Eletto dall'opinione pubblica principale capro espiatorio del flop della Nazionale italiana, clamorosamente eliminata dalla fase finale dell'imminente Mondiale che si disputerà in Russia, l'ex commissario tecnico azzurro, Gian Piero Ventura, racconta senza veli la sua verità.
notizie
Italia, la verità di Ventura sul flop Mondiale : “Delegittimazione e violenza inaudita. Mi ero già dimesso, non sarei andato in Russia. Ora parlo io…”
L'ex commissario tecnico della Nazionale italiana, Gian Piero Ventura, racconta la sua verità sul flop Mondiale degli Azzurri svelando tutti i retroscena nel corso del talk di Fabio Fazio "Che Tempo che fa" su Rai Uno...
L'allenatore genovese, ospite del talk show di Rai Uno "Che Tempo che fa", condotto da Fabio Fazio, ripercorre le tappe dolorose di quel fallimento sportivo togliendosi più di qualche sassolino dalla scarpa. Rivendicazioni amare e circostanziate, che chiamano in causa prevalentemente l'ex presidente della Figc Carlo Tavecchio.
"Siamo giunti alla gara decisiva con la Spagna con numeri e risultati importanti. Sette vittorie e due pareggi in nove partite disputate fino a quel momento. C'erano due possibilità: vincerla o andare agli spareggi. Subito dopo la debacle contro un avversario superiore sul piano tecnico ed in quel frangente anche fisico, c'è stata una violenza inaudita nei miei riguardi alla prima sconfitta in un anno, in tanti a chiedere subito le mie dimissioni. C'è stata una delegittimazione esterna sulla mia persona - ha dichiarato Ventura- che ha condizionato il prosieguo del nostro cammino. C'era già stata una delegittimazione interna. Il progetto inizialmente prevedeva la presenza di Marcello Lippi come direttore tecnico e come tutor, poi revocata per ragioni regolamentari che dovevano essere note anche prima. Sono rimasto senza rete in un ruolo che non conoscevo. Avrebbero potuto saperlo in tempi non sospetti, per un anno ho fatto sia il ct che il direttore tecnico. Nel momento in cui sarei dovuto essere investito ufficialmente, poi, improvvisamente, Tavecchio ha deciso di nominare Ulivieri. Questa è una chiara delegittimazione. Dopo la gara con Israele, successiva a quella con la Spagna, mi sarei dovuto dimettere, perché tutto lo stadio fischiava la Nazionale dopo appena dieci minuti di gioco. Mi sono dimesso dopo la partita con la Macedonia. Aveva presentato le mie dimissioni ai dirigenti, dicendo che serviva qualche altra persona che potesse portare serenità, poiché ormai per il sottoscritto era un clima devastante. Le mie dimissioni, comunque, non erano state accettate. Ma avevo già deciso che anche se anche se ci fossimo qualificati, non sarei andato ai Mondiali. Avevo informato anche il mio staff che, anche in caso di vittoria contro la Svezia avrei annunciato il mio addio immediato. Non mi sono dimesso dopo la Svezia perché sarebbe stato come ammettere di essere l'unico responsabile di una disfatta che ha anche altri padri. Sono diventato il capro espiatorio di tutti i mali del calcio. Mi sono messo nei panni degli italiani e so che stanno soffrendo, ma passerà. A me, invece, non passerà mai. Faccio un in bocca a lupo a Mancini di cuore affinché possa essere messo nelle condizioni di poter lavorare in una maniera corretta e di poter aver a che fare con persone che dicono quello che pensano. Ora voglio rimettermi in gioco, ho voglia di tornare ad allenare più che mai e dare delle risposte sul campo. Trentacinque anni di carriera - ha concluso l'ex tecnico diTorino, Cagliari e Sampdoria - non possono essere cancellati o messi in discussione da soli tre mesi".
© RIPRODUZIONE RISERVATA