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PENSIERI E PAROLE IN LIBERTA Rossi, nei momenti peggiori si esprime lessenza

di Benvenuto Caminiti Ho apprezzato Delio Rossi, pur dopo la peggiore partita del campionato del suo Palermo, perché è nei momenti peggiori che un uomo esprime il meglio o il peggio di.

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di Benvenuto Caminiti Ho apprezzato Delio Rossi, pur dopo la peggiore partita del campionato del suo Palermo, perché è nei momenti peggiori che un uomo esprime il meglio o il peggio di sé, a seconda che si tratti di un uomo vero o di un ominicchio. Ed ieri si è avuta l’ennesima conferma a quale categoria appartenga l’allenatore riminese. Presentatosi in sala stampa, si è sottoposto, con la consueta disponibilità, alla consueta fila di domande dei cronisti, rispondendo con mirabile serenità e prontezza di riflessi a tutte le domande, non solo le più scontate ma anche a quelle (volutamente o meno) provocatorie. Come quando l’acuto intervistatore gli ha chiesto chi, a suo parere, fosse stato il migliore del Catania: “Io sono l’allenatore del Palermo - ha risposto, tirando su una palpebra così da sogguardarlo di traverso - chiedetelo a Mihajlovic!”. C’era tutto Delio Rossi in quella risposta, la sua collera repressa per una partita scellerata, la sua delusione profonda per un appuntamento decisivo, clamorosamente fallito, ma nessuno (o i pochi eletti di questo mondo del pallone - che è un mondo a sé, dove l’apparire conta più dell’essere - che lo conoscono davvero) se ne è accorto e l’intervista è proseguita leggera come una piuma, con i soliti sorrisi e i soliti convenevoli finali. Se non si è in grado di percepire la sua sottile ironia, quasi sempre velata da un lieve impalpabile sorriso, non si capirà mai qual è il suo vero stato d’animo, il suo pensiero più profondo, perché lui, tra un ammiccare e l’altro, tra un’occhiata piena di stupore ed un’altra d’ammirazione, ti porta fuori strada, così che tu pensi che lui è soddisfatto e contento ed invece è incavolato di brutto e… medita vendetta. Nel senso che, nel momento stesso della delusione e dell’amarezza per una partita finita male, lui già pensa alla partita successiva, a come prepararla e ad apportare le opportune rettifiche per non incorrere più negli stessi sbagli. E se n’è avuta netta la percezione quando ha bruscamente (cosa che non appartiene al suo consueto aplomb) interrotto il cronista che gli elencava gli errori commessi dai suoi giocatori, dicendo: “Alt, farebbe bene a dire che la partita l’ho sbagliata io, che la colpa unica e sola di questa sconfitta è mia!”. E qui ha chiuso l’intervista, di colpo il cronista s’è zittito, ritraendo il microfono. Potenza dei gesti, potenza degli sguardi, quando gli uni e gli altri parlano più e meglio di mille parole. Come il suo atteggiamento in panchina lungo tutto il primo tempo, quando il Catania ha annichilito il Palermo ed ha pietrificato il suo allenatore, che se ne stava raggomitolato nel suo angolino, senza dar visibili segni di vita, masticazione di chewin gum a parte, ché quella è il suo specialissimo modo di comunicare con i suoi giocatori durante la partita: non ordini secchi ed urlati e sbracciamenti vari, ma accelerazione o decelerazione della stessa, a seconda… delle necessità del gioco e della squadra. Ed il Palermo del primo tempo, sballottolato come un fuscello in piena tempesta, lo aveva relegato in fondo alla panchina, praticamente inerte, come non credesse ai suoi occhi e non riconoscesse i suoi giocatori: “Ma questi chi sono? Ma che combinano?”, sembrava domandarsi, senza appigli per una risposta purchessia. Il Catania, col suo furore agonistico e la sua ferrea disciplina tattica, aveva annichilito non solo il Palermo ma anche il suo allenatore, sgomento ed immobile, rannicchiato come volesse nascondersi per la vergogna nell’angolo più remoto della panchina. “Ahinoi, ormai la partita è finita!”, ho pensato, anche se eravamo solo sull’1-0 per il Catania e c’era tutto il tempo di rimediare e, magari, di vincerlo questo ennesimo, maledetto derby: “Se anche Delio Rossi è nel pallone, addio sogni di gloria!”. Poi, nella ripresa finalmente il Palermo ha cominciato a giocare ma si era già sul 2-0 e la rimonta appariva sinceramente improbabile se non impossibile, ma io ci speravo lo stesso solo perché Delio Rossi era tornato Delio Rossi, in piedi, braccia conserte a fare avanti e indietro entro e pure oltre la cosiddetta “area tecnica”, a masticare con rabbia e voluttà, insomma a guidare la sua squadra nel bene e nel male. E, sia pure a sprazzi, s’è rivisto finalmente il vero Palermo, con le occasioni in serie (Cavani, Pastore, Hernandez, Cassani) e s’è rivisto pure il suo allenatore, quello vero, quello che masticando masticando si rimpossessa della sua squadra e torna a guidarla là dove tutti noi, tifosi o semplici sportivi imparziali, pensiamo che meriti di arrivare: ai preliminari di CHAMPIONS LEAGUE.