senza categoria

PENSIERI E PAROLE IN LIBERTA Pinilla e il bacio allamorevole “palo”

di Benvenuto Caminiti Quel palo baciato alla fine del primo tempo dopo essere stato preso a calci è la rima baciata di una sublime poesia scritta da Mauricio Pinilla. E’ la firma apposta.

Mediagol8

di Benvenuto Caminiti Quel palo baciato alla fine del primo tempo dopo essere stato preso a calci è la rima baciata di una sublime poesia scritta da Mauricio Pinilla. E’ la firma apposta sotto una vittoria attesa da fin troppo tempo, che spezza un incantesimo che sembrava aver stregato la squadra di Delio Rossi. Già Pinilla, cileno ricomparso dal nulla dopo essere svanito per anni nel sottobosco del calcio peggiore, quando nessuno avrebbe scommesso un euro su di lui. Tranne il Grosseto, serie B di secondo livello. Il presidente gli disse: “E’ la tua ultima occasione, non la sprecare!”. E Pinilla non la sprecò. Tutt’altro: segnò a raffica, qualcosa come un gol a partita, precisamente ventisei su ventotto. Un vero prodigio. E qui, come un falco, piombò Walter Sabatini e, dopo una fulminea trattativa, il cileno diventò rosanero. Un’altra scommessa? Certo, visto che la Serie A non è la Serie B ed il Palermo è ben altra realtà rispetto al Grosseto. Pinilla arrivò che non stava ancora bene, reduce com’era dagli esiti di un infortunio, che lo aveva tolto di mezzo per quasi mezzo campionato. Qualcuno già dubitava di lui, della sua piena e completa ripresa, ma Sabatini prima e lui subito dopo rassicurarono anche i più scettici: “Capirete presto che grande acquisto ha fatto il Palermo!”, si sbilanciò l’ex diesse rosa, solitamente uno che, pur dalla parola facile, non ne spreca una, anzi la soppesa, la mette sul bilancino e solo al termine di tanto lavorio lui parla. E per Pinilla disse che il Palermo avrebbe presto scoperto il suo nuovo Amauri. Da parte sua Pinilla non faceva proclami: “I fatti innanzi tutto! - disse però più di una volta – E i fatti presto dimostreranno che io sarò ben degno di vestire la maglia del Palermo!”. Il campionato cominciò senza di lui: nelle partitelle precampionato stentava, faticava, sembrava (ed era) in ritardo di condizione e Delio Rossi non lo gettò subito nella mischia, preferì aspettare. E poi c’era Hernandez che scalpitava, sembrava l’anno suo, quello della consacrazione, non era il caso di indugiare oltre. L’uruguaiano segnò tre volte contro il Maribor sia al "Barbera" che in Slovenia. E c’era pure Maccarone, una garanzia sia in fatto di esperienza che di gol. Insomma, per Pinilla c’era ancora da aspettare: “Pazienza – suggeriva Delio Rossi – arriverà presto anche il tuo momento!”. E Mauricio disciplinatamente faceva “Sì” con la testa, mentre il cuore galoppava veloce e la fantasia pure di più. Finché arrivarono i due sloveni, Bacinovic ed Ilicic e, con loro, un nuovo modulo, il cosiddetto “albero di natale”, con Pastore ed Ilicic dietro l’unica punta. E l’unica punta eccola, era lui, il cileno, l’ex desaparecido, che non aspettava altro, erano passati interminabili mesi dall’infortunio col Grosseto, non ne poteva più, stava venendo al mondo la sua seconda bambina, quello era davvero il momento di entrare in campo e far vedere a tutti chi era veramente Mauricio Pinilla! Segnò subito il gol del pareggio contro il Lecce, dopo averne già fatto uno buono, annullato per un inesistente fuorigioco; poi si ripetè ancora in casa con il Bologna (un perentorio stacco di testa a sovrastare Britos, uno davvero forte nel gioco aereo), quindi l’inutile gol di Udine, per altro bellissimo (mezza girata al volo con palla scagliata sotto l’incrocio dei pali) ed infine ieri, col Genoa, dopo aver colpito due pali ed essere stato stregato ben due volte da Eduardo, a tu per tu col portiere rossoblù. Un gol liberatorio, che gli sprizzava nel cervello tanta di quella adrenalina da farlo inginocchiare sotto la curva a braccia spalancate come a dire: “Ecco, questo è Mauricio Pinilla, uno che non si arrende mai, sbaglia una due tre volte, magari il palo, sempre lo stesso, gli strozza in gola l’urlo del gol, ma alla fine segna ed è ancora più bello così!”. Per questo, quando l’arbitro fischia la fine del primo tempo e le squadre lentamente scivolano dentro il tunnel degli spogliatoi, lui fa una piccola deviazione verso sinistra e noi tutti sugli spalti ci chiediamo: ”Ma dove va Pinilla? Gli gira la testa per la gioia del gol e non si raccapezza più?”. Sì, la testa gli gira sicuramente, ma solo perché è felice. Il suo gol ha battuto anche il sortilegio di quel palo, che sembrava avercela con lui, gli rimandava indietro tutti i suoi tiri e lui s’era arrabbiato molto e l’aveva preso pure a calci: per questo, ora voleva in qualche modo rimediare, perché lui è fatto così, sentimento e passione, prima rabbia ed ora tenerezza. Eccolo, quindi, accanto al palo, prima carezzarlo come si farebbe con una fanciulla e poi baciarlo, una due volte. Sembrava dirgli: “Scusami, mi pareva ce l’avessi con me ed invece ero solo io che sbagliavo!”. Poi ha difeso il suo gol con le unghie e con i denti, ha attraversato cento volte il campo da una parte all’altra, come un terzinaccio ha pure spazzato più di una volta la sua area ed alla fine, stremato, ha ceduto il posto a capitan Miccoli, un altro che ritorna e tutti sanno con quale trepidazione è atteso dal popolo rosanero. Lui, Pinilla, gli va incontro e lo abbraccia forte e poi gli dà pure una pacca sulla spalla e magari gli dice: “Vai, Fabri’, fagli un gol pure tu!”