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FISCHI DI DELIRIO Per gli arbitri è ora di tornare a scuola

di Francesco Graffagnini “Farina è proprio uno scarso”. Quando Kakhaber Kaladze, difensore centrale del Milan, appena due settimane fa pronunciava queste parole nel dopo partita di.

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di Francesco Graffagnini “Farina è proprio uno scarso”. Quando Kakhaber Kaladze, difensore centrale del Milan, appena due settimane fa pronunciava queste parole nel dopo partita di Torino-Milan, per commentare la serata ‘sfortunata’ (come direbbe Liverani) dell’arbitro di Novi Ligure, è stato quasi come ricevere un’illuminazione. Cioè, se un giocatore di quella caratura ed esperienza internazionale si esprime in questi termini riguardo ad uno degli arbitri di lungo corso del nostro campionato, allora è proprio vero che la classe arbitrale italica forgiata in questi ultimi anni – al di là delle indebite intromissioni di elementi illeciti e scandali alla Calciopoli – è in media di livello insufficiente. Se nel compendio aggiungiamo, e non si può tenerli fuori, i giudici di linea, allora il livello qualitativo si abbassa ulteriormente e si finisce sullo scadente andante. Di domenica in domenica, si assiste ormai a tutto un campionario di topiche sul fuorigioco, sui falli di mano, sui rigori, sull’ultimo uomo e chi più ne ha più ne metta, da far cadere le braccia e far ritenere che il risultato di ogni partita finisce con l’essere in totale balia dell’intervento non preventivato dell’errore (o meglio, degli errori, visto che in una gara spesso se ne verificano più d’uno) della terna arbitrale. Certo, per i giocatori in campo la cosa deve essere avvilente. E si comprende come un pluridecorato come il georgiano del Milan possa sbottare a fine gara con esternazioni di una semplicità devastante: ‘L’arbitro è scarso’. I più urbani e controllati, come ad esempio il capitano rosanero, riescono a mantenere una linea che non leda le sensibilità altrui, dicendo: “Banti ed i suoi collaboratori oggi hanno vissuto un pomeriggio sfortunato che inevitabilmente ha penalizzato il Palermo. Penso al fallo di rigore su Miccoli non visto nel primo tempo ed al gol del Cagliari segnato in fuorigioco”. Ma il succo della questione non cambia. Il campionato (e quindi tutti gli interessi sportivi e non che introno ad esso girano) subisce continuamente la presenza di questa spada di Damocle dell’abbaglio delle giacchette nere (che forse quando veramente erano solo nere erano anche sinonimo di maggior competenza). La situazione è tale e come tale è certificata dal fatto che, di settimana in settimana, tutti e a turno i rappresentati delle diverse società hanno da ridire sulle direzioni arbitrali. Dai pesci grossi ai pesci piccoli, passando per le forze intermedie della classifica, sommando i reclami di ciascuno si ottiene un coro polifonico che dovrebbe ‘spaccare’ (per potenza) i timpani di Pierluigi Collina e metterlo nella condizione di dire: ma dove vogliamo arrivare? Fossero solo le piccole a lamentarsi, si potrebbe pensare ad un complesso d’inferiorità che le fa parlare. Fossero solo le grandi, si potrebbe pensare a delirio d’onnipotenza. Fosse solo Zamparini, si potrebbe dire: ma cosa ci vuoi fare, lui è fatto così. Ma poiché la protesta è generalizzata è ora di prendere provvedimenti. Tutti a scuola. Arbitri e soprattutto guardalinee. Ripassiamo i fondamentali della professione (che essendo tale dovrebbe essere garanzia di competenza, e invece, proprio da quando fra gli arbitri è esploso il professionismo celato il livello di bravura si è abbassato drasticamente). Per alcuni, ci vorrebbero anche visite assai accurate sui tempi di reazione delle loro capacità fisiche. La vista funziona adeguatamente? E il riflesso di alzare una bandierina o i nervi saldi per tenerla bassa, quando l’occhio coglie determinati particolari, è abbastanza tempestivo? Stessa cosa dicasi per i tempi di emissione del fischio che decreta sanzioni in campo. Infine, il profilo psico-attitudinale dei nostri direttori di gara è adeguato allo stress psico-fisico che si affronta nell’arco di una gara? Facciamo, insomma, un bel check-up alla nostra classe arbitrale. Lo chiedono i giocatori e gli allenatori, cioè coloro che in campo vanno a sudarsi la pagnotta: per quanto ben condita questa sia, gli rode comunque dover perdere le partite per un rigore non dato o dato all’avversario troppo generosamente, o per aver subito un gol in fuorigioco e cos’ via. Lo chiedono i tifosi, che si disperano e si dannano sugli spalti, davanti la televisione e in ascolto alla radio per l’ennesima ingiustizia subita dalla propria squadra del cuore. Forse non lo chiedono alla stessa stregua i media, che fanno informazione e intrattenimento sportivo e che sugli strafalcioni arbitrali ci costruiscono intere scalette di programmi e timoni di giornali. Ma di certo lo chiedono con forza le società e i loro presidenti, che nel calcio investono non solo passione e che poi, col sangue agli occhi, finiscono per ritenersi vittime di complotti dietrologici, la cui denuncia è semplicemente la testimonianza della frustrazione da cui sono invasi, domenica dopo domenica. Perché tutti a turno, come detto, ci cadono e ne sono vittime. Caro Collina, è ora di cambiare. La moviola in campo, tradotta tecnologicamente in un monitor a disposizione del quarto uomo (che certo, rispetto ai tre che son lì a zampettare, fischiare e sbandierare in campo, vive la partita in maniera lievemente più rilassata) non è più una boutade da trasmissioni televisive caciarone, ma è un’esigenza imposta dalle caratteristiche di velocità e complessità del gioco del calcio moderno. Le scuole di formazione per arbitri e guardalinee devono diventare una realtà strutturata, istituzionalizzata e diffusa a tutti i livelli: creiamo professionisti nella maniera più adeguata possibile e schiere di nuove leve, giovani, da cui attingere, cominciando a svecchiare il parco arbitrale nazionale. Superati i 40, massimo 45, non si arbitra più (quindi Farina a casa). Infine, in un calcio dove tutti (giocatori, allenatori, dirigenti) sono chiamati a prendersi le proprie responsabilità e affrontare l’opinione pubblica attraverso il filtro dei media, il silenzio istituzionale del mondo arbitrale è ormai antidiluviano. I responsabili dei nostri arbitri devono essere in grado di affrontare la stampa e aprirsi alla libera valutazione della gente che guarda le tv, legge i giornali, va su internet, segue la radio. Quindi, caro Collina, al lunedì o al martedì, una bella conferenza stampa in cui il designatore fa il punto sulle gare disputate la domenica, per ogni singola partita fornendo una valutazione tecnica dell’operato della terna arbitrale, una giustificazione o una stigmatizzazione degli errori eventualmente compiuti e l’esternazione delle eventuale sanzioni da applicare ai nostri fischietti (turni di stop, retrocessioni in serie B o in serie minori, ecc.) diventa strumento indispensabile per curare le costanti lacerazioni fra classe arbitrale e resto dell’universo mondo del pallone. Caro Collina, viviamo un epoca di cambiamenti epocali. Se un uomo di pelle nera è potuto salire alla Casa Bianca, appare pienamente attuabile una lieve modernizzazione della figura dell’arbitro nel campionato italiano.