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NOTTE FONDA PER IL PALERMO Tris della Lazio ai rosa Il terrore dei propri limiti

di Sarah Castellana Altra sconfitta senza appello sul piano del gioco e del risultato. Ennesima prova di deprimente inconsistenza sotto il profilo tattico, tecnico e mentale. La Lazio passeggia.

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di Sarah Castellana Altra sconfitta senza appello sul piano del gioco e del risultato. Ennesima prova di deprimente inconsistenza sotto il profilo tattico, tecnico e mentale. La Lazio passeggia sulla sconcertante pochezza dell’attuale Palermo di Sannino, così come aveva fatto il Napoli, infliggendo ai rosanero un passivo pesante e denudando in maniera impietosa i limiti di quella che, allo stato attuale, è ben lontana dall’essere una squadra all’altezza della massima serie. Pronti via, va in scena il medesimo copione del tonfo contro i partenopei con il Palermo che cede d’ufficio il pallino del gioco all’avversario di turno, quasi conscio della propria inadeguatezza. Il Napoli, scrivevamo una settimana fa, appartiene ad un’altra galassia calcistica rispetto al Palermo attuale. La stessa frustrante sensazione di manifesta inferiorità, i rosanero l’hanno trasmessa anche contro la squadra capitolina senza purtroppo insinuare nella nostra mente neanche il benché minimo dubbio nell’arco dell’intera sfida. Due le giornate disputate fin qui, sei gol subiti. Zero, come i punti in classifica, le reti realizzate. Questo l’allarmante score del Palermo dopo le prime due gare di campionato. Tre indizi si dice facciano una prova, speriamo di fermarci qui. Dietro questi numeri, già di per sé preoccupanti, c’è lo spettro di una squadra prigioniera della propria mediocrità collettiva, dimensione acuita dai chiari limiti in termini di valori individuali. C’è il timore che tali inadeguatezze possano divenire una zavorra troppo gravosa da sopportare, una voragine impossibile da colmare con le virtù, seppur lodevoli, dell’organizzazione e della volontà. Le lacune strutturali in seno all’organico a disposizione di Sannino le abbiamo evidenziate in tempi non sospetti. Falle radicate in alcuni ruoli topici per il verbo calcistico del tecnico di Ottaviano: la mancanza di specialisti del ruolo sulle corsie, l’assenza di centrali difensivi esperti e di spessore tecnico, la modesta qualità complessiva in linea mediana, un reparto offensivo appeso al filo di talenti fin qui solo potenziali e dai muscoli di seta, le cui sorti sono sempre e solo legate ai prodigi balistici dell’eterno Miccoli. Poche certezze, troppe incognite ed altrettante variabili. Così come l’immobilismo del club negli ultimi giorni di mercato aveva destato non poche perplessità.Sussistevano già in sede di vigilia ragionevoli dubbi sulle reali potenzialità di questa squadra, ma siamo sinceri, il Palermo delle prime due uscite in campionato è andato ben oltre i peggiori presagi. L’impresa a cui è chiamato Beppe Sannino, nelle cui doti professionali e carismatiche continuiamo a credere ciecamente, sarà davvero più ardua del previsto. I crismi di equilibrio, organizzazione e compattezza, inculcati in sede di ritiro ed abbozzati dal gruppo nelle prime performance tra amichevoli e Tim Cup, sono bruscamente evaporati al cospetto di avversari di livello. Spoglia dalla maschera del sacrificio e della coesione, la pochezza di alcuni interpreti, fatte le debite eccezioni, emerge in tutta la sua crudezza. Due giornate appena trascorse non autorizzano prematuri disfattismi ma unobiettiva e critica presa di coscienza è doverosa. C’è da preoccuparsi, da lavorare molto, da fare quadrato attorno al tecnico che dovrà essere così bravo da guidare questo gruppo ben oltre i propri limiti. Dovrà dare al Palermo un’identità credibile ed un gioco che possa definirsi tale, costruire sul campo spessore agonistico e forza mentale. In attesa che arrivi Gennaio, chi di dovere, dal presidente al Dg Perinetti, prenda atto delle insindacabili sentenze del campo che matureranno da qui ad allora. Mettendosi in discussione ed operando di conseguenza al fine di scongiurare infausti patemi all’impagabile pubblico rosanero. Sannino è certamente un ottimo tecnico ma non può chiudere le diagonali, imbastire la manovra, rifinire il gioco e finalizzare. In sintesi non può scendere in campo. Forse, conoscendolo, lo farebbe anche, ma il regolamento non lo consente. Perché, se è vero che Napoli e Lazio sono due big del nostro campionato, è altrettanto vero che il Palermo visto in queste prime due partite non è all’altezza della categoria. Contro la Lazio, Sannino ha schierato il Palermo con il 4-4-2 con le novità Giorgi, alto sulla corsia di destra, e Kurtic, interno con licenza di costruire ed inserirsi. Difesa con Cetto e Von Bergen centrali, Pisano e Garcia esterni. Barreto e Bertolo a completare la linea mediana, il rientrante Ilicic accanto a Miccoli. Quaranta minuti trascorsi nella propria metà a campo, incapaci di arginare la supremazia laziale ma soprattutto di riproporsi con temi propositivi armoniosi e graffianti. Un muro d’argilla, anche se modellato con ordine e cura, finisce per sgretolarsi se costantemente sollecitato. Così una coproduzione Garcia-Cetto, con il terzino incapace di coprire una palla e prendere posizione su Gonzales, e l’ex Lille che lascia due metri di libertà in area al letale Klose, apre la prima dolorosa crepa nella gara rosanero. Lo svantaggio non sembra scuotere una squadra che pare tristemente consapevole della propria impotenza. Il tema del match non muta una virgola nella ripresa con il centrocampo laziale che annichilisce quello del Palermo per qualità, ritmo, proprietà di palleggio. Lazio che imperversa, con meccanismi fluidi e rodati che evidenziano il disagio rosanero. La compagine capitolina costruisce la manovra con serenità sin dalle retrovie, tale è l’assenza di pressione ed incisività degli avanti rosa. La squadra di Pektovic penetra sia centralmente che sull’esterno, il Palermo arranca e non punge. Candreva lascia partire un siluro dai venticinque metri e fa secco Ujkani. Grande esecuzione ma estremo difensore rosa goffo ed in ritardo nell’intervento. Sannino sostituisce uno spaesato Giorgi con Rios, quindi richiama Kurtic e risparmia l’agonia finale a Miccoli: dentro Abel e Dybala per un disperato 4-3-3. Il cambio di modulo e la freschezza dei nuovi entrati produce una maggiore incisività. Dybala ed Abel fraseggiano bene sullo stretto, con il giovane argentino che sciorina ottima tecnica e buona personalità. Il Palermo crea due palle gol, ma ormai è tardi. Il terzo sigillo biancoceleste è un trailer da brivido per la difesa rosa: su l’ennesimo cross in area, Klose ridicolizza Von Bergen dribblandolo di fatto con un dosato stop d petto e mandandolo totalmente fuori tempo con una finta di corpo. Il tutto sotto gli occhi degli immobili compagni di reparto in maglia rosa e lo sguardo attonito di Sannino. In bocca al lupo, mister.