi. I pochissimi gol fatti dai subentrati e le zero vittorie arrivate da situazioni di svantaggio sono la prova lampante della confusione, tattica e mentale, che il tecnico non ha mai dimostrato di saper risolvere.
I GIOCATORI
—Non sono esenti da colpe neanche i giocatori, responsabili di non aver quasi mai dimostrato un atteggiamento di alto livello in campo. Il match contro la Juve Stabia, giocato con zero mordente e voglia, è solo l'ultimo degli appuntamenti importanti falliti dai rosanero: mai gli elementi in campo hanno dimostrato la voglia di riacciuffare una gara, o di dominarla. Un modo di giocare troppo spesso passivo che ha portato ai risultati negativi di quest'anno. Il dato espresso prima riguardante le zero vittorie da situazioni di svantaggio prende ancora più valore parlando di chi scende in campo, mai veramente grintosi nonostante il supporto costante della tifoseria.
LA DIRIGENZA
—Colpevoli tanto quanto tecnico e organico tutti gli altri elementi dell'area sportiva: in sede di mercato - e non solo - il ds De Sanctis si è rivelato non all'altezza del ruolo, spendendo più di 10 milioni per elementi che non hanno aggiunto quasi nulla rispetto alle cessioni effettuate. Un organico che, paradossalmente, è risultato più debole di quello dello scorso anno vista anche l'esclusione inspiegabile di Brunori per tutto il primo arco della stagione. Partendo da Appuah acquistato per due milioni - ora in prestito in Serie C francese - a Nikolaou, che non ha mai dato sicurezze al reparto, quasi tutte le aggiunte estive non sono sembrate all'altezza. Merita una menzione a parte Le Douaron, che è il caso più eclatante di gestione poco lungimirante in fase di mercto estivo: prelevare un giocatore che non ha mai avuto nessun approccio con il calcio italiano e - immaginiamo - con la lingua solo l'ultimo giorno di mercato, è sembrata fin da subito una mossa poco chiara, figlia forse della volontà di fare un colpo da copertina invece che di verà utilità. Il francese ha poi dimostrato le sue innegabili qualità, ma ha dovuto approcciarsi con una realtà a lui sconosciuta senza nessuna preparazione. Comunque, chi ha compiuto questi errori non fa più parte della gerarchia rosanero, ma ci si chiede il perchè della scelta iniziale di affidargli il mercato più importante della storia recente del Palermo. Il secondo direttore sportivo, Carlo Osti, ha tantissimi meriti in sede di mercato e non solo - al netto di qualche errore - ma non sono bastati per mettere una pezza agli errorri commessi precedentemente. Oltre il discorso prettamente sportivo, nonostante la dirigenza viva l'ambiente da ormai tre anni non sembra sia riuscita ancora a creare una vera connessione, lasciando troppe volte i tifosi con interrogativi. Forse una comunicazione più frequente e aperta, simile a quella fatta dal nuovo ds negli ultimi mesi, avrebbe aiutato anche nei momenti più difficili della stagione e a non perdere l'entusiasmo di una piazza.
L'ANNO PROSSIMO
—Nonostante ciò, qualcosa da cui ripartire c'è: partendo da alcune pedine che hanno dimostrato di tenerci alla causa, oltre che di saper fornire prestazioni all'altezza, tra i ritrovati Brunori, Gomes e Ceccaroni e i tre arrivi di gennaio. Tanti calciatori che quest'anno non hanno dimostrato il loro potenziale potranno rifarsi il prossimo anno, con una gestione diversa, e palesare il loro valore. Si può sicuramente ripartire dalla solidità societaria che, nonostate gli errori di gestione, ha ampiamente dimostrato lo strapotere economico in cadetteria riuscendo a portare in rosa elementi di spicco, Pohjanpalo ne è l'ultimo esempio. E infine, si potrà ripartire dai tifosi: oltre la protesta delle ultime settimane, non è mai mancato il supporto anche nei momenti di maggiore crisi della squadra, dimostrando un attaccamento unico.
L'anno prossimo non si potrà sbagliare. Il Palermo e i palermitani hanno bisogno di un anno finalmente positivo, non più caratterizzato da occasioni perse e rimpianti ma, al contrario, da grandi dimostrazioni di forza in campo e fuori. La prima scelta, doverosa, dovrà riguardare tutte le figure dell'area sportiva: l'allenatore, in tal senso, non si può sbagliare. Bisognerà costruire, in seconda battuta, una squadra adatta al gioco del tecnico scelto, con colpi realmente funzionali alla causa e di categoria superiore. L'impatto di Audero, Magnani e Pohjanpalo è stato apprezzabile, ma non bastano certamente solo tre pedine per cambiare un organico costruito male e messo in campo peggio. Anche in dirigenza serviranno figure più vicine alla squadra, così da non commettere gli errori delle ultime tre stagioni. Un rimodellamento sostanziale di tutte le componenti, partendo dagli elementi chiave citati in precedenza, sembra essere la via d'uscita a questo lungo periodo non positivo e, forse, con nuove energie e idee si potrà puntare alla massima serie che resta - al momento - un sogno. Una rivoluzione, quella auspicata dai tifosi, che si potrà dire efficace solo se basata su idee e voglia di fare, quest'ultima messa troppe volte da parte a vantaggio di una progettistica che si è rivelata non all'altezza delle aspettative della piazza, troppe volte ferita per promesse infrante e speranze disattese.
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