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Delio Rossi-Mediagol: “Nuovo Palermo, Tuttolomondo e Zamparini. La Lazio e la lotta scudetto in A. Abel, Ilicic e Pastore…”

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"Hernandez? Abel aveva tutto per giocare in una grande squadra: tecnica, velocità ed intelligenza calcistica, ma è stato molto condizionato dagli infortuni muscolari che ne hanno leggermente compromesso la carriera. Molto spesso il successo di un giocatore dipende da tanti elementi, soprattutto dalla volontà personale. Ilicic e Pastore? Sono due giocatori accomunati dal grande talento, seppur diversi nel modo di giocare. Ilicic lo abbiamo preso con Bacinovic dal Maribor, come tutti i giocatori slavi peccava nella costanza, alternava grandi giocate a grandi pause. Molti giocatori di questa nazionalità pensano che bisogna avere la vicinanza della società e che risparmiandosi in allenamento si riesca a dare di più in partita, capiscono il contrario solo ad una certa età. Ilicic è un giocatore importante perché ha capito questo concetto, ovvero che bisogna allenarsi con costanza per esaltare il proprio talento. Il Flaco è un discorso a parte, ha un altro carattere. Secondo me paga il fatto di essere andato via da Palermo ed approdato al Psg molto giovane, forse troppo. Adesso sta cercando di tornare ad una certa condizione mentale e fisica ma non è facile, è molto condizionato dagli infortuni. L'ho visto giocare e certe volte facevo fatica a riconoscerlo, anche se quest'anno prima dell'infortunio sembrava vicino a ritornare ai suoi livelli. A me fa particolarmente piacere vederlo giocare bene, perché sono molto affezionato ai miei vecchi giocatori soprattutto dal punto di vista umano. Joao Pedro? Le qualità tecniche le aveva già quando giocava a Palermo, ma è arrivato in un momento particolare. Non conosceva la lingua e la squadra aveva un suo equilibrio. Lui aveva fretta e voleva bruciare le tappe, aveva bisogno di pazienza soprattutto perché veniva dall'altra parte del mondo. Anche a Pastore dicevo di avere pazienza. Se metti un giocatore giovane dentro devi avere la capacità di farlo restare in campo, per questo bisogna avere un po' di pazienza, soprattutto se la squadra andava già bene. Nestorovski, Jajalo e Rispoli? Li ho allenati poco, avevano già giocato in Serie A quindi le qualità c'erano e non mi stupisce che siano nuovamente riusciti a ritagliarsi uno spazio in massima serie", ha proseguito.

LA FINALE DI TIM CUP -"Il ricordo più bello legato alla mia esperienza a Palermo? Sicuramente la finale di Coppa Italia, che è anche paradossalmente quello più brutto. Vedere uno stadio 3/4 rosanero in una città lontana 600 chilometri dalla Sicilia, questo calore nei confronti della squadra, pur sapendo che sarebbe stata la mia ultima partita su quella panchina, è un ricordo indelebile. E forse una delle cose più belle capitate nella mia carriera. La gente di Palermo ha sempre avuto grande rispetto nei miei confronti".