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“PENSIERI E PAROLE IN LIBERTA” Dallo scetticismo allapoteosi in 90 minuti

di Benvenuto Caminiti “Onore a Zenga! Viva Zenga!” E’ un coro, un inno, un’apoteosi. All’indomani della strepitosa vittoria sulla Juventus tutto il “popolo.

Mediagol8

di Benvenuto Caminiti “Onore a Zenga! Viva Zenga!” E’ un coro, un inno, un’apoteosi. All’indomani della strepitosa vittoria sulla Juventus tutto il “popolo rosanero” folleggia per l’”Uomo Ragno” e mi vien da ridere. Sì, da ridere pensando a quali erano, fino alle 20.45 di domenica, i sentimenti dei tifosi nei suoi riguardi: ad esser benevoli, di gelido scetticismo, ad essere schietti, di sfiducia totale: “Ma cu si sienti? Ma cu mi rapprisienta?...” Erano le espressioni più “garbate” nei suoi confronti. O, peggio: “Unni capisci nienti!” Oppure: “’A squatra curri ammatula (leggi: a vuoto n.d.r.) picchì unn’avi juocu!”. Insomma, la piazza aveva già cantato il “De profundis” all’ex allenatore dell’"odiatissimo" Catania ed il riferimento non è casuale visto che, ai primi intoppi, il suo… peccato originale è venuto prepotentemente a galla: “Ma d’altronde – dicevano – cosa potevamo aspettarci da un tinto ex catanese?”. Insomma, è la solita storia e, come tale, non mi trova impreparato, anzi me l’aspettavo e puntualmente è accaduto: prima gli insulti, anche quelli più beceri (attinenti specialmente alla sua provenienza rossazzurra) e poi gli elogi, anche quelli più sperticati. Nulla di nuovo, dunque, sotto il sole rosanero, è sempre stato così, perdi due partite e sei un brocco, ne vinci una terza e sei un fuoriclasse. E’ la follia del calcio, anzi la sua magia o forse semplicemente quella malìa che ti avvince e non ti lascia più. Capita a tutti. Non succede solo a chi se ne frega e guarda le partite solo per scrivere chi ha segnato, chi gli ha fatto l’assist, se c’era o meno il fallo da rigore. Roba antica, superata, stantia, decrepita. Roba che funziona solo da queste parti che sono le sole ad aver quattro quotidiani sportivi che pur qualcosa debbono scrivere per riempire pagine e pagine di… nulla. Ma non può succedere a chi segue il calcio, anzi la sua squadra, con passione: per lui basta che una palla, che sembra destinata in fondo al sacco, faccia la barba al palo perché lo stomaco gli si raggrinzi tutto ed il cuore gli salti in gola. Nulla di nuovo, dunque, eppure se dicessi che tutto questo “teatrino” mi lascia indifferente non direi la verità, anzi in certi casi mi indigna pure. E precisamente quando ad animarlo (il teatrino) sono gli addetti ai lavori, che dovrebbero, almeno per mestiere e relativa prudenza, conservare un minimo di self-control prima di “sparare” giudizi sommari di inaudita severità: “Zenga è un bravo ragazzo – ha detto fra l’altro il “grande esperto” – mi sta pure simpatico ma io ho visto più volte il suo Catania l’anno scorso… E’ vero, lo ha salvato ma non gli ha mai dato un gioco!”. Ed al conduttore che garbatamente gli faceva notare: “Sì, ma non era quello il suo obiettivo?”, replicava saccente: “Forse… ma non è certo quello del Palermo, specie dopo le sue dichiarazioni della vigilia!”. Insomma, più che la presunta mancanza di gioco quel che veramente viene rimproverato a Zenga è la sua “atipicità” come allenatore di questi tempi, che sono tempi di omologazione globale, persino dei pensieri, delle opinioni. Quindi, uno che arriva in una piazza di prestigio ma non da primato come Palermo e dice che aspira allo scudetto è un ribelle pericoloso, che vuol rompere certe regole immutabili, uno che corre da solo, infischiandosene di verdetti già scritti e primati già sanciti. A tavolino e prima che un sol minuto di campionato sia stato giocato.