serie b

Focus: dentro la crisi del Palermo, cause e possibili soluzioni. Modulo ed interpreti, Tedino studia la svolta…

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Della condizione atletica si è diffusamente parlato.

La squadra ha perso brillantezza, reattività, esplosività e spunto.

Dopo la sosta invernale il blackout sotto questo profilo è stato netto, ed è presumibile che gestione e tipologia di lavoro non siano state tarate al meglio visto il risultato. Il riverbero è negativo sotto tutti i punti di vista, condizionando rapidità, armonia e fluidità delle giocate in entrambe le fasi, con e senza palla.

Poi vi è un’evidente componente mentale: abnegazione, ferocia ed intensità, agonistica e motivazionale, non sono più state quelle del girone d'andata.

Deficit letale per una squadra che aveva fatto della compattezza e della solidità in fase di non possesso, esaltata proprio da dedizione e coralità nell'applicazione di determinati automatismi, il proprio marchio di fabbrica.

Il Palermo non ha mai rubato l'occhio per armonia, coralità e coefficiente estetico del suo calcio. Il suo non è mai stato un primato schiacciante e manifesto ma sudato e laborioso, costruito con applicazione, spirito di sacrificio ed equilibri di reparto. Intelaiatura, tattica e morale, base solida di un organico dotato di struttura e fisicità con qualche individualità tecnicamente sopra la media della categoria.

Qualcuno ha pensato, male e troppo presto, che bastasse un'onesta inerzia da minimo sindacale o quasi, per attraccare trionfalmente in porto, in un mare arido di contendenti di alto lignaggio.

Peccato di supponenza letale che, come abbiamo visto, questa squadra non può permettersi.

Il deficit atletico e nervoso ha fatto emergere le criticità strutturali in termini di morfologia dell'organico e disposizione tattica.

Pur senza mai incantare, salvo rari sprazzi, il 3-5-2 di Tedino aveva conferito equilibri efficaci e virtuosi che si traducevano sistematicamente in punti pesanti, anche nelle giornate meno felici sotto il profilo prestazionale.

Cionek-Struna-Bellusci era un terzetto difensivo che ormai si declamava a memoria. Complementare, sinergico e difficilmente perforabile.

La partenza del polacco ha privato il reparto difensivo di un importante riferimento tecnico e umano. Stimato ed apprezzato calcisticamente da tecnico, dirigenti e gruppo, il brasiliano, naturalizzato polacco, ha spinto per cambiare casacca in vista dei Mondiali con la sua Polonia.

Non solo allettato dalla prospettiva di ritrovare subito la massima serie con la Spal ma principalmente per questioni legate al rinnovo contrattuale.

I primi positivi contatti in questo senso tra l'agente del calciatore e Fabio Lupo si sono arenati sulla decisione del club di riesaminare qualsiasi tipo di questione di merito, rinnovi e prolungamenti dei rapporti contrattuali con i tesserati, nella fase finale della stagione.

L'anagrafe del difensore ha costituito certamente un deterrente in più in relazione al modus operandi proprio al patron Maurizio Zamparini.

Per le doti di rapidità ed esplosività sul breve, Cionek era certamente prezioso ed unico, o quasi, in un reparto composto prevalentemente da centrali di struttura. La sua partenza è stata certamente una perdita, al netto del valore assoluto, in termini di affiatamento e leadership, in campo e fuori, con i compagni della retroguardia.

Tuttavia, spiegare i sette gol subiti in tre gare e le altrettante sconfitte con la mancanza del polacco è estremamente semplicistico, riduttivo e non rende l'esatta natura dei problemi.

Szyminski e Dawidowicz non hanno fatto benissimo in quel ruolo, devono crescere in termini di esperienza e affinare intesa con i compagni ed automatismi di reparto, forgiando il buon potenziale già mostrato. Tuttavia è innegabile che, in particolar modo nelle ultime uscite, l'assenza di un'adeguata azione di schermatura e pressione sulla sfera in zona nevralgica, unitamente ad una non sempre puntuale esecuzione delle diagonali da parte degli esterni alti, ha più volte costretto i centrali ad esporsi ad impari uno contro uno o, ancor peggio, a gestire situazioni di inferiorità numerica.

Glissando sulla fisiologica partenza di Embalo, al cui entourage ruolo, minutaggio e contesto tattico, stavano estremamente stretti, sull'appendice di mercato invernale ci siamo già espressi a tempo debito in sede di analisi.

La strategia conservativa improntata dal club al fine di non ledere equilibri, gerarchie ed armonie, di un gruppo vincente nel girone d'andata, era legittima e comprensibile, classifica alla mano. Tuttavia abbiamo sottolineato, con altrettanta chiarezza e forza, che innestare due profili di livello, al netto dei puntelli Fiore e Moreo, che potessero far compiere un ulteriore salto di qualità in ruoli specifici (un esterno bivalente ed un attaccante tecnico, duttile e di movimento) sarebbe stato opportuno per prendere il volo e scongiurare qualsiasi tipo di rischio.

Concetto da noi sostenuto in tempi non sospetti. (LEGGI QUI)

Innesti che la società non ha ritenuto opportuno effettuare, sopravvalutando, probabilmente, tenuta e prestazioni, a medio-lungo termine, di molti big della rosa che stanno pagando un dazio pesante in termini di condizione e rendimento. Rischio calcolato o clamoroso errore di valutazione e supponenza? A fine stagione si tireranno le somme, ma le indicazioni di questo mese sembrano inequivocabili: almeno quelle due operazioni, in un campionato così lungo e logorante, andavano portate a termine. (LEGGI QUI)