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Palermo, Mirri-Di Piazza e la ragion di stato: posizioni divergenti e distanze siderali, prove di tregua per il bene del club

Ricostruzione e risultanze di un'assemblea movimentata che ha confermato divergenze radicali

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Le distanze concettualmente restano siderali, ma c'è comunque la voglia di tutelare la prioritaria “ragion di stato”: il bene del Palermo.

Questo, in sintesi, l'assunto che emerge dall'assemblea dei soci del club rosanero in cui i due azionisti, la famiglia Mirri da una parte, Tony Di Piazza dall'altra, si sono confrontati senza troppi filtri e indugi, mettendo reciproche insofferenze e rispettive carte sul tavolo. I motivi del contendere e la cronologia degli accadimenti in merito alla querelle che ha scosso le ultime settimane della società di proprietà di Hera Hora sono ormai noti e di dominio pubblico. L'immobiliarista americano, seppur socio di minoranza, con il suo comunque consistente 40% delle quote , aveva rivendicato un maggiore e più diretto coinvolgimento nelle scelte strategiche in ambito gestionale e programmatico, lamentando una inopinata marginalizzazione in termini decisionali ed una sistematica tendenza da parte dell'azionista di maggioranza a bocciare ogni proposta da lui avanzata. Al netto delle deleghe, dei rapporti di forza e dei patti parasociali, comunque confini inconfutabilmente delineati dallo statuto all'atto della costituzione del soggetto giuridico. L'interpretazione del ruolo di plenipotenziario e l'egemonia dirigenziale di Rinaldo Sagramola, totalizzante nella sostanza e nella forma, non sarebbe stata gradita da Di Piazza, al contempo infastidito dal confinamento ai margini del suo profilo fiduciario, Gianluca Paparesta. La sovraesposizione mediatica ed il fervore comunicativo a mezzo social, unitamente ad alcune sortite telefoniche verso senatori dello spogliatoio rosanero ed esponenti istituzionali del mondo del calcio, avrebbero contrariato non poco la famiglia Mirri e l'amministratore delegato del Palermo.

Posizioni radicali ed agli antipodi ribadite con trasporto e fermezza dai rispettivi team di legali e dai diretti interessati nella discussione dei vari punti all'ordine del giorno, il tutto alla presenza del Professore Carlo Amenta in rappresentanza degli "Amici Rosanero", soci e protagonisti dell'azionariato popolare. Al fine di affievolire le tensioni e smussare, almeno nella forma, le evidenti spigolosità in seno alla querelle, il team di legali a tutela degli interessi di Tony Di Piazza ha palesato nel consiglio di amministrazione la disponibilità dell'immobiliarista americano a ritirare le dimissioni dalla carica di vicepresidente. Mossa che avrebbe parzialmente spiazzato l'azionista di maggioranza, i cui avvocati avrebbero comunque ribadito la volontà da parte di Mirri di non prendere in considerazione l'ipotesi del passo indietro di Di Piazza, avendo il CdA ormai avviato la pratica di acquisizione e accettazione delle dimissioni dello stesso.

Nei dieci giorni che avevano preceduto il CdA in cui l'immobiliarista italo-americano avrebbe poi ratificato la sua decisione di lasciare l'incarico, nessuno tra vertici dirigenziali e stati generali in seno al club, pur essendo a conoscenza di malcontento e decisione assunta dall'ex vicepresidente, avrebbe mosso un dito per tentare di dissuaderlo. Silenzio eloquente, per certi versi assordante, che avrebbe amareggiato non poco Tony Di Piazza. La partita del nove giugno si è svolta davvero a tutto campo, dagli accordi in sede di costituzione della società, agli impegni in materia di gestione della comunicazione e rapporto con i media, dal delicato tema della capitalizzazione alla delega sull'internazionalizzazione del marchio, dalle revisione del budget post Covid-19 al numero dei biglietti omaggio, fino al progetto tecnico ed agli obiettivi per la prossima stagione. Un botta e risposta, in antitesi quasi perenne, su ogni punto analizzato che ha definitivamente liberato e sdoganato i rispettivi punti di vista ma non ha sostanzialmente avvicinato le parti.

Dei 15 milioni deliberati e sottoscritti allo stato attuale ne sono stati versati in quota parte circa 6,8. Poco più di 4 milioni dall'azionista di maggioranza, circa 2,7 da Di Piazza (1,2 già versati 1,5 entro il 12 giugno) . Nonostante l'atmosfera sia da tregua armata e le crepe nei rapporti interpersonali fondamentalmente permangono, raziocinio e saggezza imprenditoriale consigliano ai due soci di abbassare drasticamente profilo e fragore mediatico delle oggettive divergenze, provando a remare senza scossoni nella medesima direzione verso il perseguimento dell'obiettivo comune. Il Palermo ha una rosa competitiva da allestire, un allenatore da scegliere con cura, un campionato di Serie C da disputare e possibilmente da vincere per riportare il club rosanero in Serie B.

Perpetrare le frizioni, acuendo conflittualità e attriti a favore di camera, non farebbe altro che indebolire potere contrattuale ed immagine della società, implementando il livello delle criticità in ogni contesto.

Esperienza ed importanza della posta in palio impongono un armistizio temporale per il bene del Palermo. D'altronde, Di Piazza non avrebbe interesse né agevolezza nel cedere le sue quote ad un potenziale investitore che ne erediterebbe di fatto posizione di minoranza e limiti, in termini strategici e decisionali. Mirri, dal canto suo, è consapevole che il bene del Palermo passa dalla ricerca di una quanto più possibile duratura armonia tra tutte le componenti, unitamente anche alla disponibilità dei capitali investiti da un socio comunque serio, affidabile e appassionato alla causa rosanero come Di Piazza. Servirebbe uno sforzo comune, per limare, anche solo un minimo, interpretazioni ed atteggiamenti reciproci nel processo di convivenza mediatica ed imprenditoriale. Almeno finché la nave non riesca ad attraccare trionfalmente anche al porto successivo. Verosimilmente, a medio-lungo termine, il binomio è destinato a scindersi, inutile prendersi in giro. Stante l'attuale situazione di incontrovertibile stallo, Mirri e Di Piazza dovranno abituarsi a reggere insieme il timone, almeno per un'altra stagione calcistica, seppur in proporzioni diverse.

Non esistono, nella fattispecie, tempo e margine per ribaltoni o svolte radicali, al momento. La prossima settimana è in programma un nuovo CdA: sarà occasione propizia per verificare se sussistono effettivi presupposti per una prima vera inversione di tendenza. Probabilmente la svolta in casa Palermo è solo rimandata, ma adesso occorre rimboccarsi le maniche e spingere forte verso l'ennesimo traguardo da tagliare. C'è un presente da vivere, una squadra da costruire, un campionato da vincere. Comunque, ad oggi, insieme.

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