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PRIMO PIANO: ROSA DA SQUADRA MA NON BASTA

PRIMO PIANO: ROSA DA SQUADRA MA NON BASTA

di Leandro Ficarra.

Mediagol8

di Leandro Ficarra

Distrazioni fatali. Il Palermo lascia i tre punti sul manto del Bentegodi al termine di una gara nel complesso ben interpretata sul piano tattico, mentale ed agonistico. Gli uomini di Iachini hanno magistralmente inaridito i temi offensivi della banda Mandorlini, con una fase di non possesso coesa ed ordinata, pressando alto il Verona, schermando e sporcando sul nascere le trame gialloblu con intensità e raddoppi sistematici, centralmente e sugli esterni, che hanno limitato al minimo i rifornimenti per la boa Luca Toni. Densità in mezzo al campo, linee strette e corte, puntualità nelle letture difensive e discreta tenuta nel gioco aereo. Rischi minimi su azione manovrata, qualche patema sulle palle inattive, ed una scolastica ma lineare cucitura in sede di ripartenza in cui la squadra rosa è riuscita per larghi tratti a pungere la retroguardia veneta. Una gara accorta ed operaia, conforme all’indole ed ai limiti strutturali di questo gruppo, ma a tratti coraggiosa e di personalità, che meritava certamente miglior sorte.

Il calcio non è una scienza esatta, anzi è materia beffarda e crudele. Dopo aver sfiorato il nuovo vantaggio in almeno tre circostanze, con Barreto, Dybala e Belotti, il crash Pisano-Sorrentino trasforma un’innocua verticalizzazione di Tachtsidis nell’azione più pericolosa, e vincente, della ripresa veronese. Ciò nonostante Il Palermo mostra l’orgoglio ed il carattere per imbastire una reazione. Iachini rompe gli indugi richiamando Pisano e Feddal per Ngoyi ed il gigante Makienok, abbassa Daprelà terzo centrale difensivo, azzardando tre punte più Vazquez per l’assalto finale. Un assalto veemente, guidato da un’inerzia più nervosa che razionale. Un immenso Dybala, sontuosa la sua prova, riesce ancora a spaventare Rafael, lesto a deviare con la punta delle dita un sinistro velenoso. Sorrentino non è da meno del suo omologo, ipnotizzando Nico Lopez e negandogli la gioia del tris con un’efficace copertura dello specchio di porta in uscita bassa. Poi null’altro, se non la rabbia, legittima, per un risultato che penalizza oltremodo la performance offerta dagli uomini di Iachini, epilogo non certo specchio fedele dei valori espressi sul terreno di gioco.

Cattiva sorte, deficit di qualità in alcuni ruoli, di malizia ed esperienza in altri. Tutti fattori che sono costati punti preziosi in questo avvio di stagione. Basta un’ingenuità, una sbavatura individuale, per compromettere una strategia di gara acuta e minuziosa relativamente alle peculiarità della rosa a disposizione. Ancora una volta, per organizzazione, spirito e coralità a noi il Palermo è piaciuto. Iachini guidato da acume e saggezza, favorito dalle contingenze, sta puntando più che mai sugli eroi del torneo cadetto. In attesa di scoprire attitudine e spessore dei nuovi, conscio del tempo e della gradualità imprescindibili per integrarli con profitto nei collaudati sincronismi collettivi. Forzare l’impiego di calciatori provenienti da realtà calcistiche ben lontane, per concetti e valori, da quella nostrana potrebbe rivelarsi un boomerang. Servono pazienza, meticolosità e lavoro affinché possano diventare valori aggiunti mettendo le proprie doti al servizio della squadra.

Nell’attesa, senza fenomeni, e con un paio di talenti purissimi, Iachini sta forgiando maniacalmente il concetto di squadra già instillato nella scorsa stagione. Elmetto e tuta da lavoro. Atteggiamento ed organicità nell’esecuzioni delle due fasi convincono. A Verona il Palermo si è difeso con audacia. Pressando i centrali di Mandorlini già con Dybala e Vazquez, accorciando il campo con Barreto e Bolzoni a mordere i dirimpettai sulla trequarti avversaria, alzando spesso la linea difensiva per giocare d’anticipo e togliere profondità, senza esasperare il concetto. Costringendo Halfredsson e Tachtsidis a forzare la giocata, tenendo Toni il più lontano possibile dal cuore dell’area. Così facendo ha sofferto pochissimo, evitando di schiacciarsi troppo nei sedici metri dove avrebbe pagato caro il gap di centimetri con gli uomini di Mandorlini. Buona la prova del reparto arretrato in relazione ai noti limiti: Terzi attento e puntuale regista difensivo, Feddal ed Andelkovic baluardi sulle palle alte. La geometria delle ripartenze è stata scolastica ma apprezzabile. Con Rigoni a fare da schermo e distributore, Barreto a cucire e buttarsi negli spazi, Pisano e Daprelà a sovrapporsi, a turno sulle corsie, Vazquez a fungere da elastico ed accendere, seppur a sprazzi, la luce. Avrà anche un passo cadenzato, il Mudo, reo di qualche leziosismo di troppo, ma è l’unico insieme a Dybala, ad avere lignaggio, balistico e di pensiero, congruo alla massima serie. A proposito del principito, ha disputato l’ennesima gara da prima punta atipica, interpretando il ruolo in maniera universale. Bravo nel dare profondità ed incrociare per smagliare la difesa scaligera aprendo lo spazio per gli inserimenti dei centrocampisti. Guizzante, delizioso sullo stretto. Importanti segnali di maturità e consapevolezza nei propri mezzi. Così come Belotti, entrato con l’argento vivo addosso, sfortunato autore di una splendido shoot di sinistro che per poco non gelava Rafael. Numerose le trame rosanero ben orchestrate fino alla trequarti, poi vanificate da banali errori individuali nella scelta della giocata o di dosaggio nell’esecuzione della stessa. Intermedi ed esterni accompagnano l'azione con coraggio, quando possono si buttano dentro, ma la qualità tecnica è modesta, non pari a sagacia tattica e generosità.

L'errore del singolo, che sia tecnico o di lettura, pregiudica irrimediabilmente risultato e bontà dell'impianto colletivo. Qui il tecnico, la cui gestione di gara ci è parsa impeccabile, può davvero poco. I meccanismi di reparto sono parsi rodati ed efficaci, sia in fase difensiva che di impostazione. L’identità tattica e l’anima gladiatoria sono buone basi da cui ripartire. Di contro, qualità e caratteristiche dei singoli destano più di una perplessità, delineando le lacune di questa rosa in termini di varietà e spessore di soluzioni. Ma ora non è più tempo di parlare di mercato. Domenica arriva l’Inter. Cercasi cinismo, concretezza ed un pizzico di buona sorte in più. Iachini e i suoi ne hanno bisogno e, per quanto mostrato fin qui, la meriterebbero anche.

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