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Belgio, Lukaku: “Ricordo quando schivavo i ratti per casa. La mia missione era diventare il migliore, oggi…”

Belgio, Lukaku: “Ricordo quando schivavo i ratti per casa. La mia missione era diventare il migliore, oggi…”

Le toccanti rivelazioni dell'attaccante belga del Manchester United, Romelu Lukaku, che si racconta tra presente e passato

Mediagol97

Dopo la bella doppietta rifilata al malcapitato Panama nel corso della sfida di esordio al Mondiale russo del BelgioRomelu Lukaku sta vivendo un momento assolutamente magico sotto ogni punto di vista, ma il passato del centravanti del Manchester United non è stato dei più facili.

Nel corso di un'intervista rilasciata ai microfoni di The Players’ Tribune, il giocatore belga ha infatti raccontato la sua infanzia complicata, segnata prevalentemente dal ricordo della povertà:

"Ricordo il momento esatto in cui mi resi conto che eravamo in miseria, non semplicemente poveri. Avevo sei anni e, tornando a casa da scuola per la pausa pranzo, vidi mia madre piangere. Quel giorno il menù era lo stesso del giorno prima e di tutti quelli precedenti. Pane e latte allungato con l’acqua era tutto ciò che ci potevamo permettere. Feci una promessa, giurando che un giorno sarebbe cambiato tutto e che avrei smesso di vederci vivere in quelle condizioni. Mio padre era stato giocatore professionista, ma ormai aveva smesso di giocare ed eravamo rimasti senza soldi. La prima cosa che scomparve fu la Tv: niente più calcio. Poi la corrente elettrica: niente più luce, spesso per settimane. Quindi l’acqua corrente, via anche quella, e io che mi facevo la doccia in piedi dentro alle pentole, lavandomi i capelli con acqua raccolta in piccole scodelle. Nei miei primi anni avevo un solo obiettivo: fare la storia del calcio belga. Non volevo essere tra i più forti, puntavo ad essere semplicemente il migliore, il più forte e il più grande di tutti. Perché ricordavo quando schivavo i ratti in giro per casa, perché non ho mai potuto guardare la Champions in Tv e perché ricordo come mi guardavano i genitori degli altri ragazzini. Per me era un missione".