di Benvenuto Caminiti Io dico che Delio Rossi la tentazione di dirgli di no lha avuta ma che lha scacciata via in fretta e furia prima di crederci davvero pure lui: cera il popolo rosanero lì fuori ad aspettarlo a braccia aperte, cera una fantastica doppia semifinale di coppa Italia da giocare, cera soprattutto una verità da chiarire e rendere pubblica a tutti, ai buoni ed ai cattivi, ai belli e ai brutti, ai furbi e agli ingenui. E cioè che lallenatore del Palermo è lui, lui lha costruita questa squadra, lui le ha dato un gioco, una fisionomia, uno stile, tutta roba cui nessun altro Cosmi o chicchessia aveva il diritto di metter mano. Ecco perché Delio Rossi ha accettato di ritornare; i soldi non centrano, non centra neppure la voglia, matta e sfruculiante, di rinfacciare a Zamparini un assioma lapalissiano e cioè che ciascuno deve recitare il suo ruolo e non pure quello degli altri, come troppo spesso succede al presidente rosanero. Le sue lacrime, il giorno dopo lesonero, davanti ai tifosi che lo invocavano, erano autentiche lacrime damore: gli stavano strappando dalle mani la sua creatura, si sentiva defraudato, e si ribellava a suo modo, da signore qual è, senza lanciare accuse e, soprattutto, senza far pettegolezzi. Anzi, sollecitando i tifosi a star vicini al nuovo allenatore perché - testuale - il presidente passa, lallenatore passa, anche i giocatori passano ma il Palermo resta . Ed un paio di giorni prima del derby, in una lunga intensa intervista resa a Mediagol, a domanda precisa, dichiarava: Mah, certo ci penserei su un momento perché la botta è stata forte . Sì, ci penserebbe su un momento, risponde, ma si capisce dal tono della voce, che si spezza e sinterrompe come in un singulto speciale demozione, che non vede lora di tornare a riprendersi quel che gli appartiene, comè suo sacrosanto diritto. Il che si intuisce solo, lui non lo dice espressamente, ma che importa? Delio è acqua chiara, è limpido e trasparente, i suoi sentimenti gli si leggono negli occhi, le parole sono un corollario, hanno la grazia e leleganza dei fiori di campo, non sbattono mai contro nessuno, anche quando esprimono amarezza e dolore come dopo quel 7-0 al Barbera e il brutale esonero di poche ore dopo. Lui ne prende atto e, in quel sit-in con i suoi tifosi allAddaura Hotel, sommessamente, a voce bassa, quasi impercettibile, dichiara: Sì, va bene, mi adeguo anche se non capisco . E in questo bailamme chè diventato il Palermo, dove gli allenatori vanno e poi ritornano, di sicuro non cè più niente, neppure lamore dei tifosi per questa squadra. E dico squadra, non certo Palermo, perché quello resta sempre, immutabile, invincibile; è lamore per unidea, per i colori, per una storia. Che centrano certi giocatori che, appena preso un gol, spariscono dal campo? Lo hanno fatto in casa con lUdinese e lhanno rifatto ieri al Massimino nella madre di tutte le partite. Lunica che i tifosi rosanero non vorrebbero mai perdere. Una vergogna difficile da cancellare, una vergogna al quadrato se pensiamo che questo 4-0 è la replica di quellaltro subito in casa sempre ad opera dei cugini rossazzurri. Che, a cominciare dal loro presidente, poi si fanno la bocca larga con gli sfottò a dire: Ma che commento volete che faccia se non che ai 4-0 sul Palermo ormai ci siamo abituati?. Insopportabile! Ed è per questo che il ritorno di Delio Rossi si presenta carico di insidie, tuttaltro che semplice da gestire: cè una squadra da ricostruire soprattutto sotto laspetto mentale, ormai precipitato a livelli infimi; cè un capitano, il nostro inimitabile ed insostituibile Miccoli, relegato in panchina come un comprimario qualunque, da riportare nel cuore del gioco rosanero; ci sono i gioielli di famiglia da rilucidare così che risplendano di nuovo come ai bei tempi, intendo Ilicic e, soprattutto, Pastore, che sembra trafitto da un sortilegio, che allimprovviso gli ha bruciato tutto il talento che madre natura gli ha regalato. E cè - prima di ogni altra cosa la necessità di riconquistare il cuore dei tifosi, cui la vergogna del derby di ieri ha inferto un colpo quasi mortale, perché tutto son capaci per amore di perdonare tranne che di essere presi a pesci in faccia, sfottò ed insulti in serie dai cugini catanesi, che ieri sul 4-0 cantavano in coro: Cin -que Cin-que . Ora tocca a loro, ai giocatori, alla fine i veri responsabili nel bene e nel male dei destini di una squadra, perché sono loro che scendono in campo e perché solo il campo alla fine detta le regole, dice chi sono i buoni e chi i cattivi, decreta vincitori e vinti: il resto è aria fritta o come sul dire Delio Rossi il resto sono chiacchiere e le chiacchiere se le porta via il vento!. Siamo con te, Delio, riportaci al posto nostro, né in cielo ma neanche nella polvere; qualcosa valiamo se siamo stati capaci di battere Juve e Milan e se fino a due mesi fa giocavamo il più bel calcio della Serie A o giù di lì; non è possibile che allimprovviso siamo diventati unarmata brancaleone; devessere solo questione di testa ( e di cuore) e tu sai come fare per risvegliare certi pensieri stupendi. Senza esagerare, però, non cè più tempo e poi tu non sei il tipo, tu non parli mai tanto per parlare, hai rispetto dei sentimenti e dei sogni dei tifosi, non racconti mai loro frottole colorate ma semmai verità in bianco e nero. E se questa squadra è nata per giocare dattacco così tu la fai giocare e pazienza se becchi troppi gol se ne fai almeno uno di più. Come succedeva fino a due mesi fa, solo che poi è arrivato qualcuno che ha detto che era ora di cambiare. Ma io spero non fino al punto di lasciarla da sola questa squadra, senza più i suoi tifosi che minacciano di disertare il Barbera domenica contro il Cesena: sarebbe la fine, uno spreco imperdonabile. Mancano ancora sette partite e tutto è ancora possibile, basta affidarsi alla sapiente regia di mister Rossi, che sa di che parla quando dice a Miccoli tu sta lì davanti e imbecca Pinilla o suggerisce a Pastore di svariare su e giù per il campo come gli detta lestro del momento e quella grazia speciale che hanno solo i fuoriclasse come lui.
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PENSIERI E PAROLE IN LIBERTA Rossi, la tentazione di dire no e la vergogna del derby
di Benvenuto Caminiti Io dico che Delio Rossi la tentazione di dirgli di no lha avuta ma che lha scacciata via in fretta e furia prima di crederci davvero pure lui: cera il.
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