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PENSIERI E PAROLE IN LIBERTA I tifosi che non tradiscono il Palermo

di Benvenuto Caminiti Erano sì e no una cinquantina, lì, nel cuore della curva Nord, che è il loro regno incontrastato: erano gli ultras, i soli ad uscire a testa alta da un.

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di Benvenuto Caminiti Erano sì e no una cinquantina, lì, nel cuore della curva Nord, che è il loro regno incontrastato: erano gli ultras, i soli ad uscire a testa alta da un “Barbera” che rimbombava di urli, fischi, rabbia repressa troppo a lungo. I soli ad aver fatto per intero il loro dovere di tifosi. Di tifosi, a prescindere. A prescindere dalla prestazione dei propri giocatori, dai loro errori marchiani e, perfino, dalla loro fragilità emotiva. Hanno incitato la squadra dal primo al novantesimo, senza un attimo di tregua, cori ininterrotti, un “Forza Palermo” commovente, che avrebbe risuscitato i morti. Ma, ahimè, non i venti giocatori che Pioli ha alternato sul terreno di gioco nei novanta minuti della partita. Da vecchio cronista che ha passato una vita in mezzo a loro nel cuore della curva, ho provato tenerezza per quei cinquanta ultras che si sono sgolati, hanno dato l’anima per spingere la squadra verso la vittoria. Senza cavare un ragno dal buco. E, tuttavia, senza fermarsi mai, nella speranza che la squadra rispondesse alle loro sollecitazioni col gioco, con l’impegno, con la determinazione. Ed invece, in campo, c’era solo confusione, anarchia, pressapochismo. Ognuno correva (male) per suo conto, ciascuno in cerca di gloria personale, quasi sempre con esiti disastrosi. Ho visto spettacoli anche peggiori, tecnicamente parlando, nei miei tanti, tantissimi anni rosanero, ma quasi mai compagni ignorarsi palesemente com’è spesso accaduto ieri. Ho visto Nocerino giocare per sé, come se il suo grande maestro, Delio Rossi, non gli avesse insegnato nei suoi due anni scarsi di panchina rosanero, che invece lui diventa un gran bel giocatore se si sacrifica per la squadra e impiega corsa e cuore per il bene collettivo. Ieri, pur generosamente e, direi, dispendiosamente, l’ho visto inseguire palla ed avversario con truce determinazione, proprio quello che gli riesce maglio. Salvo, poi partire in dribbling manco fosse diventato all’improvviso il nuovo Pastore, quello che non abbiamo più e dobbiamo farcene una ragione. Se dico questo di Nocerino - e posso sembrare eccessivamente severo - lo faccio perché ho grande stima non solo del calciatore ma anche della persona. Antonio è un napoletano verace, uno del Sud, insomma; ha sangue caldo nelle vene, passione e temperamento. E tutto questo lui lo mostra in campo, nelle giornate belle ma anche in quelle cattive. Come ieri. Pur nella pessima serata, sua e dell’intera squadra, lui certo non si è risparmiato, lottando come un leone su ogni palla. Solo che non ha incanalato tanta foga e tanta generosità nell’alveo del gioco collettivo, là dove col maestro Rossi lui era davvero un esempio da additare a compagni ed avversari. Chissà, forse si rende conto delle difficoltà della squadra e vuole porvi rimedio, correndo ancora di più, come se il calcio fosse solo corsa e prestanza atletica. E la chiudo qui con Nocerino, sennò sembra che voglia additarlo come l’unico responsabile del disastro di ieri. Che, invece, ha tanti padri, a cominciare dall’allenatore per finire con l’ultimo rincalzo (il ventesimo) schierato ieri. Dicevo di Pioli. Anche lui ha le sue colpe, per esempio quella di non avere capito ancora come schierare il Palermo in difesa. Ha impostato tutta la preparazione sui tre dietro, sembrava una scelta ponderata, studiata e “lavorata”, laggiù nel ritiro veneto, cominciato per il Palermo quasi due mesi fa. Ma è bastato il primo tempo della partita casalinga col Thun perché cambiasse idea e passasse ai quattro in difesa. E a quattro ha schierato ieri il Palermo, ma non è cambiato nulla. Tre gol a partita prendeva ai tempi di Rossi e tre continua a subirne ora. Anche se sono cambiati gli uomini, prima Goian e Bovo, oggi Cetto e Silvestre. Quindi, non è questione di modulo, semmai di ...testa. E se mi si vuol propinare la favoletta della forma non ancora al top, mi vien da ridere perché il Palermo, come sapete, ha iniziato la preparazione prima di tutte le altre della serie A e non si capisce davvero a cosa sia servito anticipare i tempi se si parla ancora di condizione da perfezionare! La verità - sempre che sia una la verità e non tante e tutte buone - dovremmo cercarla altrove: per esempio nella campagna acquisti, finora incompleta: si parla da settimane del portiere e del centrocampista di qualità e noi tifosi aspettiamo fiduciosi, ma se, nel frattempo, siamo costretti ad assistere a spettacoli penosi come quello di ieri, beh, non si stupisca il presidente se finisce a fischi e pernacchie e se la campagna abbonamenti langue come mai da quando lui ha preso le redini della società rosa. E aggiungo, a scanso di equivoci che, prima di dar via Sirigu (se n’è voluto andare lui, lo so, ma ciò non è un’attenuante valida) bisognava assicurarsi il ricambio giusto e non inseguire il Chievo per un Sorrentino, senz’altro bravo ed affidabile, ma che non vale certo di più del numero 2 della Nazionale! Per non parlare del vuoto lasciato da Pastore, che non era solo il nostro fuoriclasse ma l’anima della squadra, l’unico in grado di capovolgere con un guizzo, un’invenzione, le sorti della partita. Ebbene, fino ad oggi non è stato adeguatamente sostituito e così il povero Pioli è costretto a giocare prima con il 3-4-2-1, poi con il 4-3-2-1 ed infine con il 4-3-1-2: il tutto alla ricerca del modulo giusto, come se esistesse un “modulo giusto” e non i giocatori giusti, sui quali impostare il modulo migliore. Così, abbiamo visto prima Ilicic nel ruolo (e con il numero sulle spalle) di Pastore, senza possederne non dico la classe (che non è roba che si compra al mercato) ma neppure la corsa, la generosità, lo spirito di sacrificio. Allora, Pioli ci ha provato col talentuoso Zahavi che, pur tra guizzi e lampi di classe, non possiede “le phsisique de role”, come direbbero a Parigi, nel senso che è delizioso nei tocchi ed anche agile e veloce, ma fisicamente troppo leggero per un calcio assatanato e spesso brutale qual è quello dei nostri campi. Una farfalla colorata, insomma, che attrae gli sguardi ma appena la sfiori si scioglie nell’aria. Comunque, le uniche cose belle della tetra partita di ieri le ha fatte vedere lui, il numero 7 che viene da lontano, com’è lontano, parlo calcisticamente, il calcio israeliano rispetto al nostro. Ma voglio chiudere con una supplica, rivolta ai tifosi, miei sodali da sempre: non abbandonate la squadra, il Palermo è il Palermo e va sostenuto sempre, nella buona e nella cattiva sorte. E quando langue il gioco in campo, sostenetelo a più non posso, come avete fatto ieri. Così che, tra i tanti “padri” che ha la sconfitta, non potrete mai esserci voi che, comunque la pensi in un momento di sconforto il presidente, siete l’unica certezza: voi non tradirete mai...