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PENSIERI E PAROLE IN LIBERTA Palermo-Roma, Rubinho colpevole o gol casualità?

di Benvenuto Caminiti L’arbitro ha appena fischiato la fine della partita ed un brusio precede il lungo, caloroso applauso degli oltre ventimila tifosi che hanno sfidato il diluvio.

Mediagol8

di Benvenuto Caminiti L’arbitro ha appena fischiato la fine della partita ed un brusio precede il lungo, caloroso applauso degli oltre ventimila tifosi che hanno sfidato il diluvio (l’ennesimo di questo sfortunato inizio di campionato) per non perdersi quella che s’annunciava come la partita del riscatto. Lentamente e mestamente gli spalti si svuotano e i giocatori lasciano il terreno di gioco: tutti tranne Walter Zenga che rimane inchiodato, come impietrito, davanti alla panchina. Sembra una statua. Venti, trenta, quaranta secondi poi un saltello e via, stancamente, verso gli spogliatoi, come volesse prolungarla quella bellissima partita. Sì, bellissima, seppur finita male per un insieme di sfortunate casualità. Tipo la lavagnetta-sostituzioni non pronta nell’istante in cui Zenga aveva deciso di far entrare Bovo: “Magari – dirà, poi in conferenza stampa – fermavo il gioco e l’azione ripartita diversamente… Magari, toccava a noi la palla del 4-2…”. Ed invece, su un lancio lungo di De Rossi verso l’area di rigore del Palermo, si è avventato il velocissimo Okaka, trovandosi solo, seppur defilato, davanti a Rubinho, l’uscita del quale è apparsa subito – a tutti, in campo e dagli spalti – precipitosa e azzardata. L’impatto non ha dato scampo: rigore. Rigore netto. Rigore solare, a dispetto della pioggia battente. Un’ ”uscita”, quella del’ex portiere genoano, esagerata, l’ennesima, visto che qualcosa del genere era già accaduta nel triangolare di agosto con Siviglia e Maiorca. Sullo 0-0 con il Maiorca, Rubinho s’era gettato tra i piedi dell’attaccante avversario, travolgendolo. E non sembrò a nessuno, né in campo né sugli spalti, che ci fosse bisogno di tanta “furia”. Lungi da me l’intenzione di addebitare a Rubinho la mancata vittoria con la Roma, che è scaturita, come ho già detto, da un insieme di causalità, ed ho citato la lavagnetta. Qui aggiungo il fatto che De Rossi e quel suo ennesimo lancio verso l’area di rigore sono stati baciati dalla dea bendata: nove su dieci, queste palle in verticale vengono neutralizzate dai difensori tutti schierati davanti al portiere. Invece la palla è schizzata sulla melma ed è finita sui piedi di Okaka, liberissimo davanti a Rubinho che gli si s’è gettato tra i piedi travolgendolo, mentre invece, avrebbe dovuto costringerlo verso l’esterno, senza toccarlo. Peccato. Sono sicuro che Zenga, che di mestiere faceva il portiere e pure bene, anzi benissimo, finita la partita, riviveva in play-back il film di quel’”uscita” e si macerava dentro così tanto da non riuscire a muoversi: “Com’è possibile – si chiedeva incredulo – la partita era già vinta…”. Anche se, un’ora dopo, davanti ai giornalisti, su precisa implacabile domanda su Rubinho, rispondeva: “Dalla panchina non si vede bene, le prospettive sono diverse così come le distanze… Come faccio a dire che quell’azione si poteva gestire meglio?...”. Ed ha aggiunto con un lieve sorriso: “E poi, anche se avessi qualcosa da ridire sul comportamento dei miei ragazzi, certo non lo farei qui, ma semmai faccia a faccia negli spogliatoi!”. Ho avuto in quell’istante chiara la percezione che finalmente stia sbocciando come un fiore il Palermo di Zenga, quello annunciato con le fanfare quest’estate dall’ex portiere di Inter e Nazionale, quello capace di strabiliare e, perché no, di lottare per lo scudetto!