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Italia, Mancini ha scelto Retegui: il bomber del Tigre e la storia che si ripete

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Ecco chi è il nuovo centravanti dell'Italia di Roberto Mancini

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di Anthony Massaro

Il passato che si ripropone e che oggi mostra scetticismo e perplessità. Un vuoto che si trascina da tempo. La disperata ricerca di una punta credibile e funzionale allo stile ed al modo di intendere il ruolo del centravanti del commissario tecnico Roberto Mancini. L'uomo che ha gonfiato il petto al popolo azzurro ad Euro 2020 e ritenuto unico colpevole per la mancata qualificazione ai Mondiali in Qatar. Il comune denominatore mancante rimane lo stesso, il gol. La chiave del calcio. E se chi è nato nel "Bel Paese" non riesce a garantirlo, si è pescato e si continuerà a pescare secondo le regole, anche fuori dal "Vecchio Continente".

CHI E' MATEO RETEGUI

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Mateo Retegui è la nuova scelta del commissario tecnico azzurro. Nato e cresciuto in Argentina, il classe 1999 di San Fernando, in provincia di Buenos Aires, è ritenuto uno dei centravanti più affidabili in prospettiva del calcio Albiceleste. Tifoso del River Plate sin da bambino, il suo cartellino è di proprietà del Boca Juniors ed in prestito al Tigre. Mondi differenti, culture calcistiche opposte ed unico obiettivo: crescere. Chiuso da Di Benedetto agli Xeneizes, ha deciso di rimanere un'altra stagione in seno al gruppo guidato da Diego Hernán Martínez, con il quale Retegui ha già segnato ventinove gol in 51 apparizioni tra il 2022 ed il 2023.

CARATTERISTICHE TECNICHE

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Realizzazioni sottomisura, guizzi lesti e furtivi, aerei o in spaccata, nel cuore dei sedici metri. Forza, esplosività, risolutezza ai confini dell’area piccola, istinto, movimenti smarcanti e senso del gol. Fatta eccezione per un paio di strepitose prodezze balistiche dalla distanza sfoderate in Primera Division, la fattura delle sue reti ha un marchio nitido ed inequivocabile. Quello del finalizzatore, del terminale offensivo. Classico uomo d’area che però rimane al passo con i tempi, confermando discrete abilità spalle alla porta e nella cucitura nel gioco. Ancora da sgrezzare in molte fasi dello sviluppo della manovra. Retegui a volte rischia di uscire dal compitino, eccedendo in giocate fuori dal suo repertorio. In questo Mancini dovrà essere eccellente, nel tirar fuori tutto il suo potenziale e raffinarlo dove necessita. Il tecnico originario di Jesi, si sa, predilige una prima punta di manovra che interpreti il ruolo in maniera universale. Legando il gioco della squadra, squartando la densità avversaria con rapidi incroci e movimenti incontro, alternati all’attacco alla profondità. Un'attaccante che sia in grado di giocare di sponda, creare varchi per gli inserimenti di intermedi ed esterni, dotato di una tecnica individuale tale da fraseggiare sullo stretto, saltare l’uomo ed imbucarli con i giri giusti.

LA STORIA CHE RITORNA

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La convocazione di Mateo Retegui in Nazionale è finita nella morsa subdola di giudizi superficiali e qualunquisti. I motivi sono legati alle origini del classe 1999, dimenticando la storia dell'Italia, costituita per buona parte dall'emigrazione in tutto il mondo dei propri cittadini. Basti ricordare il mondiale 1934, disputatosi nel "Bel Paese" e vinto proprio dalla Nazionale italiana, allora guidata da Vittorio Pozzo. In quella formazione erano già presenti due sudamericani, naturalizzati italiani: Raimundo Orsi e Luis Monti.

Il primo, nativo di Avellaneda, poi naturalizzato italiano, era un'ala sinistra, già moderna per l'epoca. Possedeva scatto, velocità, un perfetto controllo della palla e disponeva di un dribbling e di un repertorio di finte di corpo difficili da rivedere nel corso della storia calcistica. Giocò 194 partite in prima squadra, fu settantadue volte in Nazionale (tra Argentina e Italia), e Campione del Mondo nel 1934. Nella Juventus segnò ottantotto reti, in tutti i modi: di destro, di sinistro, con il ginocchio, di testa. Uno dei più grandi. Il secondo, detto "doble ancho", figlio di italiani ma nato a Buenos Aires nel 1901, è stato uno dei centrocampisti più forti della storia ad aver calcato i campi dello stivale. Un comandate della zona nevralgica, in possesso oltre che di eccellenti qualità tecniche, anche di un grandissimo temperamento. Monti è stato l’unico calciatore ad aver giocato due finali Mondiali per due Nazionali diverse: nel 1930 con l’Argentina contro l’Uruguay (fu sconfitta per 1-2) e nel 1934 con l’Italia contro la Cecoslovacchia (fu vittoria per 2-1). Il regolamento ad oggi non lo permetterebbe, ma quello che ci dicono i sacri archivi calcistici non può essere cancellato. Gli oriundi nelle varie selezioni ci sono sempre stati e costantemente esisteranno.

Adesso è importante che Retegui impari a resistere alla forza centrifuga di critiche, pressioni, aspettative. Il resto sarà solo ed esclusivamente il rettangolo verde a raccontarlo. Quella dell'ennesimo oriundo italiano che in Nazionale farà...

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