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Palermo, la favola di Castagnini: “Giocavo al Barbera con la maglia del Catania, ecco come diventai dirigente”

Renzo Castagnini, ds del Palermo, si racconta

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Renzo Castagnini e il Palermo, un amore a prima vista. O quasi.

Rinaldo Sagramola conosceva perfettamente le doti manageriali, le competenze tecniche, le capacità negoziali del dirigente toscano. Insieme avevano già lavorato, con sinergia e profitto, a Brescia. Un binomio complementare e ben assortito che l'amministratore delegato rosanero ha fatto di tutto per ricomporre nel nuovo  Palermo targato Hera Hora.  Missione compiuta e risultati sotto gli occhi di tutti. Pur non conoscendo a fondo la categoria, Castagnini è stato capace, di concerto con Sagramola e l'allora tecnico Pergolizzi, di costruire un organico di prim'ordine in tempi strettissimi. Una rosa in grado di sbaragliare la concorrenza, dominare il proprio girone di Serie D e conquistare la promozione. Oggi, Renzo Castagnini sta lavorando alacremente per costruire un altro Palermo ambizioso e competitivo, in grado di lottare alla pari con le contendenti per ritornare in serie cadetta. Il direttore sportivo rosanero ha concesso un'interessante intervista al format televisivo "Siamo Aquile" in onda su Trm.

"Ho giocato da avversario alla Favorita, mi sembra nel 1979 o 1980, col Catania. Era un calcio diverso, ma sempre calcio era: si giocava 11 contro 11. C'era tanto pubblico alla Favorita, c'era tanto pubblico a Catania. Non c'erano le televisioni, quindi la gente veniva allo stadio e gli stadi erano sempre pieni. Chi è Renzo Castagnini? Sono innamorato del calcio, mi piace il calcio sul campo, il calcio chiacchierato mi piace meno. La passione è questa: vedere la squadra, vedere l'allenamento, vivere le emozioni che la squadra ti dà. Dopo la carriera da calciatore come mi sono avvicinato a quella dirigenziale? E' stato un caso, perché avrei voluto fare l'allenatore. Poi, quando ho finito di giocare al Livorno, il Barletta è retrocesso dalla B alla C, mi chiama il presidente del Barletta e mi ha chiesto: 'Vuoi fare il direttore sportivo?'. Io ho risposto: 'Presidente, io non so neanche rispondere al telefono'. Mi ha detto: 'Non ti preoccupare, imparerai'. Dunque ho imparato sul campo di battaglia: ho cominciato nel 1991, ho fatto un anno a Barletta, mi sono fatto le ossa e poi ho cominciato veramente a Salerno l'anno dopo. La mia giornata tipo? Dipende da quello che fa la squadra. Se la squadra si allena due volte in una giornata vado due volte al giorno al campo, perché secondo noi, secondo quello che abbiamo nella nostra testa, un dirigente al campo deve essere sempre presente. Ci sono parecchie cose da fare, da guardare, bisogna essere lì sul pezzo. Se c'è un allenamento solo mi divido tra ufficio e campo. Quante telefonate ricevo ogni giorno? Dipende dai periodi. In questo periodo tante, durante l'inverno telefonate normali. Non sono uno di quelli che sta al telefono dalla mattina alla sera. Rispondo a tutti e se non posso rispondere richiamo sempre. Una trattativa di cui vado particolarmente orgoglioso? Non ci sono state trattative difficilissime, di solito le cose si fanno e non si fanno. Nel senso che non dipende sempre da te, dipende anche dagli altri. Abbiamo fatto tante cose belle e tante cose sbagliate. Se c'è qualche calciatore che ancora oggi mi chiama? Sì, queste sono soddisfazioni personali".

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