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FOCUS: SLIDING DOORS E MUTAZIONI FUTURE

FOCUS: SLIDING DOORS E MUTAZIONI FUTURE

di  Leandro Ficarra.

Mediagol8

L’Atalanta vidima al “Barbera” il pass di partecipazione alla prossima stagione nella massima serie.

La compagine orobica ha prevalso al culmine di una sequenza random di reti, topiche e flebili sussulti da fine campionato. Determinazione e voglia di vincere degli uomini di Reja hanno fatto la differenza.

Bizze della sorte e torpore motivazionale in casa Palermo hanno cristallizzato l’epilogo del match.

Il campo ha ribadito che il Palermo ha poco da dare e nulla da chiedere a questo campionato.

Nulla da eccepire in termini di professionalità ed impegno. Ormai minimale la capacità di commutare i buoni propositi in efficacia prestazionale. In ragione di una dote di energia, fisica e nervosa, che è stata in gran parte consumata nella corsa al perseguimento dell’obiettivo.

Tonicità e vigoria mentale determinano ritmo, intensità, brillantezza sul piano atletico ed agonistico. Marcando un gap quasi sempre decisivo ai fini del risultato.

Il match è stato ineluttabilmente segnato dal primo quarto d’ora. Lasso di tempo in cui il Palermo di Iachini si è concesso una pausa ancor prima di cominciare. Concentrazione, intensità ed equilibri collettivi si sono sciolti al sole primaverile del “Barbera”. Svagatezza ed approssimazione della fase difensiva rosa in occasione del vantaggio atalantino suonavano come cattivi presagi. L’infausta zuccata di Andelkovic nella porta sbagliata ha rimpinguato il margine nerazzurro e la frustrazione in casa Palermo.

Le motivazioni nel calcio fanno la differenza. Così come le formazioni. L’undici iniziale schierato ieri da Iachini non era certo il migliore possibile. Indisponibile Sorrentino, out Dybala e, a sorpresa, panchina anche per Quaison. Al netto di ogni comunicato, buon senso, logica e raziocinio legittimano la scelta di preservare il principito da inutili rischi. Ragion di stato o, meglio, di mercato. Incomprensibile la rinuncia allo scalpitante incursore svedese, indubbiamente il più pronto e talentuoso tra gli aspiranti protagonisti in chiave futura.

Il suo inserimento alla mezz’ora della prima frazione, contestualmente al passaggio al 4-3-2-1, ha cambiato volto e marcia alla squadra di Iachini. Improvvisamente in grado di elevare ritmo, baricentro e fluidità di manovra costringendo ad interventi proditori Avramov e Biava, accorciando prima del riposo con Vazquez. Gol del “Mudo” nato da una percussione di Quaison che ha abbattuto il muro bergamasco, coniugando al meglio forza, tecnica ed esplosività.

La facilità con la quale l’Atalanta ha siglato il tris con Gomez ad inizio ripresa ha ribadito come l’applicazione degli uomini di Iachini nella fase di non possesso fosse in chiara modalità off. Lazaar, versione birillo, inerme sul dribbling di D’Alessandro, difesa che si schiaccia tutta sull’area piccola, l’argentino che calcia indisturbato senza alcuna marcatura o pressione sull’assist a rimorchio.

Da quel momento il match si è dipanato come da copione. Atalanta granitica, serrata tra le linee, ben coperta a difesa di un rassicurante vantaggio. Un 4-3-3 che diveniva 4-4-1-1 in fase difensiva, con Migliaccio diga rocciosa e gladiatoria in mezzo al campo, Pinilla unico terminale di riferimento, Gomez ammirevole per abnegazione in sede di ripiegamento sulla sua corsia. Palermo punto nell’orgoglio che provava a far gioco, a scovare un varco tra le pieghe del suo compassato giro palla. Il lampo lo accendeva Avramov che omaggiava un rigore e si beccava il rosso per eccesso di confidenza su Vazquez. Belotti dal dischetto timbrava la traversa complicando i piani di rimonta e la sua già laboriosa partita. Perfetto l’inserimento di Rigoni, con tanto di pregevole tocco d’esterno, a griffare il gol che accende il finale su chirurgica imbucata di Jajalo. Otto i centri del biondo centrocampista ex Chievo. Così come il voto alla sua stagione.

Il forcing finale si avvale degli ingressi di Daprelà e Maresca sortendo ancora un salvataggio sulla linea di Biava unitamente all’ennesimo errore di mira di Belotti, generoso quanto impreciso.

La buona volontà degli uomini di Iachini non è sorretta da altrettanta lucidità nella tessitura della manovra, trascinata a ritmi vacanzieri e priva di acume e risolutezza in fase di rifinitura e finalizzazione. All’Atalanta restano i tre punti che virtualmente certificano la salvezza, al Palermo un senso di fastidio per non avere evitato la sconfitta casalinga.

Premesso che non è corretto né attendibile trarre sostanziali indicazioni da una gara di fine stagione giocata in condizioni fisiche e motivazionali non ideali, proviamo a focalizzare sensazioni e spunti di riflessione emersi nel corso dei novanta minuti.

La questione portiere è certamente delicata. Conosciamo statura tecnica, carisma, affidabilità di StefanoSorrentino. Così come è nota la sua voglia assoluta di continuare a recitare da protagonista. Se il Palermo dovesse decidere di privarsi di lui lo farebbe in virtù di criteri patrimoniali, anagrafici ed economici.

L’ex Chievo è ancora, per rendimento e continuità, tra i migliori interpreti del ruolo in Italia. Prima di rinunciare a tale valore aggiunto a cuor leggero ci penseremmo non una ma cento volte.

Samir Ujkani, dopo anni all’ombra del collega, pretende che il tecnico gli dimostri sul campo la fiducia tanto decantata dal club. Contro l’Atalanta la sua prova non è parsa impeccabile. Fuori tempo e poco e reattivo in occasione del gol di Baselli, non particolarmente sicuro nell’ordinaria amministrazione, una buona uscita a chiudere su D’Alessandro nel finale. Al netto di pregi e difetti tecnici, traspare una scarsa serenità, figlia dell’innegabile scetticismo che aleggia in parte dell’ambiente in merito alla sua adeguatezza al ruolo di futuro titolare. Pesante fardello psicologico che il ragazzo dovrà essere in grado di sopportare e superare nel caso in cui il club dovesse optare per lui come prossimo custode della porta rosanero.

Capitolo Belotti. L’investitura da titolare sapeva di prove generali per la prossima stagione. Comprensibilmente arrugginito da tanta panchina, il gallo si è speso senza risparmiarsi mixando foga, generosità e confusione. Ribadendo caratteristiche e margini di miglioramento che, al momento, mal si conciliano con le tracce di gioco di questa squadra. Non dispone di doti tecniche tali da duettare sullo stretto con Vazquez, né possiede ad oggi visione e senso del gioco per fungere da sponda e contribuire in maniera organica alla cucitura delle trame offensive. Il gallo è un terminale vecchio stampo con notevoli potenzialità, talento da forgiare, attitudini ben precise. Ha forza e progressione nell’attaccare la profondità, risolutezza nei sedici metri. Va servito in verticale sul primo movimento o con cross dal fondo per esaltarne l’abilità nel gioco aereo. Lui deve affinare senza dubbio fondamentali, malizia nella difesa e copertura della sfera, acume nel vagliare l’opzione di giocata.

Il Palermo dovrà radicalmente mutare temi e sviluppo della sua fase offensiva per esaltarne le caratteristiche e connetterlo fattivamente alla manovra. Che non sarà più imperniata principalmente sul calcio geniale e bailado, tutto fraseggi, dribbling e magie sullo stretto, del duo argentino.

Questo sarà uno dei temi dominanti del prossimo ritiro estivo. Unitamente all'integrazione dei nuovi innesti da reperire sul mercato ed insieme alla definizione del ruolo di Robin Quaison. Trequartista? Seconda punta? Esterno alto? In attesa di scoprirlo, speriamo di vederlo in campo sempre più spesso, possibilmente nell’undici titolare.

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