ADDIO ZAMPARINI

Palermo, Addio a Zamparini: il dogma del patron e l’anima di Maurizio

Zamparini
Il Palermo e Zamparini: un amore viscerale e tormentato, costellato da grandi successi e cadute rovinose. Il contrasto suggestivo tra il dirigente e l'uomo e un rapporto con la città che forse si è definitivamente risolto
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di Leandro Ficarra

Gigante d'acciaio e d'argilla. Ombra e luce, risa e pianto, idillio e conflitto. Zamparini è stato tutto e il suo contrario. Spesso troppo, comunque tanto. Carisma, passione, ambizione. Quiete dopo la tempesta. Ancora tempesta dopo la quiete. Ragione e cuore. Testa e pancia. Geniale e spiazzante, ribelle e inconsapevole masochista. Controverso e divisivo, per questo affascinante. Vulcano in perenne eruzione, esplodeva lapilli di vita. Potevano accenderti, scaldarti o bruciarti. Li sentivi comunque e ti lasciavano un segno. Ciclone indomabile e cavallo di razza. Allergico ai protocolli ed al politicamente corretto. L'istinto ago della bilancia nell'ossimoro del suo essere. Lampi fulgidi o topiche colossali. Dietro la sua sagoma tellurica pulsava un animo nobile, culla di sommi slanci di altruismo e generosità. Umanità sussurrata lontano dai riflettori. Celata gelosamente tra gli spigoli del personaggio burbero, irascibile e sopra le righe. Intento a sbraitare al mondo la sua corazza di superficie.

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L'impulso, tumultuoso ed irrefrenabile, di chi voleva intervenire, incidere, determinare. L'intuito e la visione veicolate dalle prime segreterie telefoniche dell'epoca. Le vendeva e vi incise idealmente un messaggio forte e chiaro. Da inviare al mondo. Era un imprenditore nato. Lungimiranza, fiuto, personalità. Arguzia e autorevolezza, personalità debordante, intelligenza non comune. Capacità di gestire, coordinare, dirigere. Acume nel valutare e, raramente, delegare. Indole accentratrice, l'ego tracimante ad esaltare la sua naturale propensione al comando. Leadership imperante e statura manageriale. Ha fagocitato tutti i gradini partendo dal basso. Fino ad arrivare in cima alla scala del successo, per poi ruzzolare fragorosamente giù.

Totem della grande distribuzione, agio e ricchezza preludio di fama e prestigio. A riflettere la sua immagine ad ampio respiro, talvolta deformandola, è lo specchio universale del calcio.

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Grande e smodata passione. Dardeggiante e dirompente, sfrontato e competitivo. Esigente ed ingerente, lunatico e bizzarro. Potere economico e psicologico. Solidità e magnetismo. Zamparini incarnava il perfetto prototipo del Presidente di un calcio che non c'è più. Facoltoso ed ambizioso, compartecipe e perentorio.

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Figura iconica ed ammaliante. Passionale e totalizzante, dissacrante ed eccessivo. A misura di tifoso. Profilo riconoscibile e identificativo, appendice del logo del club che rappresenta. Pregi e difetti, vizi e virtù, meriti ed errori. Un uomo al timone che ci mette la faccia, ha un nome ed un cognome. Non astrusi acronimi. Enigmi complessi da decriptare per il semplice appassionato. Da Venezia a Palermo. Gocce di speranza trasformate in oceani di sogni. Traversate trionfali prima del naufragio. In laguna il promo, in Sicilia l'apoteosi. Dal Canal Grande al mare di Mondello travasa calciatori e voglia di vincere. Con la piazza rosanero è amore a prima vista. Anno di rodaggio, poi l'appuntamento con la storia. Trentadue anni erano tanti, ma ne è valsa la pena.

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Zamparini investe capitali e passione. Costruisce una corazzata che domina la Serie B per manifesta superiorità. Foschi è il deus ex machina,Baldini il pilota che sbanda solo sullo scarso feeling col patron. Corini, Zauli e Toni , icone e tenori di un'orchestra sublime.

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Guidolin completa l'opera. Asso della panchina che scrive e detta i tempi dello spartito. Berti, Brienza, Grosso, Mutarelli, Biava, i gemelli Filippini. Solo alcuni dei protagonisti di una All-Stars di altra categoria. La Serie A come punto di partenza. Tripudio di gioia di un popolo. Primo, accecante, bagliore, di otto anni indimenticabili. La matricola terribile che dà scacco alle big e conquista l'accesso in Europa. Palermo polo virtuoso del microcosmo calcio. Gol, ribaltoni e plusvalenze. Turbinio di emozioni contrastanti. Comunque difficilmente replicabili.

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Barzagli, Zaccardo, Grosso e Barone. Con Toni, già viola, un pokerissimo di Campioni del Mondo: l'azzurro addosso, il rosanero sulla pelle. Dolce prologo di un'escalation vertiginosa. Due volte ad un'inezia dal miraggio Champions League. Sul tetto del massimo campionato per quasi un girone. Le notti magiche in Europa. Il doppio trionfo sul West Ham di Tevez e Mascherano. Gli ottavi di Coppa Uefa con lo Schalke 04.

Lo splendido scudetto conquistato nel 2009 dalla formazione Primavera. La cantera rosanero che stravolge gerarchie e geografia del calcio giovanile italiano. Planando di slancio in cima allo Stivale. L'indimenticabile finale di Coppa Italia contro l'Inter, con l'Olimpico di Roma tronfio di orgoglio e passione a tinte rosanero. Successi storici e nitidi. Le grandi del nostro calcio irretite da un mix inebriante di gioco, spettacolo e risultati.

Zamparini

Guidolin, Rossi, Gasperini, Iachini, Ballardini. Strateghi, innovatori e condottieri. Valzer di gioie, bufere ed esoneri in panchina. Infinita la parata di stelle che hanno illuminato il manto erboso del "Barbera". Pastore, Kjaer, Miccoli, Amauri, Ilicic, Cavani, Dybala, Vazquez. I gladiatori Migliaccio e Nocerino. Le frecce Cassani e Balzaretti. Bovo e Carrozzieri. Poi Simplicio, Liverani, Bresciano. Fontana e Sirigu, generazioni a confronto tra i pali. Ognuno, a suo modo,  straordinario interprete capace di impreziosire stagioni fantastiche.

Pastore

Foschi, Sabatini, Perinetti. Il gotha dei manager nazionali protagonisti baldanzosi sul mercato. Professionalità eccelse alimentate da esuberanza e risorse del patron. Sagramola è riferimento ed interfaccia amministrativa nei fasti della sua gestione. Zamparini è il dominus di una Palermo Felicissima.

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Mattatore travolgente sui media, megafono urlante del sentimento popolare. Untore di una febbre d'amore perenne e contagiosa. Simbiosi perfetta tra città e squadra. Il "Barbera" come il teatro dei sogni. Luna Park in cui tornare bambini e sentirsi grandi.

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Il Friulano di Sicilia issa il Palermo fino all'Olimpo del panorama nazionale. Lezioni sul campo impartite ai top club. all'ombra del Pellegrino. Blitz esterni nei templi dell'Italia pallonara. Il calcio che diventa veicolo di riscatto sociale. Genera emozioni, suscita orgoglio e fierezza. Pettina gli umori, addolcisce i sapori. Inebria l'aria e accende i colori. Palermo è il Palermo. Forse mai come in quel momento storico.

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Il sogno infranto dell'Olimpico, 29 maggio 2011. L'inizio della fine. L'eclissi delle stelle, il drastico ridimensionamento. Due rovinose retrocessioni. Caos gestionale. Scelte cervellotiche e deleterie. Il ritorno in A del del 2014, le magie di Dybala e Vazquez, il canto del Gallo Belotti. Ultimi fuochi. La salvezza miracolosa del 2016 con Ballardini, la firma dei senatori e del compianto ed immensoGianni Di Marzio.

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Il bivio del "Benito Stirpe" con vista sulla Serie A. La penna del fato che scrive un'altra storia. La crisi delle sue aziende. L'orgoglio che diviene un boomerang. Il corto circuito con la piazza. "Signori, sono finiti i gettoni. La giostra dei sogni non gira più. Teniamoci stretti all'altalena, Speriamo di non cadere giù". Forse sarebbe stato sufficiente dire questo. Invece no. Da lì i pastrocchi, le fumose iperbole dialettiche, i goffi e sgangherati tentativi di restare aggrappato all'ombra di sé. Stretto nella morsa di consulenti e faccendieri. Portatori di interessi personali e divergenti.

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Chi si pavoneggiava sul suo carro lo sente scricchiolare. Senza riguardo lo spinge giù. Il tremore dei bilanci, l'istanza di fallimento, maldestri rimedi peggiori delmale ed i guai giudiziari. L'urgenza di cedere il passo.

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La meteora Baccaglini. La zuppa inglese indigesta a chi ama questi colori. L'imbocco del tunnel, il ponte Foschi-De Angeli ultimo baluardo. Arkus Network e il game over. Errori macroscopici di un imprenditore e di un essere umano. Incapace di gestire ed arginare lucidamente la sua parabola discendente.

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L'oblio dal mondo del calcio squarcia il suo ego. Nulla al cospetto del dramma dilaniante che devasta il suo cuore di padre ad ottobre scorso. La prematura scomparsa del giovane figlio Armando. Dolore incommensurabile e innaturale. Svuota e annienta. Palermo si stringe attorno a lui ammantandolo in un'onda di amore e cordoglio. Setaccia ogni bieca ed insignificante scoria. Al cospetto e nel rispetto del dono della vita e del dogma della morte.

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Zamparini si spegne la notte tra il 31 gennaio ed il primo febbraio scorso.

Cullato dall'amore dei familiari, nel caldo ricordo di chi ha condiviso il percorso professionale con il Presidente. Calciatori, dirigenti, allenatori. Uomini che raccontano l'uomo. Palermo scopre Maurizio. L'altruismo, la generosità, gli insospettabili slanci emotivi. L'aurea di pudore e riservatezza quando per primi pensava agli ultimi. La beneficenza, la solidarietà, l'aiuto concreto e sistematico nei confronti di chi gli manifestava un'urgenza, la necessità di un sostegno impellente nel momento di difficoltà. Testimonianze accorate. Sentimenti che straripano dalle parole.

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Nell'immaginario collettivo, il dirigente Zamparini resterà eternamente sospeso in un limbo virtuale tra bene e male. Tra consenso e disappunto. Tra amore e livore.

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Palermo ha scelto di provare a capire Maurizio. La fragilità, gli inciampi, le cadute. Tributandogli affetto, omaggiandone e celebrandone la memoria. Dissolvendo nel rosa che è stato il nero di ciò che avrebbe potuto essere. Custodendolo in un angolo di quel cuore che lui ha contributo a riempire di sogni. Quelli non muoiono mai. Per scorgerli basta alzare gli occhi al cielo. Quel cielo che il suo Palermo ha fatto toccare con un dito.

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