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IL CANTO DEL CIGNO ROSANERO ZAMPA ARTEFICE-CARNEFICE DEL SOGNO

di Leandro Ficarra Adesso è davvero finita. Il Palermo cede di misura a Firenze e certifica anche in termini numerici un verdetto già virtualmente definito da qualche tempo. Il club.

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di Leandro Ficarra Adesso è davvero finita. Il Palermo cede di misura a Firenze e certifica anche in termini numerici un verdetto già virtualmente definito da qualche tempo. Il club rosanero retrocede in serie B dopo quasi un decennio, brillante e glorioso, di militanza nella massima serie. La sconfitta del “Franchi” è poco più di un dettaglio, il timbro doloroso che vidima un cocente fallimento sportivo figlio di una stagione strategicamente folle. Epilogo amaro, beffardamente romanzato dalle spallate decisive inferte da Guidolin e Toni, gli eroi del sogno promozione che griffano cinicamente lo sconforto rosa. Inutile addentrarsi nei meandri della gara contro i viola, ha vinto meritatamente la squadra più forte. Il Palermo è stato tatticamente dignitoso, tecnicamente modesto, ingenuo e sprecone.Come troppe volte in questo campionato. Lundici di Sannino si sforzava di crederci ancora ma era chiaramente a corto di energie nervose. Tre volte Munoz ha scelto bene il tempo dello stacco ma non ha inquadrato lo specchio. Kurtic ha masticato lennesimo destro da buona posizione. Quindi, il vantaggio viola e triste accademia, o poco più, fino al triplice fischio. Ci duole dirlo ma raccontiamo da mesi la cronaca di una retrocessione tanto amara quanto meritata. Logica risultante di una stagione costellata da errori macroscopici in sede gestionale e programmatica, con il patron Maurizio Zamparini principale responsabile dell’insuccesso. Dal giorno dopo la finale di Tim Cup persa all’Olimpico contro l’inter , ma stravinta da quarantamila cuori pulsanti che hanno colorato la Capitale, abbiamo assistito ad un progressivo depauperamento del patrimonio qualitativo dell’organico consumato in perenne status di instabilità tecnico- dirigenziale. Già l’anno precedente il Palermo riuscì per un paio di punti ad evitare il tracollo ma evidentemente il segnale non è stato ben recepito. A dir poco stucchevole la trama di questa stagione: l’asfittico mercato estivo, la palese sopravvalutazione dell’organico, i quattro cambi di guida tecnica, il benservito a Perinetti, la controversa era Lo Monaco ed il bizzarro mercato di Gennaio, il ritorno di Perinetti e del prima bistrattato Sannino chiamato all’ingrato ruolo di salvatore della patria. Totale assenza di progettualità ed una conduzione, schiava degli impulsi del Patron, approssimativa e controversa, con scelte sbandierate e poi subito abortite, rimedi peggiori del male, istinto genuino ma rovinoso al limite del masochismo. Nessuno disconoscerà mai a Maurizio Zamparini la capacità manageriale ed il merito inconfutabile di aver regalato, con lungimiranza, passione ed investimenti, una dimensione calcistica di prim’ordine al Palermo: Nove anni di serie A, all’insegna del gioco, dei risultati , dello spettacolo. La promozione, le qualificazioni in Europa, lo stuolo di big del campo e della panchina transitati al “Barbera”. Tutte gioie e successi ascrivibili al merito dell’operato dell’imprenditore di Sevegliano, bravo a circondarsi di figure professionali eccellenti, creando un modello societario finanziariamente solido tramite mirati investimenti ed un’oculata gestione delle risorse. Altrettanto innegabile è la paternità del presidente in questo fragoroso tonfo sportivo: nell’ultimo biennio coerenza e lungimiranza sono venute un po’ meno, gli investimenti ridimensionati e mal riposti, il patron si è fatto travolgere dal suo tracimante ego, fidandosi troppo del suo intuito nelle scelte strategiche e nel selezionare i collaboratori. Pensando sempre di poter mettere una pezza, ha scherzato troppo con il fuoco e si è bruciato restando con il cerino in mano. Zamparini artefice ed al contempo carnefice di un sogno. Se la società ed il suo presidente hanno legittimato con il loro operato questa retrocessione, discorso diverso va certamente fatto per Sannino e la squadra. L’organico in sede di allestimento ha evidenziato fin da subito limiti tecnici e strutturali importanti. Chi di dovere forse non li ha ritenuti tali, probabilmente non è stato messo in condizione di correggerli, forse non ha adottato la linea conforme alle reali esigenze della squadra. I calciatori, se si eccettuano tre-quattro elementi di qualità, questi erano. Catapultati in un contesto sovradimensionato rispetto alla loro caratura tecnica. Qualche buon giocatore, un paio di talenti acerbi, tanti onesti mestieranti della pedata. Non hanno lesinato impegno, cuore, applicazione. Lottando contro i propri limiti e, talvolta, contro la sorte avversa. Difficile chiedergli di più, lecito riconoscergli dignità professionale e morale. Sannino, dopo l’onta dell’esonero lampo, è tornato con il piglio del guerriero. Tra i tre tecnici che si sono avvicendati sulla panchina del Palermo è certamente quello che ci ha capito di più. Ha imposto una svolta psicologica e motivazionale. Ha incollato i cocci di un vaso ormai in frantumi, cogliendone presto la natura delle crepe. Nutrire velleità di stile,spettacolo e calcio propositivo in assenza di valori adeguati era un suicidio. Allora via il fioretto e dai di sciabola. Compattezza, densità, corsa e determinazione. Stiamo corti, schiumiamo rabbia e speriamo che Ilicic e Miccoli inventino qualcosa. Spiccioli di orgoglio e concretezza per centrare un’impresa. Stava quasi per riuscirci:chapeau. Menzione di merito per il pubblico rosanero: Non solo ha dimostrato per calore ed attaccamento ai colori di meritare la serie A, ma in più di un occasione ha primeggiato per civiltà, maturità, cultura sportiva. L’inestimabile patrimonio di sana passione popolare che orbita attorno a questa squadra merita un rilancio immediato ed in grande stile imperniato su principi di chiarezza , trasparenza e progettualità.