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PENSIERI E PAROLE IN LIBERTÀ Lecce-Palermo, Munoz e i tifosi…

La rubrica del giornalista-tifoso e scrittore Benvenuto Caminiti. Questa settimana, protagonisti di "Pensieri e parole in libertà" la partita di Lecce e il giocatore più discusso delle.

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La rubrica del giornalista-tifoso e scrittore Benvenuto Caminiti. Questa settimana, protagonisti di "Pensieri e parole in libertà" la partita di Lecce e il giocatore più discusso delle ultime uscite rosanero, Ezequiel Munoz. di Benvenuto Caminiti Bortolo Mutti, ovvero il colpo d’ala che non ti aspetti! Alzi la mano, infatti, chi non si è stupito, ieri - mancavano pochi minuti all’inizio della partita - nel leggere la formazione del Palermo: difesa a tre e … un certo Labrin, al centro della stessa, al suo esordio assoluto in maglia rosanero! Personalmente, sono rimasto a bocca aperta e le sensazioni erano tutt’altro che piacevoli: facciamo ridere là dietro ormai da mesi e che fa Mutti per rimediare ad infortuni e squalifiche? Presenta una difesa inedita e un “novellino” di cui nessuno sa niente! E, ciliegina sulla torta, insiste su Munoz, da settimane al centro di una diaspora che brucerebbe le ali anche ad un falco reale. Insomma, il mite, pudibondo Mutti si gioca tutto: non solo la partita ma anche la sua panchina. E chi se l’aspettava così temerario? Ma, bando alle ciance e ai cattivi pensieri, e via ai novanta minuti più “delicati” dell’intera stagione: mi sono piazzato davanti alla Tv e ho urlato in … play back - che nessuno mi sentisse, così non mi prendevano per pazzo - : “ora gliene facciamo tre a questi derelitti del Lecce… Mi dispiace che sono alla frutta, sono simpatici, sono gemellati, ma noi dobbiamo vincere, non possiamo mica rischiare la B per dar loro una mano?” A questo punto vi chiederete se il Palermo non mi abbia definitivamente fatto perdere il lume della ragione. E io rispondo: possibile, anzi probabile, ma che ci posso fare? Faccio sempre così prima della partita, mi predispongo per la vittoria, sicura e immancabile. Quali che siano le avvisaglie della vigilia - infortuni, squalifiche, avversario - io, PRIMA, penso sempre che vinceremo. Fosse pure il Barcellona l’avversario di turno! E’ una questione di pancia, mica di testa, che è messa a tacere e non entra nemmeno in discussione. Non ho detto, si spera, ma si desidera. La speranza non basta, quella alberga nel cuore degli sportivi, noi tifosi “pensiamo” e lo facciamo con tale intensità da escludere qualsiasi alternativa. E, PRIMA che l’arbitro fischi l’inizio della partita, va tutto bene, si galleggia in una realtà virtuale, che non esiste se non per noi tifosi. Poi … Poi, però, comincia la partita e noi si torna, spesso brutalmente, nel mondo vero, quello di tutti gli altri, dell’avversario che ringhia e lotta, dell’arbitro che, spudorato, ci fischia contro i calci di rigore, che esibisce il rosso e caccia via uno dei nostri. Che vita, ragazzi: increduli, come bambini innocenti, ci sbattiamo il muso e non ce ne rendiamo neppure conto. Munoz, sì ancora lui, commette fallo da rigore e subito andiamo sotto di un gol. E ci sentiamo inermi, perfino stupidi ad amare così tanto una squadra che poi ti tradisce al primo respiro e sento qualcuno intorno a me, sussurrare quasi in falsetto la famosa frase. “Ancora Munoz…Te l’avevo detto!…”. Com’è violento e brutale questo rientro nella vita vera! Lo penso finalmente anch’io: “Povero Munoz, che male abbiamo fatto per meritarcelo? E Mutti, perché insiste ancora su di lui? E’ scarso, inadeguato ed è pure… sfortunato!”. Ma sono solo pensieri, non una parola esce dalla mia bocca, non ne sarei capace: il mio atteggiamento verso i miei giocatori è simile, molto simile, direi uguale a quello del papà nei confronti del suo figliolo diletto. Ogni scrafone è bello a mamma soia, dicono a Napoli, e io non impreco contro i miei giocatori. Mai, neanche quando ne combinano di cotte e di crude, come il Munoz delle ultime (e penultime) partite. Soffro, ma, specie se d’intorno, lo massacrano, io sono portato a difenderlo, anche se è indifendibile. Così, quel “Te l’avevo detto…", mi trafigge il cuore ma mi fa scappare un singulto, che vuole essere un tentativo di difesa ma è solo un sospiro: “Mischinu…”. E, siccome la telecamera lo inquadra in primo piano, quasi mi commuovo per lui, lo scruto attentamente e vedo solo i suoi occhi smarriti. Ma vedo anche la carezza sulla nuca che gli regala capitan Migliaccio, uno che sa che significa lottare e vincere. Ma anche perdere. Quel gesto mi riconsola con il mondo, anche se poco dopo, nel giro di un paio di minuti, rischiamo il secondo e pure il terzo gol. “Ce la facciamo - mi ripeto - ce la dobbiamo fare, questa partita non la possiamo perdere!”. E, infatti, che succede poco dopo? Succede quel che non t’aspetti perché così è il calcio; è un po’ come la vita, che quando tutto sembra perduto arriva un refolo di vento e spazza via ogni logica e il mistero si svela, e il calcio ridiventa la favola di noi eterni bambini innamorati, ovvero lo sport più bello del mondo. C’è un calcio d’angolo, lo batte a regola d’arte Ilicic e chi si avvita in area, chi colpisce quel pallone di testa spedendolo in fondo al sacco? E’ lui, il … reprobo, il mai troppo vituperato Munoz, che in un istante da demone diventa angelo e regala il pareggio al Palermo. Sì, Munoz, che nessuno voleva più in campo, che dopo Milan e Roma si era alienato le ultime simpatie dei tifosi, i pochi, rarissimi che ancora gli davano un qualche credito. Gli altri lo volevano fuori squadra e, come capita, nei rapporti passionali, si era esagerato, preconizzandogli un futuro da serie inferiori, molto inferiori, tipo promozione, per intenderci. Tutti lo volevano fuori, tutti, ma non il mite, pudibondo Mutti, che, a dispetto perfino dei santi, lo ha schierato al centro della difesa e gli ha messo accanto non Migliaccio, come il resto del popolo rosanero quasi pretendeva ma un perfetto sconosciuto, quel Labrin, dato in prestito d’estate al Siena e mai schierato neanche per un minuto. Che coraggio, ragazzi! Lo confesso, anch’io ho pensato si trattasse di pura incoscienza, se non di peggio. E non è detto che non avessi avuto ragione a pensarlo. Ma d’altronde, senza un pizzico di incoscienza, che noia sarebbe la vita. Per tutti, anche per l’allenatore, all’apparenza più pacato e tranquillo delle ultime panchine rosanero: Bortolo Mu...tti. E adesso, scampato il pericolo (non del tutto, ma mancano solo cinque punti alla salvezza) si guarda lontano e arriva uno come Panucci, abituato ai grandi palcoscenici, in attesa di Perinetti, che conosce (ed ama) la piazza come pochi. E saprà farsi apprezzare e rispettare. E non solo dal presidente.