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Pensieri e Parole: che bel Palermo, tenero Sirigu

PENSIERI E PAROLE IN LIBERTA’ di Benvenuto Caminiti Ho ancora davanti agli occhi l’ultimo flash di Genoa-Palermo: quell’uscita disperata di Sirigu tra i piedi del lanciatissimo.

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PENSIERI E PAROLE IN LIBERTA’ di Benvenuto Caminiti Ho ancora davanti agli occhi l’ultimo flash di Genoa-Palermo: quell’uscita disperata di Sirigu tra i piedi del lanciatissimo Criscito. In quell’istante, in quel preciso istante, breve come un lampo ma estenuante come un’agonia, ho rivisto tutto il film della partita, compresi i tanti, troppi contropiede sprecati dal Palermo, davanti alle praterie lasciate libere dall’eccessivo e pretenzioso 4-2-4 del Genoa. E, subito dopo, il rigore trasformato dal “superdentone” Karija e le lacrime inconsolabili di Sirigu, steso sull’erba, che non voleva, che non poteva rialzarsi e sembrava insensibile alle parole di conforto degli stessi giocatori genoani. E la rabbia dei giocatori del Palermo gridata in faccia all’arbitro ed ancor di più al guardalinee; quella addirittura urlata di uno solitamente mite come Cavani, che gli ripeteva una due tre volte sempre la stessa frase, come una litania: “Ci hai fatto perdere la partita… Ci hai fatto perdere la partita… Ci hai…”. Per lasciarsi andare, alla fine, ad un’imprecazione rivolta al mondo intero più che all’omino di nero vestito. E che gli è costata la squalifica per due giornate, con rinuncia forzata dunque al Bologna e, ahi ahi, al derby col Catania. Salvo ricorso, almeno parzialmente accolto. Le lacrime di Sirigu, che ha una meravigliosa carriera da portiere davanti, mi hanno intenerito, interpretandole come il modo più spontaneo di sentirsi in colpa per la vittoria svanita nell’ultimo alito di partita. Anzi, quando anche il suo ultimo respiro era stato esalato e l’arbitro doveva soltanto fischiare la fine. Ma non lo ha fatto. Ed ho pensato a tutte le volte in cui il Palermo ha perduto all’ultimo istante qualcosa di prezioso come la vittoria di ieri, che avrebbe quasi decretato il passaggio ai preliminari della Champions League. Tante volte. Troppe volte. Per cominciare, ripenso a quel 24 maggio del ‘74 all’Olimpico di Roma ed alla coppa Italia svanita al 90’ per un rigore fantasma, visto solo dal’arbitro. E ripenso ancora alla finale di coppa Italia serie C con la Lucchese, persa dopo l’ultimo rigore. Ed alla partita-spareggio per la serie A del 2003 con il Lecce, l’ultimo atto di una rimonta prodigiosa, sfiorita all’ultimo ostacolo: appunto il Lecce di... Delio Rossi. E mi fermo qui per non farmi (per non farvi) più male ancora di quello procuratomi dal rigore di Karija, quando anche il sesto dei sei minuti di recupero era passato da qualche secondo. E mi domando se, a parti invertite, quel novantasiesimo minuto sarebbe stato prolungato di qualche secondo ancora. Sì, capisco che è una domanda retorica ma pure voi dovete capire, carissimi lettori, che anche un giornalista ha un cuore e se questo è un cuore rosanero la sola fredda analisi dei fatti non basta, specialmente se questi fatti hanno tutti un senso chiaro e preciso, che viene invece distorto e capovolto. Come il fallo di mani di Milanetto non rilevato da arbitro e guardalinee e quello poco successivo di Balzaretti che gli valeva, invece, l’ammonizione e, vista la diffida, la squalifica. Come l’espulsione per secondo “giallo” di Kjaer per un fallo praticamente inesistente. Per finire con il prolungamento del recupero di quella decina di secondi , quelli fatali, quelli dell’ultimo rush di Criscito e del calcio di rigore, quando il Palermo era ridotto in nove, per l’infortunio a Balzaretti, portato via in barella. Dentro il “fortino” di Marassi, comunque, il Palermo forgiato da Delio Rossi ha dimostrato una volta di più di che pasta è fatto, che ha nerbo e carattere, che ha un gioco elegante e raffinato che colpisce l’occhio a tal punto che perfino l’avversario spesso ne risulta abbagliato. Così da prender gol all’improvviso, un dribbling, una veronica di Pastore, un dai e vai con Cavani e all’improvviso il tocco smarcante nel ventre molle dell’area piccola rossoblù ed Hernandez che si getta a corpo morto tra due genoani e li beffa con un “esterno” sinistro in scivolata. Un prodigio di gol, un gol bello come un prodigio. Questo è il Palermo del maestro Rossi, bello ed elegante, che meriterebbe la vittoria ed invece, alla fine, deve pagar dazio un po’ alla sfortuna e molto ai suoi peccati di gioventù. “Quanto è bella giovinezza, che si fugge tuttavia, di doman non v’è certezza…”, recitava un delizioso sonetto di Lorenzo il Magnifico, ma i vari Sirigu, Cavani, Pastore, Hernandez e Kjaer, belli, giovani e forti, hanno tutte le virtù per smentirlo ed assicurare al Palermo un futuro radioso. Il più radioso della sua storia se, come è nella logica delle cose, a dispetto di tutto e tutti, raggiungerà la Champions.