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Calciomercato Milan, Calhanoglu senza giri di parole: “Mi manca la Germania. Io al Bayern Monaco? Senza Robben e Ribery…”

Le dichiarazioni rilasciate dal centrocampista del Milan e della Nazionale turca: "Se il Bayern Monaco tornasse da me, non direi di no"

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Parola ad Hakan Calhanoglu.

Il centrocampista del Milan e della Nazionale turca, intervistato ai microfoni di 'Sport Bild', è tornato a parlare della sua lunga avventura in rossonero e del suo futuro. Nell'estate del 2017, il classe 1994 ha scelto di trasferirsi in quel di Milano, lasciando il Bayer Leverkusen. In Bundesliga, il calciatore originario di Mannheim ha certamente offerto le sue prestazioni migliori grazie alle quali è riuscito a mettersi in mostra, attirando le attenzioni dei top-club europei. Ora, Calhanoglu - il cui contratto che lo lega alla società meneghina scadrà il 30 giugno 2021 - sogna di tornare a giocare in Germania.

"La Germania mi manca e il Leverkusen fu fantastico per il mio sviluppo, lì per me sarà sempre casa. Sono cresciuto in Germania e dal punto di vista sportivo è normale aspirare a grandi club come Bayern Monaco o Borussia Dortmund. Nel 2014 rifiutai proprio il Bayern Monaco? A quel tempo le posizioni di esterni di attacco erano occupate da Robben e Ribery, non dico che non ce l'avrei fatta, ma sarebbe stato sicuramente complicato. Se il Bayern tornasse da me, non direi di no", sono state le sue parole.

GATTUSO - Ma non solo; il numero 10 di Stefano Pioli ha espresso parole al miele nei confronti di Gennaro Gattuso, ex tecnico del Milan sollevato dall'incarico il 28 maggio, al termine della scorsa stagione. "Mi ha aiutato nella fase peggiore della mia carriera, viste le difficoltà che ho avuto ad ambientarmi a Milano. Non avevo ritmo partita, il corpo non rispondeva e mi ero incupito. Io ho ancora altri dieci anni di esperienze professionali davanti e vorrei mettermi alla prova con i club delle migliori leghe europee".

SALUTO MILITARE -"Era solo un saluto ai nostri militari. Come calciatore, alla gente non piace parlare di politica. Con quel saluto volevamo motivare i nostri soldati per poter tornare sani e salvi. Non era affatto un segno politico o una provocazione. Tutti amiamo la pace", ha concluso.