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Corini: “Io al Palermo da allenatore? Vi spiego il mio addio. Zamparini…”

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Le dichiarazioni rilasciate da Eugenio Corini, ex capitano e allenatore rosanero: "Il Palermo si giocherà la promozione fino alla fine"

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"Perché ho scelto di fare l'allenatore? Il mio ruolo di regista mi ha permesso di avere una visione più ampia. Quando fai il centrocampista centrale conosci bene il gioco, sei sempre dentro la partita. Dopo il secondo infortunio al ginocchio, verso i 28-29 anni, ho rischiato di smettere: allora ho maturato l'idea di allenare. Per fortuna poi ho giocato per altri dieci anni. Stare in panchina mi permette di rivivere emozioni provate già da calciatore". Lo ha detto Eugenio Corini, intervistato ai microfoni de "Il Posticipo". Diversi sono stati i temi trattati dall'ex capitano del Palermo, che ha anche allenato i rosanero nella stagione 2016-2017: dalla sua esperienza in Sicilia, all'addio. Ma non solo...

MODELLI - "Ho avuto 'mostri sacri' come Giovanni Trapattoni, Marcello Lippi e Erikssön. E il privilegio di essere convocato da Arrigo Sacchi in Nazionale. Alla Juve ho lavorato con Gigi Maifredi che portava avanti il credo sacchiano. Giuliano Giorgi mi ha fatto esordire a 17 anni nel Brescia: indimenticabile. Ricordo i mister che mi hanno aiutato nei momenti di difficoltà: uno su tutti Gigi Cagni al Piacenza con cui abbiamo ottenuto una salvezza storica. Un posto speciale va a Gigi Delneri che mi ha rilanciato con il Chievo dei miracoli. Con Francesco Guidolin a Palermo insieme abbiamo vissuto stagioni esaltanti. Risultatisti o giochisti, da che parte sto? Il fine è il risultato, poi cambia il modo con cui ottenerlo. Voglio che la mia squadra faccia la partita. Quando giochi in Serie A affronti squadre con un potenziale tecnico superiore e allora devi essere abile a leggere le gare. Mi piace che le mie squadre abbiano un'identità forte e soprattutto ben riconoscibile", le sue parole.

DAL CAMPO ALLA PANCHINA - "Essere richiamato con un'altra mansione dove sei stato calciatore è motivo di orgoglio. La prima società di Serie A a credere in me da allenatore è stata il Chievo di Luca Campedelli: abbiamo conquistato due salvezze, l'anno dopo sono stato esonerato. C'è stata l'opportunità Palermo: ho accettato con entusiasmo per aiutare il club in un momento di difficoltà. Purtroppo non c'era sintonia con Maurizio Zamparini, ho deciso di dare le dimissioni. Non erano arrivati rinforzi adeguati. Sono andato via con grande dolore. Poi Brescia: abbiamo fatto una cavalcata entusiasmante, ricordo il campionato di B vinto. Abbiamo fatto un buon percorso anche in A. C'è rammarico perché ci saremmo potuti giocare la salvezza fino in fondo".

PALERMO -"Se anche io aveva cullato la convocazione di Lippi? C'erano Fabio Grosso e Andrea Barzagli, Cristian Zaccardo e Simone Barone. Il lavoro di scouting del direttore sportivo Rino Foschi è stato strepitoso. Sapevo che il Ct Marcello Lippi mi seguiva nonostante i miei 35 anni per la riserva di Andrea Pirlo, un giocatore incredibile. Il medico del Palermo mi riferiva le chiamate con il professor Enrico Castellacci. Non sono stato convocato, ma sono soddisfatto lo stesso. Il Palermo manca alla Serie A? Spero che torni presto. Dopo il fallimento il presidente Dario Mirri è stato molto bravo a ricostruire la squadra portandola dalla Serie D alla Lega Pro. Il Palermo si giocherà la promozione fino alla fine. Qual è stata la sua soddisfazione più grande vissuta nel calcio? Da giocatore i due campionati vinti in Serie B con Chievo e Palermo. Da allenatore le salvezze ottenute in Serie A sempre con il Chievo in A, poi la vittoria del campionato con il Brescia in B", ha concluso.

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