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Palermo, il fragore delle consulenze ed i tarli di Zamparini: futuro Lupo e idea Valoti…

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Sullo sfondo delle numerose criticità legate alla condizione ed ai risultati della squadra, ha tenuto banco negli ultimi giorni la questione legata al futuro del direttore sportivo Fabio Lupo.

Oggetto di attenzione mediatica le presunte, insanabili, crepe tra il dirigente abruzzese e MaurizioZamparini che avrebbero già definito la rottura incontrovertibile del rapporto tra le parti con tanto di esautoramento e sostituto designato.

Secondo indiscrezioni raccolte dalla redazione di Mediagol.it, come già ribadito in precedenza, il rapporto tra i due sarebbe al momento sereno, all'insegna del confronto sano e costruttivo e della stima reciproca, e non emergerebbe alcun segnale tangibile che possa palesare una sopraggiunta mancanza di fiducia del patron nei confronti del direttore sportivo.

Contatti ed interlocuzioni tra proprietario e ds , in merito alla situazione attuale e della squadra ed alle possibili soluzioni da concertare per invertire la rotta, proseguono fitti e quotidiani anche in questi giorni di ritiro e Fabio Lupo permane, pienamente, interprete legittimo del suo ruolo senza alcun tipo di ridimensionamento.

A fare da contraltare, le insinuazioni ed i tarli innestati nell'ambito delle febbrili interazioni di Maurizio Zamparini con i suoi fidi consulenti, italiani ed esteri, che si moltiplicano nei momenti di difficoltà individuando capri espiatori e promuovendo soluzioni alternative, volte a riconquistare ascendente e peso specifico sensibilmente ridotti negli ultimi mesi.

Basta approfondire genesi e dinamiche delle operazioni di mercato portate a termine dal dirigente abruzzese, al netto di statura tecnica ed attitudini dei calciatori, per rilevare una netta linea di discontinuità con il trend dominante precedentemente al suo insediamento.

L'ultima idea come profilo alternativo ed erede dell'attuale ds rosanero sarebbe quella di AladinoValoti, ex calciatore del Palermo nel primo mandato di Mutti, classe 1966, con una lunga formazione professionale nelle vesti di dirigente all'Albinoleffe (12 Anni), una parentesi biennale a Cosenza ed un incarico attuale nel ruolo di uomo mercato del Sudtirol.

Candidatura caldeggiata da Gianni Di Marzio, il cui rapporto di stima, amicizia e consulenza con il patron rosanero permane saldo e in essere.

Al momento è solo un'imbeccata di cui Zamparini ha preso atto, senza ancora muovere passi concreti né innescare contatti, almeno direttamente, con il profilo in questione.

Non abbiamo cognizione specifica di causa per valutare la statura dirigenziale di Aladino Valoti, di cui ricordiamo con piacere sagacia tattica, generosità e temperamento in mezzo al campo da calciatore, al di là del giovane curriculum da direttore sportivo e delle buone referenze. Ma non è questo il punto.

Se l'esperienza di Fabio Lupo a Palermo terminasse domani potremmo valutare, in estrema sintesi, in questi termini la qualità dell'opera professionale fin qui prestata: una sessione estiva di mercato lungimirante, oculata, conforme all'obiettivo prefissato. La conferma dei big ( almeno sulla carta) con le offerte, reali e tangibili, rispedite al mittente. L'innesto di tasselli (i tre polacchi, Gnahoré, Coronado) ad oggi patrimonio tecnico e finanziario in prospettiva del club, la salvifica chioccia Pomini, l'usato sicuro in categoria Bellusci, la meteora Monachello e l'alternativa sull'esterno, ancora acerba ed inespressa, Rolando. A margine un lavoro diplomatico e psicologico, comunque prezioso, nel ruolo di collante e filtro nei rapporti tra proprietà, tecnico e squadra.

Mercato estivo, concertato minuziosamente con Tedino, la cui bontà è stata legittimata dalla continuità di risultati e dal primato in classifica.

Il parziale recupero alla causa di calciatori reduci da stagioni scadenti e psicologicamente logori ( Jajalo, Struna, Chochev, Trajkovski) è ascrivibile certamente al lavoro dell'ex allenatore del Pordenone.

Così come supponente, molle e poco intensa, è stata la squadra al ritorno dalla lunga sosta invernale, così si è mostrato il club nel corso della finestra invernale di mercato.

Strategia conservativa, interlocutoria e minimalista, con appena due puntelli di pura definizione dell'organico,( Fiore e Moreo, un paio di cessioni non decisive ma diversamente dolorose (Cionek e Embalo), una discutibile (Monachello) e l'omissione di due opportuni e necessari innesti (esterno bivalente ed attaccante duttile e di complemento a Nestorovski) per elevare la cifra tecnica complessiva e le opzioni di qualità in seno all'organico. (LEGGI QUI)

Operazioni che avrebbero consentito a Tedino di ovviare all'evidente calo, mentale e di condizione, di alcuni elementi cardine, e di imprimere un'accelerazione in classifica che mettesse al riparo da qualsiasi rischio.

I conti si fanno alla fine.

Ma il febbraio da incubo del Palermo ha inequivocabilmente detto che la linea guida tenuta dal club nel corso della finestra invernale può rivelarsi un errore di valutazione significativo in chiave promozione diretta.

Strategia la cui paternità, con annesse responsabilità, va condivisa tra tutte le componenti in causa, patron, direttore sportivo e tecnico, in conformità alla ripartizione equa dei meriti attribuiti da risultati, critica ed addetti ai lavori, relativamente al mercato estivo.

Nella consapevolezza che, ovviamente, per ratificare e chiudere trattative imbastite e definite nei dettagli dal ds di turno ( Del Grosso, Calaiò Di Carmine) serve sempre il placet, convinto e tempestivo, di colui che compie materialmente l'investimento, ovvero il proprietario del club.

Sussistendo un rapporto tutt'ora sinergico e quasi simbiotico tra ds e allenatore, e costituendo Lupo attualmente un riferimento professionale e morale per la squadra, fatichiamo, a mercato chiuso, a comprendere il valore aggiunto in termini di risultati che potrebbe generare un cambio della guardia a livello dirigenziale.

Il problema non è certo il futuro di Lupo o Tedino. Entrambi, seppur con massima dedizione e ineccepibile impegno, hanno certamente commesso i loro errori nell'ambito di un percorso professionale fin qui complessivamente positivo.

Il mese di crisi nera della squadra ha complicato notevolmente la strada verso la serie A ma posizione in classifica e margine dalla vetta lasciano ancora concrete chances di recupero del terreno perduto.

Il valore aggiunto emerso nel corso del girone d'andata non risiede tanto nel valore dei singoli profili. Quanto nella  riaffermazione di un metodo di lavoro incline ai concetti di logica e normalità.

Filosofia in cui un direttore sportivo costruisce una squadra, bene o male, di concerto con il tecnico ed in funzione del suo credo calcistico, passando per il fisiologico avallo finale del patron.

Una dinamica in cui sono nitidamente marcati ruoli e definite le competenze con effettivi margini di autonomia, strategica ed operativa. Per quanto relativamente possibile, non troppo, con un proprietario accentratore, a tratti despotico in ambito gestionale, come Zamparini.

Questa fluida normalità aveva certamente permeato la squadra in un clima di serenità, stabilità e chiarezza, esemplificato nell'opera di riferimenti professionali certi e riconoscibili.

Al netto del futuro di Fabio Lupo e Bruno Tedino, per i quali il binomio di gare Vercelli ed Ascoli sarà decisivo ( più per primo che per il secondo), non è auspicabile disperdere questo embrione di linearità operativa, optando per  un ritorno alla filosofia gestionale imperante appena sei mesi addietro.

La gestione collegiale del mercato e della vita del club, con Zamparini a catalizzare e gestire le dritte di numerosi e fidati consulenti di mercato,  ha prodotto, ineluttabilmente, risultati rovinosi.

Ciò ripristinerebbe infauste dinamiche del recente passato, in cui la genesi delle scelte, gestionali e di mercato, era tendenzialmente improntata su criteri legati a logiche di scuderia, interessi finanziari conflittuali e divergenti, motivi di opportunità, con conseguenze facilmente intuibili in sede di allestimento dell'organico. Un turbinio di correnti di pensiero finirebbe per travolgere il tecnico di turno che si troverebbe, magari, a gestire una rosa non conforme ed incline al suo verbo calcistico.

Un modus operandi che, storicamente, non ha generato un riverbero positivo né sotto il profilo economico né sul piano della gestione tecnica finalizzata al conseguimento del risultato sportivo.

Giocarsi le restanti chances di rimonta in chiave promozione facendo quadrato e puntando sul team tecnico-dirigenziale attuale? O fare tabula rasa a stagione in corso cedendo alla tentazione di un fragoroso ritorno al passato? A Maurizio Zamparini l'ardua sentenza.