“Gasperini e Di Francesco maestri del calcio italiano”.
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Sacchi: “In Serie A ho individuato i veri maestri del calcio italiano, ecco di chi si tratta”
L'ex c.t della Nazionale Italiana, Arrigo Sacchi, elogia Gasperini e Di Francesco
Lo ha detto Arrigo Sacchi, intervenuto ai microfoni del Corriere dello Sport. Dopo la deludente eliminazione della Juventus dalla Champions League e del Napoli dall’Europa League, l’ex c.t della Nazionale italiana è tornato ad analizzare il momento non idilliaco del calcio italiano, elogiando le qualità di colori i quali reputa i maestri del futuro.
“Ne ho individuato almeno cinque o sei, solo in Serie A. Butto lì Gasperini e Di Francesco, ma non mi metto a nominarli tutti. Di Francesco non ha avuto la possibilità di portare avanti il suo insegnamento, a Roma. Non mi meraviglia. Qualsiasi tentativo di cambiare le cose deve partire dai club”.
CALCIO ITALIANO – “Il calcio italiano non vince perché non fa squadra. Ci riusciamo talvolta in situazioni tragiche. Per esempio, dopo la Seconda Guerra Mondiale abbiamo trovato l’unità di intenti e siamo diventati una delle prime potenze industriali. Per tornare al calcio, quando ci siamo coagulati intorno alla Nazionale abbiamo vinto due Mondiali. E’ una questione di storia, di cultura, di racconto. Una vittoria senza bellezza non è una vittoria”.
JUVENTUS –“In coppa è stata fatta fuori da una squadra ben organizzata di bravi ragazzi, molti dei quali sconosciuti. La Juventus intesa come squadra ha un club strutturato alle spalle, una tradizione invidiabile e un allenatore tra i più bravi che ci siano. Un tattico sopraffino. Ma è pur sempre calcio italiano. Giochiamo con otto o nove uomini invece che con undici. Neppure coinvolgiamo il portiere, non abbastanza”.
CR7 –“Neppure Cristiano Ronaldo ha potuto cambiare la situazione, ma tutto rientra nello stesso schema. Ci viene paura, pensiamo che il talento del singolo ci salverà, lo compriamo e mettiamo nei guai gli amministratori senza risolvere il problema. Gullit si metteva a ridere nel vedere tutti gli esercizi individuali che pretendevamo di imporgli e Rinus Michels si chiedeva se fossimo matti. Avevano ragione. Si deve allenare la squadra, non il singolo”.
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