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IL RICORDO

Palermo, Bagnati ricorda Renzo Barbera: “Come era possibile non volergli bene?”

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Il ricordo del noto giornalista e scrittore Giuseppe Bagnati su Facebook a vent'anni dalla scomparsa del "Presidentissimo" Renzo Barbera

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Palermo ed i palermitani non dimenticano Renzo Barbera, storico presidente del club rosanero dal 4 maggio 1970 al 7 marzo 1980. Sotto la sua gestione i siciliani ottennero una storica promozione in Serie A, riuscendo a disputare anche due finali di Coppa Italia. Barbera morì, a 82 anni, vent'anni fa: il 20 maggio 2002.

"BARBERA VENT'ANNI DOPO - Il 20 maggio 2002 moriva Renzo Barbera, presidente del Palermo dal 1970 al 1980. L’ho conosciuto quando avevo sei anni alla festa di compleanno di suo figlio Ferruccio, mio compagno in prima elementare al Gonzaga. Villa Barbera era allora in campagna, via dei Nebrodi e la zona circostante non esisteva ancora. La festa si concluse con una partita di pallone sotto lo sguardo divertito di papà Renzo. Molti anni dopo ho ritrovato Renzo Barbera: lui presidente del Palermo, io giovane cronista sportivo al Giornale di Sicilia. Mi ha dato subito del lei e da quel momento il nostro è diventato un rapporto professionale, improntato ad un grande rispetto dei ruoli. Barbera non ha mai chiesto (né lo ha fatto Ferruccio) di usargli riguardi, di attenuare toni critici. Anzi rispondeva sempre a tutte le domande nelle nostre innumerevoli interviste. Io non ho mai sperato di avere un canale privilegiato per avere notizie sul Palermo", il ricordo del noto giornalista e scrittore Giuseppe Bagnati su Facebook a vent'anni dalla scomparsa del "Presidentissimo". 

"Una promozione in A nel 1972 e due finali di coppa Italia perse col Bologna nel ’74 3 con la Juventus nel 1979. Sembra poco e invece era tanto perché non era facile allora andare in serie A e lo dimostra il fatto che il Palermo ha dovuto attendere 32 anni (2004) per festeggiare la promozione. Quanto alle finali di coppa Italia va ricordato che il Palermo allora era in serie B e che le ha giocato alla pari e fino all’ultimo sia col Bologna (e sappiamo come) che con la Juve. C’ è un altro dato che non va dimenticato. Gli anni successivi all’uscita di scena di Barbera sono stati i più drammatici della storia del Palermo. 1984: retrocesso in C per la prima volta, 1985: l’assassinio di Roberto Parisi, il presidente che stava tentando di ricostruire il Palermo finanziariamente e moralmente, 1986: penalizzazione per il Totonero e radiazione, 1987: arresto per il presidente rosanero Salvatore Matta e mandato di cattura per Franco Schillaci, azionista di maggioranza. Barbera ha continuato ad essere 'il Presidente' per i tifosi che non avevano dimenticato questo gentiluomo che era soprattutto uno di loro. E così Barbera quando li incontrava, chiedeva loro l’indirizzo per fargli recapitare un pallone, segno di un affetto che continuava, senza negare mai a quei tifosi la gioia di averlo come padrino di battesimo dei loro figli. 

"La presidenza Barbera va inquadrata in un periodo particolare del calcio italiano veniva gestito da appassionati. C’erano negli anni 60 Gianni Agnelli alla Juventus, Andrea Rizzoli al Milan, Angelo Moratti all’Inter, Corrado Ferlaino al Napoli. Giulio Onesti, presidente del Coni, dal 1946 al 1978, li definì 'ricchi scemi', dirigenti 'che si lasciano trascinare dal tifo, cioè da un impulso irrazionale' con la conseguenza di 'disastrose situazioni dei bilanci delle società'. Negli anni 70 un gruppo di presidenti, meno ricchi ma non meno appassionati sia pure con stili diversi, guidava alcune società: Barbera a Palermo, Pianelli a Torino, Massimino a Catania, Rozzi ad Ascoli, Anconetani a Pisa, Ceravolo a Catanzaro. Anche per loro l’aspetto economico non era una priorità nella gestione societaria, perché l’importante era far felici i tifosi, mandare avanti con sacrifici personali le squadre della loro città. Hanno retto finchè hanno potuto. Barbera ha lasciato quando si è reso conto che non bastava più ipotecare la villa di famiglia per mandare avanti il Palermo.

Mi resta il ricordo di una bellissima amicizia, di un’esperienza professionale irrepetibile, dei biglietti e delle cartoline che mi inviava per ringraziarmi di averlo citato nei miei articoli sulla Gazzetta quando non era più presidente, di quando mi disse, quindici anni dopo aver lasciato il Palermo: 'Adesso possiamo darci del tu'. Sono orgoglioso di aver proposto, il giorno dopo la sua morte, di intitolargli lo stadio, proposta che la Gazzetta fece propria e che convinse gli amministratori di Palermo. E sono anche contento di aver scritto con Vincenzo Prestigiacomo il libro 'Barbera romanzo di un presidente', che racconta la sua storia a 100 anni dalla nascita e a 50 dalla presidenza. Quando è morto, ho scritto sulla Gazzetta: 'Barbera era questo. Come era possibile non volergli bene?'. E siamo stati in tanti a volergliene", le sue parole.

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