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PENSIERI E PAROLE IN LIBERTA Poteva essere il coronamento di un sogno e invece…

di Benvenuto Caminiti Ho ancora davanti agli occhi il colpo di testa sghimbescio di Budan ad una manciata di minuti dalla fine: tutta la porta, larga quant’è larga, lì davanti a.

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di Benvenuto Caminiti Ho ancora davanti agli occhi il colpo di testa sghimbescio di Budan ad una manciata di minuti dalla fine: tutta la porta, larga quant’è larga, lì davanti a lui, spalancata, il tiro secco a filo d’erba di Pastore respinto da Storari, la palla che schizza ad altezza d’uomo ed Igor, il croato, che la colpisce di fronte piena. Troppo piena, perché la scaraventa ad un palmo dal palo di sinistra del portiere blucerchiato. Un “OOOHHH” straziante sale in cielo, è il poderoso grido di dolore dei quarantamila sugli spalti, non c’è più niente da fare, addio Champions, ecco i pensieri veloci come il vento ed amari come il fiele che quel pallone buttato via si porta dietro! L’anima del tifoso è forte come l’acciaio ma può diventare in un attimo fragile come stelo di fiore: dopo il pareggio di Miccoli la speranza galoppava a briglie sciolte (Ce la facciamo, la vittoria è ad un passo, crediamoci!), la Samp (la teutonica Samp di Del Neri, capace di sonnecchiare per lunghi tratti e poi colpire a tradimento come fa lo scorpione che tira su la coda e lì c’è il veleno che stordisce) sembrava boccheggiare ed infatti il Palermo, trascinato dall’urlo ininterrotto della sua folla, l’aveva schiacciata nella sua area e giusto al 90’ una verticalizzazione di Pastore aveva liberato Hernandez solo davanti a Storari. Sembrava fatta ma, pur nel fragore stordente degli spalti, s’è udito il fischio di Rosetti che, su segnalazione erronea del guardalinee, strozzava in gol l’urlo liberatorio della folla: “Goooooool!”. Poteva essere il 2-1, poteva essere il coronamento di un sogno inseguito per una vita, lunga più di cent’anni, quella del nostro Palermo, che non c’era mai arrivato, neanche vicino, a giocarsi la Champions. Ed in un attimo - dicevo – la speranza se n’è volata via, lasciando il posto alla disperazione e i pianti che ho visto sugli spalti e in mezzo all’erba mi confermano che anche i calciatori hanno un cuore. Che soffrono anche loro, come i tifosi, che danno l’anima anche loro, come i tifosi, che s’inebriano di felicità dopo un gol anche loro, come i tifosi, che sperano e si disperano anche loro, come i tifosi. Ho visto Sirigu, il giovane stupendo portiere rosa, inginocchiato, la testa tra le mani ed ho letto il suo labiale, detto tra le lacrime: “Dio mio, speriamo che lo segna!”, un attimo prima che Miccoli calciasse il rigore. Così come ho visto Delio Rossi girarsi di spalle per non guardare, poi levare alte le braccia verso la folla in festa per l’1-1 raggiunto. E quando leggo e sento che il calcio ormai non ha un cuore io non voglio crederci e scene come quelle di ieri, scene di spalti ma anche di prato verde e di calciatori, mi confortano, perché dicono che il cuore c’è sempre, finché ci sono gli uomini e i sentimenti e le passioni e la voglia di lottare. Tutto quello cui si è assistito ieri nei meravigliosi novanta minuti della partita, che ha visto due squadre stupende battersi lealmente con tutte le loro forze, senza trucchi e senza inganni, correre, lottare, cadere e rialzarsi sempre a visto aperto. Col sole in fronte. Ed accettare la sconfitta, se sconfitta può dirsi per il Palermo - ma io dico di no – l’1-1 di ieri. Ed infatti Zamparini alla fine si è detto convinto che “In Champions ci andiamo noi!” e sembrava una dichiarazione di facciata, tanto per dar coraggio all’ambiente, che comunque il coraggio, ce l’aveva di suo se è vero che anche Liverani ha detto che “Io ci credo, finché la matematica non mi condanna … E domenica c’è Samp-Napoli ed io non conosco nessuno che scenda in campo per perdere…”. Nella domenica in cui per l’ennesima volta i tifosi rosanero hanno dato dimostrazione che si può amare alla follia la propria squadra senza, per ciò, fare… follie, ma solo col cuore, gridando “Forza Palermo” dal primo all’ultimo istante e pure oltre; nella domenica in cui un fuorigioco inesistente, ci scippa dalle mani la vittoria che ci avrebbe portato ad un passo dalla Champions, la folla resta civilmente al suo posto e poi ci sono solo lacrime e rabbia ma nient’altro; io dico che una squadra così, con un pubblico così, con un presidente ed un allenatore così, la Champions l’ha vinta lo stesso. Comunque. Anche se, poi, a giocarsela sarà la Sampdoria dell’ennesimo ex che nulla perdona alla sua vecchia squadra. Com’è giusto che sia. Nel calcio come nella vita. E per ciò mi sento di dire: grazie ragazzi, ci avete regalato un sogno. Comunque, anche se non dovesse diventare realtà. Ma io ci spero ancora. Io sono fatto di pasta rosa e nera ed il nero l’ho dato tutto ieri pomeriggio dalle tre alle cinque della sera, quando prima un rigore beffardo ha consentito alla Samp di passare in vantaggio e fino ad allora si era solo difesa e poi Budan ha gettato alle ortiche la palla della vittoria. Ora basta! Ora mi tocca solo il rosa della vita e questo rosa non può essere che la nostra vittoria a Bergamo mentre la Samp non riesce a battere il Napoli…