"Il discorso è semplice: a distanza di secoli uno osserva un’opera ignorando se l’autore fosse un omicida. Sulla valutazione del calciatore possiamo parlare a lungo, ma se sconfiniamo nel territorio del processo prima di dire qualunque cosa andrebbero lette e studiate le carte". Lo ha detto Davide Enia, intervistato ai microfoni de "La Repubblica", edizione Palermo, a proposito di Fabrizio Miccoli. Nella giornata di mercoledì, l'ex capitano del Palermo si è costituito nel carcere di Rovigo, condannato in via definitiva a tre anni e sei mesi di reclusione con l'accusa di estorsione aggravata dal metodo mafioso. "In assoluto se c’è un processo c’è qualcosa di penalmente rilevante. Ma è un discorso che vale per tutti, anche per Miccoli. Sull’esito non mi pronuncio perché non conosco i fatti. Che sia stato condannato perché colpevole o se fosse stato assolto perché innocente non sposta nulla su ciò che ha fatto come calciatore. Trovo che sia un’operazione miserabile leggere retroattivamente il passato in ciò che accade nel futuro", ha dichiarato l'attore, scrittore e tifoso del Palermo.
le dichiarazioni
Miccoli, lo scrittore Davide Enia: “Fantastico calciatore, sull’uomo mi fermo”
L'ex capitano del Palermo è stato condannato in via definitiva a 3 anni e 6 mesi di reclusione con l'accusa di estorsione aggravata dal metodo mafioso
"La percezione comune che sia normale rivolgersi a qualcuno di potente per ottenere qualcosa è agghiacciante? Ci racconta che siamo impastati di questa cultura che ha prodotto la mafia, ma ci racconta anche l’assoluta mancanza dello Stato sul territorio. Se a ogni torto subito, o reale o presunto tale, la reazione è quella di cercare altro per essere risarcito significa che c’è sfiducia nei confronti dello Stato. Possiamo prenderci in giro, ma il punto è che questa è una città che sovrabbonda di legalità, ma manca di giustizia. Se trovo normale che c’è chi sostiene che sia stato condannato per la frase su Falcone e non per il reato commesso? Quando non si conosce qualcosa e si vuole esprimere un parere, si spalancano i portoni delle cazzate. Ma nella regione con la più alta evasione scolastica, in un Paese che ha mortificato negli ultimi cinquant’anni la cultura, come fai a costruirti un’opinione se non ti forniscono gli strumenti per farlo? Bisogna averne una per entrare nella logica del dibattito, ma al tempo dei social ce l’hanno tutti. E allora uno segue l’impulso e si appropria delle opinioni altrui", le sue parole.
"Gran parte dei tifosi lo hanno già perdonato? L’unico parere che posso esprimere è su Miccoli calciatore: oggettivamente è uno dei più forti che hanno indossato la maglia del Palermo. Sull’uomo mi fermo. Quello che viene raccontato a contorno dice molto più della tifoseria della città che del soggetto in questione. Racconta un bisogno di riscatto, una proiezione del desiderio nella squadra di pallone, un tentativo di uscire dalla marginalità. La dinamica della parabola della persona riguarda solo la sua coscienza. Non è di competenza del tifoso. La vicenda lascia tantissimo amaro in bocca, ma già dal disvelamento dell’intercettazione. Bisognerebbe avere la forza di separare i piani. Un essere umano è una riduzione a un’unica cosa: lo stesso Miccoli può essere contemporaneamente uno stronzo, un estorsore, uno da cattive frequentazioni, un generoso, uno che fa beneficenza e un fenomeno con la maglia del Palermo. Prima si accetta la complessità degli esseri umani, prima si accetta una storia che non riusciamo ad analizzare con la visceralità che la questione meriterebbe", ha concluso Enia.
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