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L'INTERVISTA

Braida ricorda il Palermo: “Io, Barbera, e lo scontro con Viciani. Mio ritorno…”

Milan
Le dichiarazioni rilasciate dal noto manager del calcio mondiale, che ha vestito la maglia del Palermo nella stagione 1974-1975.
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"Renzo Barbera mi voleva bene, un grande presidente, uomo d’altri tempi, persona adorabile che emanava eleganza e signorilità. Profonda la mia amicizia con il figlio Ferruccio". Lo racconta Ariedo Braida, intervistato ai microfoni de "La Repubblica". "Perché un bomber che aveva fatto storia con Varese e Cesena a suon di gol e di promozioni in A arriva a Palermo? I rosanero venivano dalla finale di Coppa Italia e avevano ambizioni. Ma, affascinato dalla bellezza dell’Isola, la scelta è stata soprattutto romantica e convinta. Palermo è accogliente, stupenda: molti non la conoscono, anche quelli che ci vivono. Una metropoli meravigliosa, basti pensare ai teatri. La sua vicenda sportiva è avvincente. Mondello? Ne ero e ne sono innamorato", ha proseguito il grande manager del calcio mondiale, che ha vestito la maglia del Palermo nella stagione 1974-1975.

GLI SCONTRI - "Con l’allenatore Viciani fu subito scontro? Vero, lui non mi amava e neanche io. Gli allenamenti mi sfiancavano. Ero critico nei suoi confronti perché non esaltava le mie qualità. Poi ho imparato la sua rivoluzione tattica e ho finito per apprezzarlo. Devo dargli un merito. Viciani era coerente e integralista. Un precursore del tiki taka. Pretendeva di andare in porta attraverso il gioco e le triangolazioni, i passaggi stretti e il possesso palla. Eravamo in teoria pronti per la A, ma non preparati ad un calcio diverso. E comunque ho segnato sei reti per cinque vittorie. Non facevo quasi mai gol inutili".


MANCATA PROMOZIONE -"Nei tre scontri finali, prendemmo un solo punto e, nell’ultimo, a Catanzaro, Di Marzio battendoci arrivò allo spareggio per la A, poi perso. Favalli? Faceva tutto lui. Era per noi come un papà. Alcuni calciatori li ospitava a casa, cucinava, ne gestiva le situazioni private. Nello spogliatoio il numero uno e in campo correva più di tutti. Di quella squadra non dimentico nessuno: Vanello, l’architetto; Ballabio, l’intellettuale... Quando lasciai Palermo avevo tanti prodotti alimentari che non potevo metterli in valigia. Favalli ebbe un’idea e mi condusse da una signora di Partanna che aveva dodici figli e mi fece accomodare, scusandosi, perché non aveva le sedie. Le dissi che, se non si offendeva, le avrei regalato quelle cose. È stato un momento difficile e toccante che mi ha dato un profondo insegnamento: senza sentimenti, inutile vivere la vita".

CON ZAMPARINI -"Nel 2014, si parlò di un ritorno come direttore sportivo? Dopo il Milan, avevo siglato un accordo con la Samp e Garrone che poi mi chiamò per dirmi che aveva venduto la società. Avevo buoni rapporti con Zamparini, anche quando era a Venezia. E con Foschi, il braccio destro. Poi siamo paesani, perché nati a pochi km di distanza. Quell’anno, grazie al cielo, sono passato al Barcellona", le sue parole.

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