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Ternana-Palermo 2-3: Effetto Stellone e vecchi fantasmi. La Gumina fa volare i rosa ma che paura!

Una prestazione autorevole e convincente per ottanta minuti rischia di essere rovinata dal solito inspiegabile calo di tensione. Le novità tattiche e mentali introdotte da Stellone convincono ma certi blackout nervosi restano davvero...

Mediagol2

di Leandro Ficarra

La cura Stellone funziona e rivitalizza il Palermo.

Efficace e tangibile a tal punto da suscitare soddisfazione ed un pizzico di sana rabbia.

La terapia, alla luce dei fatti, poteva e doveva essere somministrata con largo anticipo. L'avvicendamento in panchina rischia di risultare tanto lungimirante quanto tardivo in ottica promozione diretta.

Tuttavia, quello che aveva tutti i crismi per essere un trionfo senza appello si è trasformato in una decina di minuti in un successo thrilling e di misura.

Avanti per tre a zero, dopo aver sprecato più volte il poker, ed aver letteralmente tracimato su un avversario prossimo alla resa, il Palermo ha avuto l'incredibile capacità di rimettere gli umbri in partita. Sufficienza, superficialità, supponenza.

Un blackout inspiegabile e incomprensibile a certi livelli. Con la Ternana che ha bucato due volte Pomini, con Finotto e Tremolada, in pochi minuti, senza opposizione e presenza agonistica alcuna di una squadra che aveva staccato la spina e dato virtualmente il via a prematuri festeggiamenti. Per fortuna, questa volta è andata bene.

Il Palermo doveva vincere ed ha compiuto la sua missione. Mostrando due facce della stessa, complessa ed indecifrabile, medaglia.

La svolta, già intravista nitidamente contro il Bari, c'è stata. Va dato merito a Roberto Stellone di avere comunque inciso, seppur in un esiguo lasso di tempo, sotto il profilo concettuale e tattico.

Proponendo qualcosa di nuovo, interessante e funzionale alla caratteristiche dei calciatori in organico. Sì, perché ai fini di un'alchimia virtuosa ed efficace è necessario non solo che i giocatori sposino il verbo calcistico del tecnico, adattandosi di conseguenza, ma anche, soprattutto, che l'allenatore riesca a cucire un vestito tattico idoneo ad esaltare le attitudini dei singoli.

Stellone, con  elasticità, carisma, disponibilità e coraggio, pare essere sulla buona strada in questo senso. Il Palermo è una squadra diversa rispetto a qualche settimana fa.

Nell'intensità, nella forma mentis, nella predisposizione ed interpretazione del match. Radicalmente rinnovata sul piano dell'assetto tattico e dei principi fondanti della sua manovra.

Con i soliti limiti e difetti nell'esecuzione delle singole giocate e nella gestione di alcune fasi cruciali della partita.

Vittima inconsapevole della supponenza e dei crolli nervosi e motivazionali che rischiano puntualmente di compromettere tutto quanto di buono costruito.

Male atavico, figlio di misteriosi e tortuosi circuiti psicologici a cui difficilmente un tecnico in poche settimane potrà porre adeguato rimedio. Paradossalmente, questi rovinosi momenti di assenza, mentale ed agonistica, affiorano in situazioni di vantaggio o comunque di assoluto controllo.

Talvolta di sereno dominio, come oggi al "Liberati", e per questo ancor più imprevedibili.

Sul piano squisitamente tecnico, tante e proficue le novità apportate dal tecnico romano.

Il 4-4-2 di partenza è in realtà un dispositivo molto duttile ed elastico che concede libertà e varietà di interpretazione ai singoli in relazione a fasi di gioco e contingenze del match.

A patto, chiaramente, di intercambiabilità e predisposizione al sacrificio in sede di ripiegamento e massima attenzione all'applicazione dei meccanismi corali.

La squadra sembra essere dedita e convinta nel seguire questo tipo di percorso e risponde bene alle sollecitazioni del nuovo tecnico.

Oggi abbiamo visto per ottanta minuti un Palermo capace di coprire bene il campo.

Coeso, alto, armonioso e propositivo. Affinati gli automatismi, Rispoli ed Aleesami hanno alternato spinta e sovrapposizioni, garantendo ampiezza ed incisività sull'esterno.

Murawski e Chochev hanno cucito la manovra con ordine, fornendo un contributo di dinamismo e pressing apprezzabile.

Coronado è rimasto un po' sacrificato e fuori dal gioco, partendo esterno alto a sinistra, molto disciplinato e generoso in fase difensiva. Si è acceso maggiormente nella ripresa quando, per ovvie contingenze di punteggio, la Ternana si è terribilmente allungata esponendosi alle ripartenze della squadra di Stellone. Rolando è stato devastante. Tonico, intenso ed ispirato.

L'ex Latina ha confermato duttilità tattica e stato di grazia.

Era lui, paradossalmente ad alzarsi sulla linea di Moreo e La Gumina, formando un tridente offensivo capace di far male più volte agli uomini di De Canio.

Assist, gol da antologia, e straordinaria capacità propulsiva per l'intera durata della sua prestazione. Perché un giocatore con queste caratteristiche ed un tale stato di forma è stato impiegato così poco nella gestione precedente?

L'intesa ed il rendimento del tandem Moreo-La Gumina sono stati elementi chiave per scardinare la difesa umbra. L'ex Venezia  consente numerose varietà di opzioni nello sviluppo della manovra. Fisico e generoso, funge da boa di riferimento permettendo alla squadra di appoggiarsi sul lungo e verticalizzare repentinamente. Sponde aeree e coperture sapienti e preziose della sfera. Viene incontro, si sacrifica in copertura, taglia bene senza palla sull'esterno aprendo varchi invitanti da attaccare. Non un fenomeno ma un tassello funzionale e prezioso nell'economia del gioco di Stellone.

La Gumina beneficia del lavoro sporco dell'ex Venezia ma ci mette tanto del suo.

Lui ha l'argento vivo addosso, pressa come un forsennato ed attacca la profondità con un'innata voracità. Lo fa col tempo giusto e con la rapidità dovuta, forgiando gara dopo gara lucidità e precisione chirurgica in sede di finalizzazione.

Due gol, pesantissimi e decisivi. Per prendersi il Palermo sulle spalle e dimostrare di essere davvero diventato grande. Ed in prospettiva, visti i margini di miglioramento, molto forte in area di rigore.

Tanto è cambiato con l'avvento di Stellone sulla panchina rosanero.

Il baricentro decisamente più alto, così come il pressing, portato sulla trequarti avversaria con le linee ad accorciare in avanti con sincronia sequenziale.

La matrice dell'imbastitura della manovra: non più stucchevoli fraseggi orizzontali dipanati a ritmo blando con scolastico sbocco sull'esterno, ma una ricerca più costante dello sviluppo in verticale, anche ricorrendo al lancio lungo, sfruttando la mole di Moreo e la capacità di La Gumina di dettare e conferire profondità.

L'attacco sulla seconda palla dei centrocampisti, la propensione a velocizzare la transizione per un calcio meno articolato e più essenziale. Disegno che trova ampiezza e sfogo anche sull'esterno, grazie alla sovrapposizione degli esterni bassi, Aleesami e Rispoli, che giocano a duettare con Coronado e Rolando, creando due contro uno sullo stretto ed arrivando sul fondo.

Resta un plus, l'estro ed il genio calcistico di Coronado, capace in virtù di intelligenza calcistica di svariare tra le linee come sull'esterno, cambiando inerzia e dinamiche delle trame offensive. Ovviamente, il peso specifico del brasiliano e la sua integrazione nel suo nuovo disegno tattico sono ancora da registrare al meglio. L'ex Trapani resta comunque un vero e proprio ago della bilancia. Valore aggiunto in grado di fare la differenza e spostare gli equlibri.

4-4-2 che può divenire 4-2-3-1, 4-3-1-2 o 4-3-3, in relazione a dinamismo, duttilità e moto perpetuo dei giocatori offensivi.

Varianti specifiche e sostanziali che si alternano in corso d'opera in subordine a tipologia di avversario e momenti della gara. Accomunate da una medesima filosofia. Propositiva, concreta, essenziale, mirata ad attaccare la porta avversaria in modo semplice e lineare ma costante.

La qualità ed il numero delle conclusioni a rete sono strettamente correlate alle doti tecniche dei singoli interpreti.

Sul blackout mentale e nervoso dell'ultimo quarto d'ora, c'è poco da dire. Non è la prima volta.

L'ingresso di Jajalo in luogo di Rolando con il conseguente spostamento di Murawski ha creato certamente qualche scompenso in un meccanismo che funzionava alla perfezione. Ma non è stata certamente tattica la matrice del pauroso sbandamento finale.

Bisogna augurarsi che sia l'ultima, se si vogliono ancora coltivare le residue chances di promozione diretta.

Il motivo per cui una squadra che maramaldeggia sull'avversario, annientato e alle corde, decide  di sparire con la testa dal campo è razionalmente incomprensibile.

All'improvviso calano vorticosamente i giri del motore, attenzione e disciplina tattica crollano ben al di sotto del minimo sindacale, intensità e vis agonistica prendono anticipatamente la via degli spogliatoi. Non si marca in area, non si pressa, non si accorcia sul tiratore avversario, concedendo tempo, spazio e specchio della porta. Così si prendono gol, sbandate e spaventi. In un nonnulla si rischia di rovinare tutto. Fare con sudore e fatica, disfare in un attimo in maniera scellerata.

Un po' la storia del campionato del Palermo.

Un patrimonio di punti inopinatamente persi per strada. Un festival delle occasioni sprecate.

Puro autolesionismo calcistico, che oggi costringe la compagine rosanero ad inseguire, spingere forte e sperare. Se Parma e Frosinone non dovessero inciampare, anche sei punti potrebbero non bastare. A quel punto non vi sarà tempo per mordersi le mani e ruminare rimpianti.

Bisognerà aggredire i playoff. Cercando di acciuffare in extremis l'obiettivo prefissato. Contando sulla propria buona stella. O, meglio, sul proprio... Stellone.

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