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FOCUS: Nostalgia e speranza in quel terzo tempo

FOCUS: Nostalgia e speranza in quel terzo tempo

Epilogo amaro al culmine di un esordio positivo e convincente. Tangibili i primi cenni del Corini style in un Palermo che è parso trasformato sul piano dell'intensità e della convinzione. Limiti e lacune permangono ma spirito e compattezza...

Mediagol2

di Leandro Ficarra

Costernazione ed incredulità segnano i volti stremati dalla fatica. Frustrazione che diviene sortilegio.

Cronometro sadico che infierisce sui noti limiti di una squadra povera. Beffardamente percossa dalla sorte. L’ennesimo cazzotto letale lo sferra Babacar, rigorosamente in prossimità del gong. Come Lapadula e BrunoFernandes. Lacrime miste a sudore inumidiscono il manto dell’Artemio Franchi. Epilogo al fiele in casa rosa.

Palermo equilibrato, volitivo, gagliardo. Dosa al meglio umiltà e coraggio. Soffre, si rialza, spaventa la viola. Punito in extremis ben oltre i propri demeriti.

Vince la Fiorentina. Ma la partita non è finita. Questo il mantra di Eugenio Corini. Raduna il gruppo attorno a sé. Chiama la squadra a giocare un ideale terzo tempo. C’è da battere un avversario ben più improbo della compagine di Paulo Sousa. Si chiama rassegnazione.

Fervore e magnetismo. Personalità e stile. Leader nel cuore del terreno di gioco. Sembrava un déjà vu. Bussola e faro per menti offuscate dalla coltre della sconfitta.

Arringa accorata e vibrante. Niente musi lunghi, vittimismo, sindromi del brutto anatroccolo. Testa alta e petto in fuori. Accantonare il rammarico del risultato, ripartire dalla qualità della prestazione. Consapevoli che con  spirito ed intensità si può risalire la china. Giocandosi le proprie chances,  provando a cavalcare l’onda del fato anziché subirne l’inerzia.

Messaggio forte e chiaro. Tempestivo ed opportuno. Infusione di autostima, innato carisma come mastice di un ego frantumato.

Nessuno ha in dote la bacchetta magica. Neanche il genio.  Criticità, incongruenze e lacune permangono. In termini di cifra tecnica, esperienza, personalità. Zavorra pesante in chiave salvezza.

Il Palermo visto a Firenze mostra chiari cenni del Corini style.  Squadra ordinata, essenziale, tosta. Razionale e gladiatoria. Indole operaia ma non remissiva. Versione spartana e vigorosa. Più in linea con dimensione ed obiettivo. Svestita dai panni fumosi e barocchi dell’era De Zerbi.

Palermo trasformato sul piano della convinzione, del ritmo, dell’intensità. Evidente l’inversione di tendenza. Rendimento dei singoli cartina di tornasole. Hiljemark, Chochev, Jajalo, Quaison. Da abuliche meteore a protagonisti assoluti. Segno inequivocabile di  riluttanza rispetto alla filosofia calcistica del precedente tecnico. Unitamente ad una probabile saturazione del rapporto sul piano nervoso e motivazionale.

Non è difficile scorgere i primi tratti caratterizzanti del Palermo targato Corini. Segni tangibili di discontinuità col passato. Il 3-5-1-1 coniato dal genio si fonda su compattezza e densità.

Linee strette e coese per ridurre interspazi e profondità. Pezzella riciclato centrale difensivo di sinistra, scudo di Aleesami. Andelkovic e Cionek completano la linea difensiva, Morganella preferito a Rispoli.

Jajalo è lo schermo, Hiljemark cuce e dipana la manovra, Chochev morde e si insinua tra le maglie viola. Quaison svaria con inedita vivacità alle spalle di un laborioso Nestorovski. Lo svedese è parso esplosivo, sul pezzo come non mai. Moto perpetuo, è venuto incontro, ha tagliato spesso alle spalle della linea difensiva viola, ha attaccato voracemente la profondità. Per la prima volta abbiamo intravisto movimenti variegati e funzionali, da trequartista e da seconda punta.

Niente giro palla difensivo né esasperanti fraseggi orizzontali. Si cerca la transizione in verticale, la profondità sul lungo. Si accorcia alti sulla seconda palla, recuperando spesso la sfera sulla trequarti avversaria. Calcio meno avvolgente e pomposo, più veemente e schietto. Vizi persistenti in sede di esecuzione e qualità delle giocate. Convinzione ed intensità totalmente diverse. Reattività e brillantezza in zona nevralgica hanno alzato il livello della performance collettiva.  Jajalo, perla balistica a parte, ha stupito per linearità ed autorevolezza in fase di costruzione. Hiljemark ha girato a ritmi finalmente consoni alla categoria, Chochev ha coniugato nerbo ed intraprendenza.  Nella ripresa ha aleggiato a lungo il sentore che il Palermo potesse anche portare a casa l’intera posta.

Il pari di Jajalo, modello Corini, ha innescato quella famosa scintilla psicologica invocata dal genio. Raddoppi feroci, ripartenze rapide e ficcanti, interni che si buttano dentro, esterni che sovrappongono. Baricentro alto, sincronismi efficaci nell’applicazione del pressing. Linee armoniose e nell’accorciare sequenzialmente in avanti, ricompattandosi all’occorrenza a protezione di Posavec.

Ripresa coraggiosa, alla pari con una compagine di ben altra caratura. Nel primo tempo la Fiorentina ha marcatamente tracimato. Borja mente sopraffina, Ilicic genio di un altro pianeta, Bernardeschi talento cristallino ed incontenibile.  Due le parate prodigiose di Posavec, due i gol regolari annullati ai viola. Rigore di Bernardeschi unico provvedimento legittimo di un Giacomelli disastroso. Il direttore di gara un placcaggio di Tomovic su Quaison che profuma di rosso diretto. Non sanziona una vistosa trattenuta di Kalinic che affossa Pezzella in occasione del gol partita di Babacar. Suo malgrado diventa un fattore. Sale sulle ferite dell’undici di Corini.

La notizia è che questa squadra ha un’anima. Ferita ma che pulsa ancora. Corini sembra aver toccato le corde giuste. Fiducia nei propri mezzi, unità di intenti, spirito di sacrificio. Consapevolezza del peso specifico della maglia che si indossa. Nessuno meglio di lui, figura simbolo nella storia del club, incarna questi valori. Pulpito legittimo ed autorevole. Deputato a trasmettere energie, impulsi nervosi, motivazioni e stimoli che sovrastino mestizia e torpore. Una prima scossa sembra essere arrivata. Le contendenti arrancano in questo ballo delle cenerentole.  Chievo, Empoli e Pescara. Tre sfide per dare un senso al mercato ed alla stagione.

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