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L'INTERVISTA

Mirri: “Ho restituito dignità e immagine al Palermo. Differenza con era Zamparini…”

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L'intervista concessa dal presidente del Palermo, Dario Mirri, al magazine Forbes

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Le ceneri del fallimento della vecchia proprietà, la scalata dalla Serie D ed il ritorno tra i cadetti, il futuro roseo ed ambizioso targato City Football Group.

Il presidente del Palermo, Dario Mirri, racconta la sua favola rosanero nel corso di un'intervista concessa all'edizione italiana del prestigioso magazine Forbes, pubblicata sul numero di ottobre 2022. Di seguito le dichiarazioni dell'imprenditore palermitano.

"Ricordi più belli di questi tre anni al timone del Palermo? Sicuramente la promozione in Serie B, perché è stata il coronamento sportivo del triennio. Mi preme però sottolineare che sono molto fiero di avere ridato dignità al club, di avere creato una società trasparente, con i conti in ordine, con un’eccezionale reputazione e con una partecipazione sempre garantita dei tifosi. Anello ancora molto debole in Italia. Distanza tra i tifosi e le società? Assolutamente sì. Da noi il rapporto tra i tifosi e le società è molto conflittuale. Ed è un problema culturale su cui dobbiamo lavorare. Basterebbe prendere esempio dall’Inghilterra, dove la società condivide tutto con i tifosi e loro rimangono al fianco della squadra a prescindere dai risultati. Perché il club non è del presidente, è dei tifosi. Loro devono sentire questa appartenenza, viverla sempre e comunque. E non è un caso se in Italia fa notizia vedere il tutto esaurito allo stadio e si fa fatica a contrastare la vendita di prodotti non ufficiali. Differenze tra la mia gestione e il ciclo Zamparini? C’era poca attenzione per il cosiddetto senso di appartenenza. Aspetto su cui noi, invece, abbiamo lavorato da subito. Perché è il punto di unione tra passato, presente e futuro, tra partecipazione e continuità. Abbiamo seminato una cultura diversa, di rispetto e attenzione ai tifosi. Quest’anno, per esempio, il numero degli abbonati è sei volte maggiore rispetto a quattro anni fa, quando eravamo sempre in Serie B. Seguire la strada tracciata dalla Premier League è la via giusta?  È l’unica via. Anche perché non ci sono più famiglie italiane disposte a seguire solo il loro cuore. In termini economici, ormai, il livello è troppo alto. Al punto che il calcio è diventato uno sport per pochi, cioè per coloro che possono permettersi grandi investimenti. E investire significa rischio d’impresa, significa avere una grande capacità economica. Ed è qui che entrano in campo i fondi di investimento. Certo, per vincere poi serve anche altro, un mix di competenza, coesione e fortuna. Anche perché il calcio è fondato sul capitale umano, non solo su quello economico.