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Le verità di Schelotto: “Zamparini ha ragione, sapete cosa avrei dovuto fare per allenare il Palermo?”

Le verità di Schelotto: “Zamparini ha ragione, sapete cosa avrei dovuto fare per allenare il Palermo?”

L'intervista all'ex tecnico del Palermo.

Mediagol40

Ventinove. E' il numero di giorni trascorsi da Guillermo Barros Schelotto in Sicilia alla guida del Palermo.

Beh, definire guida quella esercitata da lui in rosanero è probabilmente un termine inadeguato, anche se al 90% corrisponde a verità. Il tecnico di La Plata, durante la sua esperienza in Serie A, era autorizzato a presenziare agli allenamenti della squadra capitanata da Sorrentino, ma la domenica non poteva nemmeno sedersi in panchina... in teoria, perché poi Zamparini - con una manovra già usata al Venezia - lo ha posizionato nel 'banco' da dirigente accompagnatore. La sostanza, comunque, non mutava: al Mellizo non era riconosciuto diritto di parola, privilegio di cui godeva invece Giovanni Tedesco, il mister ufficiale della Prima Squadra in quella porzione di stagione.

"Che esperienza è stata quella al Palermo? Beh, mi aspettavo di rimanere di più in Italia (ride, ndr). Sono state delle settimane intense, ma brevi perché l'UEFA non mi ha riconosciuto il tesserino da allenatore - ha raccontato Guillermo Schelotto -. All'inizio a me e mio fratello avevano detto che erano necessari tre anni di esperienza da tecnico di una Prima Squadra e noi, di fatto, ne avevamo conseguiti tre e mezzo sulla panchina del Lanus. Poi le carte in tavola sono cambiate".

La decisione -"L'abbiamo presa una notte, era domenica (8 febbraio, ndr) e la comunicammo un giorno dopo alla società rosanero. Qui in Argentina lo seppero prima che il Boca Juniors giocasse contro il San Lorenzo de Almagro in Supercoppa (sfida del 10 febbraio persa per 4-0 dai gialloblù, ndr)", ha aggiunto il tecnico argentino che si è insediato il primo marzo sulla panchina degli xeneizes (tre pareggi e una vittoria per il Boca da quando è guidato da Schelotto).

Zamparini ha ragione - "Il presidente del Palermo ha detto che, appena compresa la situazione, non ho provato in alcun modo a rimanere a Palermo? E' vero, ha ragione. Era impossibile pensare di proseguire l'avventura in rosanero. Decisi allora di rassegnare le mie dimissioni, pur sapendo che stavo per lasciarmi scappare un'opportunità unica che potrebbe anche non più capitarmi in carriera. Però - dice Schelotto a LaNacion - questa era la decisione più logica da prendere. Pensate, fossi rimasto a Palermo, fino a giugno avrei dovuto vivere nella seguente maniera: non sarei potuto entrare nello spogliatoio, lo staff tecnico non avrebbe potuto prendere posto in panchina. Zamparini mi ha fatto sedere in panchina in qualità di dirigente accompagnatore. Ok, poteva essere una soluzione, ma che allenatore è quello che durante le partite non può alzarsi, raggiungere il bordo del campo e urlare indicazioni ai propri giocatori? Ci siamo sentiti limitati e soprattutto a disagio: non è un trattamento cui sono abituati gli allenatori. Per questo motivo ho detto basta. E l'ho detto anche per il bene del Palermo. In che senso? Sapete, i giocatori hanno bisogno di ricevere i giusti incitamenti durante un match e li vogliono ricevere da quel tecnico che li allena in settimana. Una squadra come il Palermo, che lotta per la salvezza, necessita massima comunicazione tra tecnico e calciatori".

I corsi a Coverciano -"La società mi ha chiesto di frequentare un corso in Toscana, a Coverciano. Sarebbe cominciato ad aprile. Ma frequentare questo corso non sarebbe bastato. Una volta conseguito il primo 'diploma', ne avrei dovuto cominciare un altro, da settembre 2016 fino a metà di maggio 2017, una volta al mese. E infine, sentite questa, un altro da giugno a luglio 2017, da lunedì al venerdì. Mi è sembrato più che giusto tornarmene in Argentina e continuare ad accumulare esperienza alla guida del Boca Juniors".