Il Palermo di Silvio Baldini protagonista dell'esaltante cavalcata nei playoff di Lega Pro, culminata nella promozione in Serie B, è stato totalmente ripensato, stravolto e ricostruito dopo le dimissioni del tecnico di Massa e quelle dell'ex direttore sportivo, Renzo Castagnini. Quest'ultimi sostituiti rispettivamente da Eugenio Corini e Leandro Rinaudo in estate. Nonostante ciò, il segno lasciato, soprattutto dal mister ex Empoli e Carrarese è ancora oggi tangibile. Inoltre l'allenatore toscano è stato definito il vincitore della Panchina d’Oro per la Serie C a Coverciano per quanto fatto sulla panchina rosanero lo scorso anno. In seguito alla premiazione ricevuta nella giornata di oggi, Baldini ha parlato così ai microfoni di TMW:
LE DICHIARAZIONI
Baldini: “Premio per la mia carriera, non solo Palermo. Giudicare senza il risultato”
“La parola vittoria mi dà fastidio perché vuol dire premiare uno per quello che vedono tutti ovvero il risultato. Non mi piace e voglio che questo premio sia un riconoscimento per quanto ho fatto fino a oggi, non solo perché sono andato in B col Palermo, ma per tutta la passione che ci ho messo come i quattro anni a Carrara quando ho allenato gratis svegliandomi la mattina per preparare la colazione. Questo deve essere il premio che voglio mi venga riconosciuto, poi a vincere ci sono altre persone più meritevoli di me, . continua Baldini tornando alla scorsa stagione - Il discorso dell’anno scorso è molto indietro nel tempo. Sono innamorato della Sicilia e di Palermo dove sono ancora residente, ogni volta che andavo al Santuario di Santa Rosalia sentivo questa voce che mi diceva che sarei tornato ad allenare il Palermo. A molte persone questa cosa fa ridere e quando mi è capitata l’occasione ho cercato di pescare nella mia anima quello che serviva alla squadra facendo capire ai ragazzi che ero vero quando dicevo certe cose e così si è formata un’alchimia che è diventata magia, la squadra poteva giocare contro chiunque per vincere e non solo, aveva la fortuna che il destino ci aveva regalato di diventare protagonisti. E questa è stata la cosa più bella.
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Cosa prova nel vedere il Palermo all’interno di un grande gruppo internazionale?
“Se io mi metto a parlare nascono cose che possono essere fraintese. Non voglio parlare di quello che non ho e non mi tocca, ma solamente parlare di quello che sono io. Vi darei delle risposte che possono avere interpretazioni e non lo voglio fare per non scalfire la magia dello scorso anno, quando sono arrivate 40mila persone allo stadio in Serie C perché si era creata un’alchimia fra squadra e città, tutti avevano capito che stava succedendo qualcosa al di là del risultato. Me la tengo per le mie riflessioni in campagna con i miei cani”.
Cosa ci stiamo perdendo del bello del calcio?
“Tutti guardano al risultato, se una squadra che sta pareggiando vince o perde al 90° viene vista in un’altra maniera, con altri occhi, e questo non rende giustizia a quanto si è fatto fino a quel punto. Si segue sempre il risultato e mai il percorso che c’è alle spalle e che si vede anche in campo per 90 minuti senza guardare il tabellino dei gol. Bisognerebbe giudicare senza sapere il risultato, ma seguendo quello che ha visto il tuo cuore. Così il calcio, e le persone, migliorerebbe”.
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