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Sciopero: botta-risposta in tv tra Lega Calcio e Aic

Nel corso della puntata di “Sky Calcio Show”, sono intervenuti in diretta telefonica il Presidente della Lega Calcio Serie A Maurizio Beretta e il vice Presidente della Figc e Consigliere.

Mediagol8

Nel corso della puntata di “Sky Calcio Show”, sono intervenuti in diretta telefonica il Presidente della Lega Calcio Serie A Maurizio Beretta e il vice Presidente della Figc e Consigliere dell’Aic Demetrio Albertini, entrambi interpellati sullo sciopero proclamato dai calciatori per la prossima giornata del campionato di Serie A (11-12 dicembre). Mediagol.it vi propone di seguito tutte le dichiarazioni. PARLA MAURIZIO BERETTA: Oggi c’è stato un incontro tra lei e il Presidente Abete. A che punto si è arrivati? E’ una situazione di stallo. L’Aic si è alzata dal tavolo e non consente di fare la parte finale della trattativa con questa pregiudiziale sul settimo e l’ottavo punto. La verità è che noi dobbiamo fare un accordo che riguardi tutti i temi. Si può dunque pensare che alla fine l’accordo abbia dei punti di mediazione, ma l’idea che, siccome non si rinuncia pregiudizialmente a discutere di due punti, per non subire un sopruso, non si possa trattare nemmeno sugli altri sei, questo assomiglia molto alla volontà dichiarata di non arrivare a nessun accordo e di fare lo sciopero tanto per dare un’esercitazione muscolare. Lo sciopero, di fatto, è molto facile da fare e soprattutto va a danno degli utenti, di chi va allo stadio, di chi ha sottoscritto gli abbonamenti con le pay tv e di nessun altro. Noi pensiamo che questa idea sia molto sbagliata e molto grave perché si può registrare un consenso o un dissenso su delle proposte, cercare di avvicinarsi progressivamente, ma l’idea di mettere dei paletti preventivi e dei veti che sono dei veri soprusi, non ha nessun senso e tiene bloccato tutto il confronto. E un peccato perché nel merito, in realtà, si potrebbe, se prevalesse la ragione, arrivare rapidamente ad un’intesa. Perché non rispettare semplicemente i contratti? Lei da per ufficialmente decaduto l’articolo 8, cioè il trasferimento coatto? Prima di tutto non abbiamo mai parlato di trasferimento coatto, in secondo luogo non do nulla per decaduto perché vorremmo discutere di un accordo collettivo. Stiamo parlando di diritti. Facciamo l’esempio dei gruppi di allenamento: noi non stiamo dicendo nulla di diverso dalla possibilità di utilizzare i fattori secondo le esigenze del tecnico. Quello che non va bene oggi, nella stesura dell’accordo collettivo, è l’obbligo di fare allenare tutti con la prima squadra. E’ un meccanismo che apre possibilità di contenziosi infiniti, mentre se discutiamo che non possano esserci articolazioni con intenti discriminatori o penalizzanti, noi siamo talmente d’accordo da volerlo scriverlo. Il fatto che non si possano organizzare gruppi di allenamento secondo esigenze diverse perché ci si espone al rischio di contenziosi, credo sia un problema che con i diritti non ha niente a che vedere. Noi stiamo parlando di organizzare dei gruppi di allenamento, escludendo qualunque tipo di discriminazione. Potrà avere la società, a fronte di contratti di questa portata, la possibilità di organizzarsi al meglio? Io sono d’accordo sul fatto che i diritti non abbiano un problema collegato alla retribuzioni, ma le flessibilità organizzative ce le hanno eccome. Di questo stiamo ragionando, non di meccanismi discriminatori. Se i giocatori accettassero di chiudere questi due punti, voi cedereste sugli altri? Si fa una trattativa senza il pallottoliere. Cerchiamo di costruire un accordo. Dentro questo accordo, ognuno porterà a casa dei risultati e qualcosa lo lascerà, ma lo possiamo vedere complessivamente senza dei tabu e delle prepotenze? Ho sentito le parole molto ragionevoli di Demetrio Albertini che in larga parte posso anche condividere. Scriviamole in questo modo, lo continuo a dire, diamo la possibilità senza rischiare contenziosi di creare più gruppi di allenamento, sanzioniamo laddove ci siano delle tipologie che possano configurarsi come fatti discriminatori o di mobbing. Se siamo d’accordo su questo principio, allora non ci sono distanze, se non siamo d’accordo, allora vuol dire che non si vogliono nemmeno consentire i gruppi separati per alimentare il contenzioso. Come sono i rapporti con Grosso e Campana? E’ da un po’ di tempo che evitano di incontrarci. Noi a tutti i tavoli ci siamo presentati, loro spesso no. PARLA DEMETRIO ALBERTINI: Viene avvertito come un sopruso, una forma di ricatto non sedersi al tavolo se non si trova un accordo sul settimo ed ottavo punto, e quindi far saltare il tavolo? L’augurio è quello di trovare un’intesa e che ci sia un accordo innovativo. Devo anche sottolineare quanta demagogia e superficialità ci sia quando si parla di calciatori che guadagnano miliardi e non possono bloccare un campionato per far valere i propri diritti. Non si sta parlando di situazioni economiche ma di due punti, ma bisogna pensare sempre ed esclusivamente all’inizio della vicenda, non alla fine. Due soggetti liberamente si siedono al tavolo e liberamente decidono la durata e il quantitativo economico. Già oggi ci sono tante possibilità di stipulare dei contratti di un anno-due anni, con incentivi diversi da quelli che vengono fatti adesso. E poi, le rose ampie ci sono sempre state, è normale che un allenatore tecnicamente non possa allenare 30-40 giocatori come capita per alcune rose della Serie A, in quasi tutte le situazioni vengono gestite sul piano tecnico dell’allenamento e quindi i giocatori si sentono tranquillamente investiti della possibilità di potersi allenare come calciatori e non essere dei fuori rosa per delle forzature e per obbligare dei trasferimenti. La parola sciopero non si addice, su questo siamo tutti d’accordo. Per quanto riguarda il punto 7, l’equivoco è quando il Presidente Beretta parla di società che possano decidere di poter fare dei gruppi separati. I gruppi separati nel calcio sono naturali durante gli allenamenti, l’importante è che il calciatore non si debba sentire al di fuori di un progetto. Poi, anche se non scende in campo la domenica, la scelta tecnica va rispettata, ma questo non può diventare un mezzo per obbligare qualcuno ad andare via. Questo è quello che chiedono i calciatori. Tutto il resto i calciatori sono disposti ad accettarlo. Sono passati più di 80 giorni e non si è ancora trovata una linea comune, che io mi auspico si trovi ancora adesso, perché in questo periodo le possibilità di trattative sono cambiate.