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PENSIERI E PAROLE IN LIBERTÀ Il “genio” Miccoli riaccende il Palermo

La rubrica "Pensieri e parole in libertà" del giornalista-tifoso e scrittore Benvenuto Caminiti. Questa settimana protagonista in campo: il capitano Fabrizio Miccoli. di Benvenuto Caminiti .

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La rubrica "Pensieri e parole in libertà" del giornalista-tifoso e scrittore Benvenuto Caminiti. Questa settimana protagonista in campo: il capitano Fabrizio Miccoli. di Benvenuto Caminiti Che bello averlo ritrovato! Sì, lo confesso, avevo temuto fortemente che non lo avrei più rivisto qual era prima di quel fastidioso infortunio e lo avevo pure scritto, perché, amici lettori, io con voi mi sfogo e lo faccio sempre in tutta sincerità, senza nascondere nulla, senza mai fingere. Ecco, se c’è un cosa su cui potete contare, magari una sola, è che non faccio giochi di prestigio. Mai. Quel che scrivo è sempre quel che penso. Anche se poi mi capita di cambiare idea. Ma a chi non succede, se non agli sciocchi? Ma torniamo in tema. Ieri sono stato felice di ritrovarlo e, così, di rimangiarmi in una botta sola, le mie pessimistiche previsioni su di lui. Sul capitano. Su Fabrizio Miccoli, perché – lo avrete capito all’istante - è di lui che sto parlando. Domenica ho rivisto il Miccoli dei tempi belli, quello dei 19 gol di due stagioni fa, quello che da solo, quando decideva di farlo, risolveva le partite. Quello dei colpi di genio, quello della fantasia al servizio del calcio e dei compagni, perché lui non si limita – e che bel limite sarebbe codesto! – a finalizzare il gioco del Palermo, ma spesso lo rifinisce per il gol del compagno. Come ha fatto ieri praticamente per tutt’e cinque le reti rosanero. E lo ha fatto correndo come un forsennato, da mesi non lo vedevamo correre così; da una parte all’altra del campo, inseguendo l’avversario quando questi gli strappava palla. Cosa che tentò invano di inculcargli Delio Rossi nei due anni di panchina rosanero: “Miccoli è l’artista del Palermo – usava dire tra il serio e il faceto – non posso pretendere da lui che mi faccia anche l’operaio!”. E se la rideva sotto i baffi. Poi a Miccoli capitò quel brutto infortunio nella partita più importante della stagione, quella contro la Samp, che era una specie di spareggio, mors tua vita mea; si procurò il rigore subendo una proditoria ginocchiata da Zauri e, pur dolorante, volle assumersi la responsabilità di batterlo. Gol! Il Palermo era ancora in corsa, anche se subito dopo Miccoli dovette uscire dal campo in barella e l’arbitro non vide al 90’ il fallo da rigore su Hernandez! Ebbene, quel Miccoli sembrò chiudere lì la sua carriera di autentico genio del calcio: rientrato dopo oltre sei mesi di durissima convalescenza, non sembrava più lui e da lì la panchina sembrò diventare la sua sede più ...naturale. Ma lui non si rassegnava, mordeva il freno e le sue dichiarazioni lo dimostravano chiaramente, spesso rabbiosamente. Tuttavia Delio Rossi non dava ascolto alle sue “lamentazioni”, non ritenendolo in grado di reggere l’urto dei novanta minuti. Al punto che nella partita delle partite, nella madre di tutte le partite mai giocate dal Palermo nella sua storia, in quella famosa finale di Coppa Italia all’Olimpico di Roma contro l’Inter, gli fece fare poco più di 35 minuti, quando incontro e risultato erano ormai praticamente compromessi. Lui se la legò al dito perché l’uomo – al di là dello stesso campione e capitano – è orgoglioso, guai a toccarlo nell’amor proprio, perché reagisce come una belva ferita e sputa scintille di veleno. Così, appena iniziato il ritiro precampionato, con Pioli al governo della squadra, lui in conferenza si tolse tutti i sassolini che aveva nella scarpa e pure qualcos’altro. E disse chiaro e tondo che quell’affronto di negargli la finale della vita a lui nessuno aveva il diritto di farlo. Neanche l’allenatore! Poi, però, in campo non sembrava più lui: qualche guizzo, qualche gol ma poco altro, e certo questo non bastava al Palermo per tornare ad essere una squadra da Europa League. E non bastò al povero Pioli per conservare il posto, lui responsabile come tutti del pessimo avvio rosanero nel preliminare di Uefa League: senza il vero Miccoli che altro poteva fare l’allenatore? Che non fosse un inetto si sapeva, anche se in quei due mesi – luglio e agosto – quel suo Palermo tutto sembrava tranne che una squadra: e lo ha dimostrato, infatti, nel Bologna, dove sta lavorando egregiamente e, quindi io dico che, se avesse avuto lui il Miccoli che abbiamo visto ieri, anche Pioli sarebbe andato benissimo sulla panchina del Palermo. Ma meglio per Mutti, il saggio e umile Mutti, che ieri non ha sbagliato una mossa, e che – confessiamolo apertamente – quando chiedeva fermamente che gli prendessero Donati dal Bari, come il regista che aspettavamo dai tempi di Liverani se non addirittura da quelli di Crorini, non lo prendevamo neanche sul serio. E pensavamo: “Donati? Se gioca, e nemmeno regolarmente, nel Bari, come può risolvere i problemi di regia del Palermo?”: insomma, il mite Mutti nessuno se lo filava in questa sua stramba pretesa, ma per fortuna non Zamparini, che gli ha dato retta e ha subito ingaggiato l’ex barese. Che, a sua volta, appena arrivato, ha “sparato” le sue dichiarazioni bellicose, parlando a viso aperto “del mio ruolo, che è quello del regista: io magari son solito giocare un po’ più avanti ma anche lì dietro mi andrà bene... E lo vedrete!”. Ed infatti, lo abbiamo subito visto. Si è piazzato davanti alla difesa e lo ha fatto con una tale naturalezza da sembrare uno che lì dietro c’.. era nato: senso della posizione, palloni smistati di prima, lanci di trenta-quaranta metri (tra i quali uno bellissimo che liberava Miccoli davanti a Frey, per poi fallire d’un soffio il diagonale), limpida visione di gioco: il tutto con grande semplicità, come vuole calcio che, se lo giochi con semplicità e naturalezza, anche le cose più difficili te le fa sembrare facilissime. Perché così è il calcio: se il talento di cui disponi lo usi senza tanti fronzoli, può diventare persino irresistibile. Anche per questo, resta lo sport più amato al mondo, e non bastano gli scandali e tutte le altre porcherie, che l’assediano da decenni, a buttarlo nel cestino. E ad obbligarci a passare in altro modo e altrove le nostre domeniche.