serie b

Palermo-Frosinone: Stellone stratega moderno, l’acuto di Nino ed il bacio della sorte…

PALERMO, ITALY - JUNE 13:  Players of Palermo celebrate  after Emanuele Terranova of Frosinone scoring an own goal during the serie B playoff match final between US Citta di Palermo and Frosinone Calcio at Stadio Renzo Barbera on June 13, 2018 in Palermo, Italy.  (Photo by Tullio M. Puglia/Getty Images)

Il lampo di Ciano e la reazione furiosa ed ostinata del Palermo targato Stellone, bramoso di far suo questo primo atto della finale play-off contro il Frosinone. La sorte ha premiato il coraggio e la caparbietà dei rosa ma non è ancora finita...

Mediagol77

di Benvenuto Caminiti

Il Palermo, dall’istante del magnifico (e fortunoso) gol di Ciano (palla colpita di collo esterno, che fila dritta per abbassarsi in prossimità della rete rosanero diventando imparabile per Pomini), sotto la spinta di tutto lo stadio, cinge d’assedio l’area di rigore avversaria. Corner, mischie, tackles, falli a ripetizione: la difesa del Frosinone sembra un bunker impenetrabile. Si lotta su ogni palla, c’è più foga che tecnica, più ardore che disciplina tattica.

Stavolta Stellone – ed è la prima volta da quando allena il Palermo – presenta la difesa a tre, come ai tempi di Tedino e schiera lì davanti i due cosiddetti incompatibili: Nestorovski e La Gumina. Insomma, dimostra una duttilità che pochi gli riconoscevano ma che conferma il suo spessore di allenatore moderno, che adatta squadra e modulo alla singola partita e al singolo avversario.

Dicevo: il Palermo attacca furiosamente dal gol di Ciano in poi (5’ del primo tempo) ma, per quanto si affanni, lotti e pressi, rari e prevedibili sono i pericoli che corre Vigorito. Ma la squadra non ne risente e continua ad attaccare senza tregua. E come potrebbe non farlo con una cornice di pubblico siffatta? Trentamila - record stagionale della serie B – che cantano, modulano i loro meravigliosi cori della vittoria e sventolano le bandiere rosanero, magari invocando la grazia della “Santuzza”, che guarda e vede tutto dalla montagna che fa da sontuosa cornice al “Barbera”, alle spalle, anzi a ridosso della curva Nord.

Il mio cuore di tifoso-esule, costretto a partecipare solo tramite la telecronaca di Sky, batte sempre più forte man mano che scorrono i minuti e il Frosinone resta, senza merito alcuno, in vantaggio. I tremori, le paure del tifoso, se non stai lì, nel teatro della lotta, diventano più crudeli perché non puoi condividerli con gli altri. Ed è così che mi sento io, davanti alla tv, relegato in un’anomia saletta.

Il primo tempo sta per finire e il Palermo, pur dominando, non riesce a cavare un ragno dal buco, e il peggio è che non  può rimproverarsi nulla perché se la rete del Frosinone resta ancora inviolata è tutto merito della sua strenua difesa, uomo contro uomo, fino all’ultimo respiro.

E’ il 45’, c’è un minuto di recupero, io già penso alla ripresa e a qualche cambio di Stellone per dare una scossa ulteriore al gioco, che risolva la partita e la riporti almeno in parità… quando sull’ennesima incursione di un Coronado molto ispirato, uno scarto, poi un altro e, infine, l’assist per La Gumina. E’ una bella palla, gli arriva all’interno dell’area di rigore, come sempre intasata di uomini in maglia gialla, che sprizzano scintille di furore. Ninuzzu è spalle alla porta, gli soffia alle spalle come un mantice il suo compaesano Terranova, non c’è spazio, almeno io non ne vedo, eppure sono davanti ad uno schermo al plasma HD che ti fa vedere anche moscerini che volano: “Ninuzzu, chista è a to palla, viri chi po’ fari!”, gli suggerisco da ventriloquio, con l’apprensione e il tremore di un padre che desidera il meglio per suo figlio. Ebbene, pare che … mio figlio percepisca il mio sospiro e, in un istante. Il tempo di un batter di ciglia, arpiona quella palla, si gira e di destro fulmina Vigorito con un rasoterra imprendibile, che muore nell’angolino alla sua sinistra.

Immaginatevi il mio urlo di liberazione e la mia voglia matta di abbracciare qualcuno… che non c’è, e siccome non c’è, io, che, per come sono saltato su dalla poltrona, sono già arrivato a due metri dal cielo, tiro su dal petto la collanina che mio fratello Vladimiro  mi mise al collo, prima di darmi l’ultimo saluto, e la bacio, la bacio, la bacio… fino a scoppiare in lacrime… Tanto, non mi vede nessuno e nessuno può ridere di me e del mio amore sconfinato per questi colori che da una vita mi colorano la vita.

Oh, Ninuzzu, io ti ho scoperto subito, ai tuoi primi gol nella “Primavera” del Palermo e tu lo sai perché ci siamo incontrati un mese fa al Tenente Onorato, ci siamo conosciuti, io ho parlato e tu hai ascoltato . E ho capito che bella persona tu sia: poche parole, qualche rossore che sale, gli occhi che si schiudono di meraviglia, il tutto per i miei complimenti e la mia stima nei tuoi confronti.

Nel secondo tempo, il Palermo ha completato l’opera, siglando il gol del 2-1, sia pure con un pizzico ( e forse più) di meritatissima fortuna. Sì, meritatissima perché altro è segnare un gol prodigioso come quello di Ciano e poi sparire dalla circolazione, altro cercarselo il gol con ostinazione, spirito di sacrificio, grinta ed altruismo. Autogol sì ma provocato, quasi cercato dal “velo” geniale di La Gumina e dallo strapotere fisico di Dawidowicz, che si era avventato sull’ennesimo corner di Coronado.

Vittoria strameritata, quindi, quella del Palermo, che però non  può e non  deve pensare di aver chiuso la partita, visto che dopodomani c’è il “ritorno” a Frosinone, il cui stadio, seppure più piccolo del “Barbera”, diventerà un inferno per i nostri ragazzi, che dovranno far finta di non sentire e non vedere. Nemmeno le provocazioni dei vari Dionisi e compagni, sperare nella fermezza di polso e nella serenità di giudizio dell’arbitro e,ma, ad di là di tutto, contare sulle proprie forze e sulla volontà invincibile di riportare il Palermo in serie A. Là dove merita di stare.  Per la città. Per i suoi tifosi. Per la sua storia.

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