di Leandro Ficarra Il senso di vuoto trasmesso da un San Nicola deserto sembra specchiare il volto di Rino Gattuso. Vuoti sono i suoi occhi, mesta e sgomenta la sua espressione. Una maschera che quasi non gli appartiene, talmente è spoglia della sua proverbiale ferocia agonistica, con un velo di rassegnazione ad annacquare il sacro fuoco dellindomito combattente. Lincedere molle e caotico dei suoi calciatori sul manto pugliese, disegna ben presto la trama della performance che i rosanero offriranno nel corso del match: desolante ed impalpabile. Come la cera del proprio tecnico, che aveva fiutato laria dopo una manciata di minuti. Il Palermo perde a Bari, condensando tutto il peggio di questo travagliato inizio di stagione in una gara che, probabilmente, segna la fine dellesperienza di Ringhio sulla panchina rosanero. Una prova pessima, sotto ogni profilo, che disarma per pochezza di coralità, gioco e contenuti. Gara inquietante per la spasmodica, quanto vana, evoluzione di sperimentalismo tattico nellauspicio di trovare un filo, un nesso, qualcosa che potesse legare sul prato verde un gruppo di giocatori lontani dal concetto di squadra. Oltre al gioco, allidentità, al Palermo è mancato anche quello spirito battagliero, quel carattere che ha permesso di sovvertire lesito di altre prove la cui modestia è stata lenita solo dal risultato. Gli occhi della tigre sono rimasti nello spogliatoio, e la dinamica della sconfitta sa un po di resa. Il ritorno al 4-2-3-1 è un segnale chiaro da parte del tecnico: lultima chance vuole giocarsela a modo suo, in barba ai consigli presidenziali. Torna il doppio interditore davanti la difesa, Ngoyi-Barreto a schermo della linea composta da Pisano, Munoz, Terzi e Daprelà. Tridente con Stevanovic- Di Gennaro- Dybala alle spalle del terminale Hernandez. Il Bari oppone un 4-3-3 mascherato che somiglia ad un 4-4-1-1. Frustrante osservare nella prima mezzora come basti ai pugliesi una semplice applicazione didattica della fase difensiva per disinnescare qualsiasi velleità rosanero. Poche, per la verità. Il Palermo prova a sopperire alla mancanza di geometria in mezzo al campo affidandosi ad un unico tema: lancio lungo di Terzi a pescare Stevanovic e tentativo di uno contro uno sullesterno dellex Torino. Ngoy e Barreto hanno il compito di schermare, ed accorciare su eventuali seconde palle partecipando il meno possibile alla costruzione. Dybala e Di Gennaro, poco ispirati, vengono inghiottiti dalla densità delle linee pugliesi, Abel è poco reattivo ed avulso dalla manovra. Quando Daprelà sceglie il tempo giusto per sovrapporsi viene tradito dalla misura del cross. Il Bari osserva e riparte con rapidità ma poca qualità. Tiri in porta neanche lombra. Fino al minuto trenta, quando Sciaudone, un ragazzotto di buon fisico e discreta tecnica, piazza un sinistro allincrocio su gentile omaggio di Terzi che, nel cuore dellarea, rinuncia al rinvio ed azzarda un controllo sciagurato. Ti aspetti una reazione veemente, ma lo schiaffo, anziché svegliare, stavolta tramortisce il Palermo . Dietrofront di Gattuso nella ripresa: dentro Lafferty per Ngoyi, si passa al 4-3-1-2. Barreto vertice basso, Stevanovic e Di Gennaro intermedi. Tre giocatori adattati e non di ruolo nella zona nevralgica. Qui, organico alla mano, Gattuso non ha molte responsabilità. Lafferty allunga un po le linee baresi allentando la pressione sui compagni di reparto. Il grigiore in costruzione è rotto da due lampi di Di Gennaro che verticalizza prima per Abel, fuorigioco a tu per tu con Guarna, poi per Dybala, che si incarta nel controllo perdendo il tempo di una comoda battuta a rete. Errori di misura si alternano a lanci di trenta metri i nel mucchio alla ricerca di una sponda felice o di un flipper salvifico. Poi Ceppitelli, svettando di testa su una difesa rosa modello presepio, certifica raddoppio e vittoria pugliese. Gattuso lancia il giovane Belotti, stilando un assetto disperato ed arrembante, non più tatticamente tangibile. Il nazionale Under 21 conferisce quantomeno un pizzico di verve e serve a Lafferty lassist per il gol della speranza. Gli ultimi cinque minuti di caos ed inerzia nervosa, producono soltanto un pressing alto disperato, foriero di un desolante tamburello sulla trequarti barese. Un paio di percussioni palla al piede di Beltrame e Sciaudone sono il preludio al game over. Seconda sconfitta consecutiva e finale tristemente annunciato, con lesonero di Gattuso che, salvo improbabili colpi di scena, verrà ratificato nelle prossime ore. Lo score del Palermo dopo sei giornate di campionato è indubbiamente deludente, ancor più se si pensa alle contingenze che hanno determinato le uniche due vittorie conseguite da una squadra che non ha mai convinto sul piano dellidentità tattica e della linearità del gioco. Il rapporto di fiducia tra Zamparini e Gattuso si era ormai logorato da tempo, sulla scorta di estenuanti confronti dialettici caratterizzati da divergenze sostanziali. Distonie tattiche e sulla valutazione dei singoli calciatori che hanno eroso lidillio nato in estate. Ci togliamo il cappello di fronte al carisma ed alla personalità di un uomo ed un campione come Rino Gattuso. Il suo curriculum da calciatore è prestigioso ed indiscutibile, tanto quanto esiguo ed indecifrabile il suo background da tecnico. Ha profuso passione, energia, impegno in quantità industriale. Continuerà a farlo fino allultimo istante del suo mandato. Che potesse pagare dazio in termini di esperienza ed acume strategico era fisiologico e prevedibile. Costituiva una scommessa affascinante ma rischiosa per vari fattori psicologici, tecnici ed ambientali. Chi lo ha scelto non poteva non metterlo in conto. Avrebbe dovuto proteggerlo e sostenerlo per un lasso di tempo ragionevole ed attendibile. Non cassarlo dopo sei partite, di cui tre giocate, di fatto, da separato in casa. Il campo ha fin qui denunciato lacune strutturali in seno a questo organico che prescindono dalla conduzione tecnica. La compattezza in fase difensiva si è sgretolata al cospetto di macroscopici errori individuali, la qualità degli esterni bassi è oggettivamente mediocre anche per questa categoria. Senza un playmaker dotato di fosforo, ed intermedi votati allinserimento, il rombo è difficilmente applicabile. Lattuale rosa non possiede centrocampisti con tali caratteristiche. Il 4-2-3-1, credo originario di Gattuso, necessita di trequartisti capaci di saltare luomo e di tagliare dentro senza palla sfruttando le sponde della prima punta, pena lassenza di profondità. Gli interpreti che si sono fin qui alternati tra le linee, da Stevanovic a Lores, da Dybala a Di Gennaro, dispongono certamente di attitudini diverse. Le valutazioni fatte in sede di mercato sulla funzionalità di alcuni elementi rispetto al progetto tattico, devono essere oggetto di unulteriore riflessione. La condizione dei singoli, Abel e Dybala in primis, deve assolutamente crescere. Questa squadra può certamente fare meglio, ma non è ancora lecito sapere quanto. A Iachini, o chi per lui, larduo compito di scoprirlo e di assemblare il puzzle, con lauspicio di poter collezionare più punti possibili in attesa dei pezzi mancanti.
senza categoria
PALERMO,NOTTE FONDA A BARIGATTUSO AI TITOLI DI CODA.
di Leandro Ficarra Il senso di vuoto trasmesso da un San Nicola deserto sembra specchiare il volto di Rino Gattuso. Vuoti sono i suoi occhi, mesta e sgomenta la sua espressione. Una maschera che.
© RIPRODUZIONE RISERVATA