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The story of King Giorgio, Corona si racconta: “Trattative con Palermo e Napoli, adesso mi diverto giocando nei tornei”. E sulla Nazionale e la Serie A…

The story of King Giorgio, Corona si racconta: “Trattative con Palermo e Napoli, adesso mi diverto giocando nei tornei”. E sulla Nazionale e la Serie A…

Mediagol.it vi propone l’intervista a Giorgio Corona, ex attaccante di Messina e Catania, che si è raccontato attraversando tutta la sua carriera e rivelando alcuni simpatici retroscena

Mediagol92

Sudore, pantaloncini e gol. Tanti gol.

Sono queste le tre parole,  magiche e ricorrenti, nella parabola professionale di Giorgio Corona, uno dei centravanti più prolifici nella storia delle leghe minori: 258 reti in carriera tra campionati dilettantistici e professionistici, tra cui una magnifica parentesi in Serie A con la maglia del Catania, durante la quale riuscì a realizzare nove gol.

Fu proprio nel corso della sua esperienza con la maglia della compagne etnea che i suoi tifosi, incantati delle sue prodezze, gli affibbiarono il soprannome di Re Giorgio. Una carriera volta sempre al sacrificio e al duro lavoro, all'insegna dell’ abnegazione e dell'umiltà. L'attaccante palermitano, emblema di perseveranza, professionalità e spirito di sacrificio, ha ripercorso le tappe di una carriera che, per molti versi, somiglia ad una piccola favola,  nel corso di un’intervista concessa ai microfoni di Mediagol.it:

" Chi è Giorgio Corona? Giorgio Corona è una persona che all’inizio lavorava e amava il calcio, che dal divertimento e dalla passione, come spesso accade da bambino, si è trasformato in un lavoro".

Corona ha iniziato con un po’ di ritardo ad affacciarsi nel calcio professionistico. Tutto ebbe iniziò dal Cinisi, con la cui maglia riuscì a farsi notare dai dirigenti del Messina: "Ho iniziato a giocare quando era forse troppo tardi, a 23 anni, ho avuto la fortuna di conoscere due persone importanti nella mia carriera: uno è il mio procuratore, Pietro Liberti, che purtroppo adesso non c’è più e mi piace sempre ricordarlo; la seconda è Pasquale Marino, quando ero in prova alPalermo c’era Nino Barraco, che era un suo amico, e gli consigliò di prendermi per provare a farmi giocare in una categoria superiore che era la Serie D, dal momento che in quel periodo giocavo in promozione. Da lì è iniziata la mia carriera, ho avuto la fortuna di fare 19 gol durante il mio primo anno e poi mi ha monitorato il Messina, io giocavo nel Cinisi e sono andato al Milazzo in prestito con una sorta di comproprietà, per poi essere acquistato appunto dal Messina e da lì è partita la mia carriera nel calcio professionistico".

Nonostante sia nato a Palermo, e sia stato anche in prova con il club rosanero, è stato con la maglia dei cugini e rivali del Catania che Corona è riuscito a coronare, il verbo utilizzato non è casuale, il suo sogno di arrivare in Serie A: "Dal Messina sono andato in prestito in giro per vari club e mi sono fatto conoscere facendo quello che riesco a fare meglio, cioè segnare. Ho provato a vestire la maglia del Palermo, ero in prova lì ma poi non si è fatto più nulla, non so per quale motivo. A distanza di anni senti delle persone che ti ricordano di quel periodo e criticano sempre il fatto che non si scommette mai su quello che hai in casa ma su quello che c’è fuori, e questo è un errore che si continua a fare anche oggi. Devo ringraziare il Catania che mi ha portato in Serie A, ma anche tutte quelle squadre che mi hanno permesso di farmi conoscere e raggiungere quella categoria che tutti sognano diconquistare".

Ed è stato proprio all'esordio in massima serie, nel match in trasferta contro il Cagliari, che ha realizzato una delle reti più belle della sua carriera, uno splendido tiro al volo con cui ha regalato la vittoria al suo club. Un momento di gioia immensa che difficilmente dimenticherà: "Il mio gol più bello? E difficile dirlo, chiunque potrebbe dire quello contro il Palermo o quello all'esordio contro il Cagliari, perché esordisci in Serie A fuori casa, realizzi un gol al volo e vinci la partita, però ce ne sono stati tanti gol: con il Catanzaro, con la Juve Stabia, col Campobassone ho fatto uno alla Van Basten… Ne ho fatti tanti, è difficile sceglierne uno in particolare. Per importanza direi quello in Serie A, ma ne ho fatto di più belli (ride, ndr)".

E poi quel gesto iconico, divenuto il suo simbolo per eccellenza, di arrotolarsi i pantaloncini e cambiare le sorti di una sfida: "Nessuno ci crede ma era veramente una scaramanzia, non volevo diventare un personaggio, non era da me. Quando giocavo nel Borgonuovo eravamo impegnati in una trasferta a Belmonte Mezzagno e perdevamo 3 a 1: poi abbiamo vinto 5 a 3, ho fatto tre gol e da allora negli anni capitava di ripetere quel gesto. Non lo facevo sempre, ma a Catania qualche volta capitava di farlo durante la partita e tutto andava per il meglio".

Nonostante i tanti gol e la fantastica carriera, come accade per ogni calciatore, è impossibile non avere rimpianti, che nel caso di Corona sono fondamentalmente due: non aver vestito la maglia dell’Italia e non aver giocato con un grande club.  Corona rivisita con schiettezza e serenità ai microfoni di Mediagol.it i motivi di rammarico legati al suo percorso professionale: "Io in Nazionale? Credo di non essere stato convocato perché sono arrivato in Serie A troppo tardi, a 32 anni, ho fatto 5 gol in 10 partite e si parlava di una mia possibile chiamata, alla fine un giro sulla giostra della Nazionale lo fanno fare a tutti, magari poteva capitare anche a me. Purtroppo poi mi sono anche infortunato e sono rimasto fermo per più di un mese. La chiamata di un grande club? C’è stata una trattativa nel 2004 con il Napoli, io ero al Catanzaro, i partenopei erano in C2 e ho rifiutato. Non credo sia stato un errore, facciamo il mestiere più bello del mondo, guadagniamo bene. Sono delle scelte che fai in un certo momento, sono stato bene al Catanzaro, ho fatto 27 gol in due stagioni di Serie B, magari al Napoli non avrei fatto bene".

Da palermitano e amante della sua terra, Corona non può che essere dispiaciuto per il momento di crisi che stanno vivendo i club siciliani: "Io ho sempre ragionato da siciliano, mai soltanto da palermitano. Amo la mia terra, faccio il tifo per il Palermo perché voglio che arrivi nella massima serie, però ho sempre tifato per la Sicilia, è brutto vedere delle squadre di provincia con poche migliaia di abitanti che giocano in massima serie e poi vedere il Palermo, il Catania e il Messina, che hanno più di 500.000 abitanti, e che faticano".

Un problema che, secondo il suo parere, affonda le sue origini nell'errata mentalità delle società: "Io ho una mia idea: a mio avviso la Serie C tempo fa era una Serie A, se adesso la Serie A è diventata una Serie C ci saranno dei problemi, di certo non sono di natura economica ma di competenza, chiunque fa l’allenatore, il direttore sportivo o il presidente. Prima ognuno copriva soltanto il suo ruolo, adesso il presidente vuole fare tutto e la conseguenza è che l’Italia si è ritrovata a far fatica contro qualsiasi nazionale".

Per il momento, Giorgio Corona ha deciso di non scendere sui campi del calcio professionistico, chiudendo la sua carriera all'Atletico Catania, e di tornare nella sua Palermo per dedicarsi alla sua famiglia, senza però smettere di calciare quel pallone che ha cambiato radicalmente la sua vita: "Ho smesso di giocare ad aprile, qualche società ancora mi contatta ma per il momento ho deciso di fermarmi e godermi la mia famiglia. Diventare allenatore? Non saprei, sto valutando alcune opzioni ma al momento ho deciso di rimanere a Palermo e poi si vedrà, ho voglia di staccare un po’ la spina, mi diverto giocando con gli amici in qualche torneo".

Di Massimiliano Radicini