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PENSIERI E PAROLE IN LIBERTA Lemozione di un saluto vero: Delio Rossi, lallenatore dei record

di Benvenuto Caminiti “Delio Rossi alé, Delio Rossi, alé…”. Giacca blu e cravatta celeste, un lieve sorriso e lo sguardo diritto di chi ha la coscienza tranquilla:.

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di Benvenuto Caminiti “Delio Rossi alé, Delio Rossi, alé…”. Giacca blu e cravatta celeste, un lieve sorriso e lo sguardo diritto di chi ha la coscienza tranquilla: “Non fatela più difficile di com’è già – esordisce – e mettetevi a sedere, per favore…”. Ma si armeggia con i microfoni… Funzionano o no? E lui aggiunge, ma è quasi un sospiro, come parlasse tra sé e sé: “Per quello che devo dirvi i microfoni non servono…. Poi, visti gli indugi, scherza: “No, quello di Mediaset, no… dà fastidio…”. La sala è stracolma, cronisti e tifosi trepidano nell’attesa di sentire quel che ha da dire e lui già un po’ turbato comincia così: “Allora… onestamente non so da dove cominciare anche perché non ci sono abituato… sono parecchi anni che non mi trovo in una situazione simile… insomma, dopo un avvicendamento…”. E si liscia il mento, è un gesto abituale come quel suo iniziare il discorso con la frase, che è poi una domanda retorica “sai cosa c’è?”, che gli serve per inquadrare meglio la domanda o l’argomento che si accinge a trattare. “Non sapendo da dove cominciare… comincio dalla fine: ero a casa, ieri e verso mezzogiorno mi arriva una telefonata della società che mi comunica l’esonero… Poche parole, stringate… Certo me l’aspettavo, tuttavia ci son rimasto male e poi ho chiesto se c’era bisogno che scendessi giù… che so, firmare qualche carta… Ma mi hanno risposto di no, che sarebbe stato emesso un comunicato ufficiale… Quindi se oggi sono sono qui è solo per voi, per salutarvi, per ringraziarvi. Avrei voluto farlo a Boccadifalco, così avrei salutato anche i ragazzi e tutti gli altri, che hanno lavorato magnificamente… tutti, anche i magazzinieri, i massaggiatori e non solo il mio staff… tutti quelli che lavorano nell’ombra...”. Non si sente volare una mosca, tutti ad ascoltarlo in religioso silenzio e lui, che chiacchierone non è ma conosce bene il fascinoso potere delle parole, le calibra ad una ad una con sapiente misura, parole che vanno dritte al cuore dei “suoi” tifosi, specie quando dice che la “Storia era già scritta da tempo, si aspettava solo l’epilogo”, per concludere: “No, non aspettatevi da me dichiarazioni di fuoco, non sarebbe nel mio stile… a bocce ferme, semmai… a bocce ferme si vedrà… Intanto c’è il nuovo allenatore, ragazzi stategli vicini perché gli allenatori passano, i presidenti passano… pure i giocatori passano... Solo il Palermo resta!” . E qui un’ovazione che lo scuote e gli inumidisce gli occhi, lui resiste, gli trema il mento, ma è un attimo e, guardando davanti a sé, mentre rimbomba tra le pareti dello splendido salone dell’Addaura il coro: “Delio Rossi, alè… Delio Rossi, alè…”, dice con flebile voce: “Ragazzi, ho finito, grazie, grazie di tutto… io non sono bravo con le parole… “. E fa per alzarsi mentre un coro di voci lo inchioda alla sedia. “Qualche domanda, mister, ce la concede?”, lui ha un attimo di esitazione, poi precisa: “Basta che non mi chiediate i… fatti miei, lo ripeto, sono sceso a Palermo per salutarvi, perché non potevo andar via così…”. E fioccano le domande e sono tutte pertinenti, così che lui risponde e spesso si commuove, come quando spiega che se non se n’è andato dopo il 7-0 lo ha fatto perché “un allenatore deve lasciare solo quando la squadra non lo segue più, quando la gente non lo vuole più: e non era il mio caso!”. E quando gli chiedono se, dopo la notizia dell’esonero, ha ricevuto telefonate di solidarietà. lui risponde con lo sguardo velato dalla melanconia: “Altro che telefonate, mi basta guardarvi negli occhi per vedere il rispetto che mi portate: lo stesso che io ho sempre avuto per voi!”. Rifà il gesto di alzarsi ma una domanda un po’ a tradimento gli solletica l’orecchio ma ci vuol ben altro per agitarlo: “No, ragazzi, i motivi veri li conoscerete a fine stagione, leggendo il libro che scriverò proprio per dire finalmente la mia su tutta la vicenda!”. E qui si concede l’unico franco sorriso di una mattinata all’insegna della commozione e della gratitudine, i due sentimenti che lo hanno “costretto” a tornare a Palermo anche se al telefono gli avevano detto che non c’era più bisogno di lui, neanche per mettere una firma. Così, come si concede l’unico fremito di rabbia, quando lo pizzicano sulla sua presunta incapacità di reggere il confronto con un uragano come Zamparini, all’indomani di una sconfitta: “Ho sempre accettato le critiche … fanno parte del gioco, anche quelle palesemente insensate, ma solo se rivolte al tecnico…. Mai quelle all’uomo, perché io mi considero una persona degna, uno che può guardarsi tranquillamente allo specchio e sorridere. E quando è successo, ho replicato anche a muso duro, ma sempre di persona, perché io non ho due facce…”. Alla fine, sento tanta tristezza in fondo al cuore e mi domando: “E’ giusto lasciar andar via un uomo così perbene?”. Non mi chiedo nulla sul tecnico, se è un guaio perderlo o meno, perché il calcio è strano, è una “roba da matti” e non sempre vincono i migliori. Come nella vita.