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PENSIERI E PAROLE IN LIBERTA’ Caro Delio ti scrivo…

di Benvenuto Caminiti Lettera aperta a Delio Rossi Noi due non ci siamo mai incontrati ma ci conosciamo bene lo stesso, ci conosciamo da una vita, da una vita pensiamo uguale sia delle cose del.

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di Benvenuto Caminiti Lettera aperta a Delio Rossi Noi due non ci siamo mai incontrati ma ci conosciamo bene lo stesso, ci conosciamo da una vita, da una vita pensiamo uguale sia delle cose del calcio che di quelle che contano e che distinguono una persona dall’altra. Anche se facciamo lavori diversi, anche se siamo di due generazioni diverse. Ci siamo incrociati di volta in volta nell’etere, nella carta stampata, nei messaggi tivvù e ci siamo subito intesi. Alla perfezione. All’istante. Ricordo quel mese di novembre (o era dicembre, o era gennaio, chissà, ma conta poco) quando lei arrivò per subentrare al magniloquente Walter Zenga: due volti, due mondi lontani galassie. Lui, all’avvio, l’aveva subito sparata grossa: “Con me il Palermo lotterà per il massimo traguardo, i miei giocatori saranno “mentalizzati” per vincere lo scudetto!”. Lei, invece (mi vien voglia di darle del “tu”, ma per educazione mi trattengo) subito disse: “Io non faccio miracoli perché non sono un mago, ma vi garantisco massimo impegno e dedizione… La squadra è molto giovane, ma dispone di grandi potenzialità…”. Insomma, come spesso succede al vulcanico presidente rosa, lui prima si getta a capofitto verso un’impresa azzardata qual era affidare il Palermo ad un outsider come Zenga, poi se ne pente (anche questo gli succede spesso, anzi spessissimo) e vira di brutto verso l’esatto contrario. Verso un allenatore navigato, saggio e misurato come lei. Un vero paso doble, direbbero gli amanti della danza classica. Che produsse i suoi immediati effetti benefici, specialmente sotto il profilo squisitamente tecnico: la squadra che con Zenga giocava a… mosca cieca, con lei subito produsse un gioco bello e spettacolare, che mandò in solluchero i tifosi, da troppo tempo non più abituati a certe prestazioni. Lezioni di calcio per chiunque, si trattasse della Juve o della Fiorentina, del Bologna o del Milan. Perdesse o vincesse il Palermo giocava a calcio come poche altre squadre in Italia e la folla sugli spalti applaudiva ed invocava il suo nome. “De-lio… De-lio…”. Io che seguo le vicende rosanero da oltre cinquant’anni non avevo visto mai nulla di simile, non sapevo che i tifosi potessero andar via dallo stadio in pace anche quando il Palermo perdeva la partita. Il massimo dello stupore mi prese durante e dopo il 7-0 casalingo inflittoci dall’Udinese dell’ex (un altro ex, uno dei pochi in verità, rimasto nel cuore dei tifosi) Guidolin. Quella fu l’unica volta nel corso delle sue due stagioni rosanero nella quale gli spalti ribollirono di rabbia e i fischi. Forti e laceranti, arrivarono fino in cielo. Io, che vivo il rosanero e la passione che mi produce da sempre come un cilicio, restai senza fiato, annichilito dalla tristezza. Finché … Finché non guardai verso il campo, che già si era svuotato (con i giocatori rosa, lesti a sparire dentro il tunnel che conduce negli spogliatoi) e lei era ancora lì, fermo, impietrito davanti alla panchina, le mani conserte, il capo chino e notai il tremolio delle sue spalle: “Ma che ci fa ancora lì?”, mi chiesi, senza avere il tempo di darmi una risposta perché subito dopo dagli spalti, che invece erano tutt’altro che svuotati, partì un lungo, caloroso, incredibile applauso, seguito da un coro ritmato di “Ros-si…Ros-si…”. E lei, che sembrava in trance, come annichilito per lo choc e la vergogna dei sette gol subiti, li guardò a lungo quei tifosi meravigliosi e li ringraziò alzando le braccia e mandando baci a profusione, come fossero fiori di campo. “Grande Delio - pensai - la gente le vuol bene perché in lei si rivede, al di là dei risultati sul campo, al di là di vittorie e sconfitte!”. E se la gente, immensa e anonima come può essere una folla di persone,. la pensa come me – mi dissi – vuol dire che questa è la “pensata” giusta, perché raramente il popolo sbaglia quando sceglie un leader. E quando lo sceglie, non guarda solo alle sue capacità tecniche e professionali, guarda soprattutto alle sue qualità umane e in lei, caro Delio (mi consenta la confidenza), la folla dei tifosi rosanero, che è una folla immensa ed incalcolabile, che sta qui ma arriva pure da lontano e travalica gli oceani, ha riconosciuto lo spessore dell’uomo, prim’ancora che dell’allenatore. Sì, anche l’allenatore, un vero maestro di calcio, chi può negarlo, ma non sarebbe mai bastato a creare un rapporto così forte, intenso e passionale tra spalti e panchina. Qualcosa di speciale, di raro, anzi di unico: mai successo che tutta una tifoseria urlasse tutta insieme al suo presidente di non mandar via l’allenatore. Mai successo e sì che di bravi tecnici il Palermo nella sua storia ultracentenaria ne ha avuti parecchi. Potrei fare una dozzina di nomi eccellenti, caro mister Rossi, a partire da Vicpalek per proseguire con De Grandi e poi ancora con Viciani, Veneranda e Guidolin. E certo, alcuni li dimentico perché la mia memoria con l’avanzar degli anni, spesso trema e qualche volta addirittura vacilla e stramazza. Prende fischi per fiaschi, solenni imbarcate e cantonate memorabili. Da far ridere intere generazioni di tifosi. Ma, mi creda, stavolta sono sicuro di quel che dico e di quel che scrivo, perché ho citato nomi importanti, gente che ha fatto la storia del Palermo, l’ha scritta col cuore e con i risultati (promozioni in A e finali di coppa Italia, sfumata non per demeriti propri ma per l’inganno altrui) ma l’esonero di nessuno di loro ha sollevato tanta rabbia com’è accaduto dopo il glaciale comunicato sociale con cui si annunciava la fine del suo mandato rosanero. Solo cinque, miserabili minuti per seppellire una grande passione popolare e per dirle : “Arrivederci e grazie!”. Io mi scuso, mister, del “modo” e sono sicuro di parlare a nome di tutti ( sottolineo tutti) i tifosi del Palermo: magari qualcuno - perché l’eccezione conferma la regola - l’ha pure accettata la decisione del presidente, ma non per averla trattata così, da poveraccio che elemosina un rinnovo purchessia. Sono troppo drastico, tiro troppo la corda dei sentimenti tralasciando numeri e fatti? Può darsi, visto che quei 63 gol subiti gridano ancora vendetta, mi stanno sul gozzo, non li mando giù, ma so che erano comunque il male minore. Con un altro allenatore ed una rosa zeppa di talenti come la nostra, magari avremmo preso meno gol, ma ci saremmo annoiati una partita su due. E i vari Sirigu, Balzaretti e Nocerino (per non parlare anche di Bovo) aspetterebbero ancora la chiamata in Nazionale. E, comunque, lei, mister non ha mai venduto fumo, né fatto promesse roboanti o, addirittura, annunciato improbabili scudetti. Ed anche per questo, ne sono certo, la tifoseria rosanero le sarà a lungo riconoscente.