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Perotti: “Ho pensato di smettere di giocare. Se fosse rimasto Spalletti…”

Perotti: “Ho pensato di smettere di giocare. Se fosse rimasto Spalletti…”

L’attaccante della Roma Diego Perotti ripercorre i momenti più importanti della sua carriera e si esprime sulla lotta scudetto.

Mediagol22

L’attaccante giallorosso Diego Perotti, protagonista del momento positivo che la Roma di Eusebio Di Francesco sta vivendo in questo inizio di stagione, si è espresso in una lunga intervista a ‘Il Romanista’ sulla complessità del campionato di Serie A.

La lotta scudetto? La squadra più forte è il Napoli, nel modo di giocare, soprattutto quando non riesci a prendere palla. A me è capitato contro il Barcellona di Guardiola, tu andavi lì e non potevi fare nulla. Magari il Napoli non ti fa sei gol, ma nel possesso palla sono molto vicini ai blaugrana. Ma se giocano sempre gli stessi sentiranno un po’ di stanchezza. Finora hanno fatto un calcio bello ed efficace. Hanno giocato bene e hanno vinto, per questo sono davanti. Noi quest’anno abbiamo la squadra per vincere lo Scudetto, anche se è vero che nella passata stagione non c’erano altre squadre come l’Inter. La Juventus, invece, non mi sembra stia come le precedenti stagioni. L’ho battuta sia col Genoa che con la Roma, ma la vedo indebolita. Non tanto per i giocatori che restano fortissimi, come Higuain e Dybala, ma non vincono le partite con la stessa facilità che ha il Napoli che ti spacca la porta. Non è impossibile come negli altri anni. Certamente resta una delle candidate più importanti del campionato.

L’attaccante argentino ha inoltre ripercorso la sua carriera a partire dall’arrivo in Italia e ha spiegato i motivi che lo hanno portato a scegliere di vestire la maglia della Roma: “Prima di arrivare in giallorosso c’erano anche altre squadre che mi volevano, tra le quali il Milan. Ma io dal primo momento ho pensato alla Roma. Una città così storica, così bella, con una squadra così popolare... Venire qui era la soluzione migliore anche per la mia famiglia: da qui c’è il volo diretto per Buenos Aires. Trovavo una squadra che già giocava per lo Scudetto. Non avevo dubbi. C’era tutto. Per me la Roma era la Roma. E poi a Genova avevo Burdisso come compagno. Mi parlava della città, della squadra, dei tifosi che erano caldissimi, cosa importante per noi argentini. Parlava della Roma e dei tifosi. Ma prima di arrivare in Europa avevo anche pensato di smettere di giocare. Quando ero più piccolo era un problema di autostima, pensavo di non avere le qualità per sfondare. Ci sono tanti giocatori che magari a dodici o tredici anni sembrano fortissimi, poi a diciotto si perdono e non arrivano a giocare nemmeno in B. Al Boca c’erano dei ragazzi fortissimi, ma non sono emersi. Nel mio caso l’allenatore non mi faceva giocare.

Mancato schieramento tra i titolari che lo stesso giocatore ha rivissuto durante la prima stagione alla Roma, allenata da Luciano Spalletti: “Se fosse rimasto Spalletti io sarei andato via. Ma non direi che sarebbe stata ‘colpa’ sua, sono solo scelte. Nella passata stagione, a un certo punto, Spalletti non mi faceva giocare, però la squadra andava bene. Quando ha messo la difesa a tre cambiando il ruolo di Nainggolan, i risultati gli hanno dato ragione. Io capisco gli allenatori, hanno le loro idee.

Tuttavia, con Eusebio Di Francesco, il classe 1988 ha ritrovato un posto da titolare ed è riuscito ad esprimere al meglio le sue doti dutente questo inizio di stagione: “Di Francesco è un allenatore che ti supporta, che ti motiva a puntare l’uomo. Tutto questo è molto bello, così come è bello sapere di essere allenato da una persona che ripone in te piena fiducia. Il lavoro che mi ha fatto fare da Pinzolo penso si stia vedendo in campo. Di Francesco mi ha fatto crescere e mi ha fatto fare meglio della passata stagione, mi piace perché pretende sempre di più. Vuole un gioco offensivo e a me, da attaccante, questa libertà dà molta fiducia. Con lui non ci si rilassa mai, questo è il bello. Vuole sempre di più ed è importante per la nostra testa: noi crediamo in lui fin dal primo giorno, ma crediamo anche in noi stessi, nel gruppo.

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